Viaggio di Putin in Ungheria: Mosca potenzia le misure di sicurezza per un trasferimento a rischio elevato

L’ipotesi di un incontro tra Vladimir Putin e Donald Trump in Ungheria solleva difficoltà complesse sul piano diplomatico e logistico. Pur senza confermare ufficialmente date o sedi, il Cremlino sostiene di procedere per “fasi” progressive, volte a garantire al presidente russo “condizioni di sicurezza assoluta” durante lo spostamento in Europa. La prima conferma ufficiale è […]

L’ipotesi di un incontro tra Vladimir Putin e Donald Trump in Ungheria solleva difficoltà complesse sul piano diplomatico e logistico. Pur senza confermare ufficialmente date o sedi, il Cremlino sostiene di procedere per “fasi” progressive, volte a garantire al presidente russo “condizioni di sicurezza assoluta” durante lo spostamento in Europa.

La prima conferma ufficiale è arrivata dall’agenzia Tass, citando il portavoce Dmitri Peskov: “Ci sono molte questioni, è necessario istituire team di negoziazione”. Secondo Mosca, il ministro degli Esteri Sergey Lavrov e il segretario di Stato americano Marco Rubio avvieranno i contatti iniziali. “Prima si telefoneranno e si incontreranno, discuteranno l’intero argomento, tutte le questioni, e inizieranno a discuterne”, ha aggiunto Peskov.

Sul piano operativo, la via aerea più diretta – un volo da Mosca a Budapest – si scontra con il divieto di transito nello spazio ucraino e con il rischio derivante dalle aree limitrofe, come Moldavia e parte della Romania. Ogni Stato membro dell’Unione europea può concedere o negare il sorvolo a un aereo presidenziale russo, e le autorità raccomandano di evitare corridoi ad alto rischio di incidenti, interferenze elettroniche o attacchi. Persino un’operazione apparentemente “sicura” richiederebbe misure di occultamento, scorte militari e sistemi anti-drone a bordo.

Formalmente, il mandato della Corte penale internazionale resta in vigore, ma non costituisce un divieto automatico di viaggio: spetta ai singoli governi decidere se applicare sanzioni o concedere deroghe. In alternativa al trasporto aereo, si valuta un percorso via terra attraverso la Bielorussia, con ingresso in Europa via Polonia o Slovacchia, ma solo a seguito di accordi straordinari. Un’altra opzione – ritenuta meno pratica – prevede un transito verso un Paese neutrale dei Balcani, come la Serbia, con inevitabile sorvolo di spazi aerei complessi.

Una soluzione mista appare la più credibile: un volo fino a un aeroporto “amico”, per esempio a Belgrado o in una zona meno sotto controllo dell’Ungheria, seguito da un trasferimento stradale protetto fino al luogo del vertice. Questo modello prende spunto dall’incontro tra i due leader in Alaska nel 2025, quando Putin volò da Anadyr evitando lo spazio aereo di terzi e attraversò un breve tratto di mare internazionale, garantendo pieno controllo logistico.

Qualsiasi azione ostile durante il viaggio di Putin provocherebbe un’escalation geopolitica di ampia portata. Un attentato, anche soltanto tentato, potrebbe essere utilizzato dal Cremlino come pretesto per intensificare le operazioni militari in Ucraina o per lanciare rappresaglie mirate. Se avvenisse su suolo europeo, l’incidente genererebbe una crisi diplomatica senza precedenti tra Mosca e i Paesi coinvolti, mettendo in difficoltà anche gli alleati di Kiev.

Un precedente di viaggi internazionali nonostante un mandato della CPI è rappresentato dall’ex presidente sudanese Omar al-Bashir, accolto tra il 2009 e il 2018 in Stati membri della Corte con giustificazioni basate su “interesse nazionale”, “non ingerenza” o “immunità diplomatica”. Tuttavia, il caso di Putin si inserisce in un contesto di conflitto aperto e vincoli europei e atlantici molto più stringenti.

In linea teorica, il sorvolo potrebbe essere autorizzato da Paesi che non aderiscono a sanzioni unilaterali o mantengono relazioni strette con Mosca – fra cui Bielorussia, Serbia, Armenia e, in casi specifici, Turchia. Ma Stati membri di NATO e UE dovrebbero attenersi a linee guida comuni, e qualsiasi deroga rischierebbe di innescare tensioni politiche interne. L’ottenimento dei permessi richiederebbe trattative diplomatiche riservate, mentre ogni Stato conserva il diritto di negare l’autorizzazione senza obbligo di motivazione pubblica.