Sabato sera la polizia francese ha arrestato due uomini sospettati di far parte della banda che, una settimana fa, ha trafugato gioielli per un valore di 88 milioni di euro dalla galleria di Apollo al Museo del Louvre di Parigi. Secondo Le Parisien, i fermati – entrambi originari della Senna-Saint-Denis e con precedenti per furto – sarebbero esecutori di colpi su commissione.
L’operazione è scattata all’improvviso dopo giorni di sorveglianza, quando gli inquirenti hanno rilevato l’intenzione dei due di fuggire all’estero. Intorno alle 22 uno di loro è stato bloccato all’aeroporto Roissy-Charles-de-Gaulle mentre stava per imbarcarsi su un volo diretto in Algeria; il complice è stato fermato mentre tentava di raggiungere il Mali. Entrambi sono stati trasferiti presso la brigata anticrimine e potranno restare in stato di fermo per un massimo di 96 ore.
In un post su X, il ministro dell’Interno Laurent Nunez ha rivolto le sue “più sentite congratulazioni agli investigatori che hanno lavorato instancabilmente” per giungere all’arresto. Secondo una fonte della polizia citata da Le Figaro, determinanti sono stati “le riprese delle telecamere di sorveglianza, le telefonate e l’analisi del Dna”. Il procuratore di Parigi, Laure Beccuau, ha spiegato che sulla scena del crimine sono stati raccolti “quasi 150 campioni di Dna, campioni papillari e altre tracce”.
Durante la fuga, i ladri hanno abbandonato una corona appartenuta all’imperatrice Eugenia, incastonata con 1.354 diamanti, 113 rose e 56 smeraldi, poi recuperata dagli investigatori insieme all’attrezzatura utilizzata per il colpo (due smerigliatrici angolari, una fiamma ossidrica, benzina, guanti, un walkie-talkie, un gilet giallo e una coperta).
Le autorità stanno ora cercando di stabilire il ruolo del fermato all’aeroporto: non è escluso che fosse uno dei quattro autori materiali della rapina. Parallelamente, viene valutata anche l’ipotesi di una possibile complicità di un membro della squadra di sicurezza del museo con la banda, un’ipotesi avanzata dal quotidiano inglese The Telegraph, che cita “fonti vicine all’inchiesta”.