Muore Dick Cheney, ex vicepresidente di Bush che indirizzò la lotta al terrorismo dopo l’11 settembre

Dick Cheney si è spento all’età di 84 anni, lasciando un’eredità politica che ha profondamente influenzato la strategia americana dopo l’11 settembre. Vicepresidente degli Stati Uniti dal 2001 al 2009, è stato indicato come uno dei più potenti mai ricoperto quel ruolo, contribuendo a delineare le linee guida della «guerra al terrore» avviata dall’amministrazione Bush. […]

Dick Cheney si è spento all’età di 84 anni, lasciando un’eredità politica che ha profondamente influenzato la strategia americana dopo l’11 settembre. Vicepresidente degli Stati Uniti dal 2001 al 2009, è stato indicato come uno dei più potenti mai ricoperto quel ruolo, contribuendo a delineare le linee guida della «guerra al terrore» avviata dall’amministrazione Bush.

Nato nel 1941 a Lincoln, Nebraska, Cheney intraprese la carriera pubblica come deputato repubblicano per il Wyoming. Negli anni Ottanta fece parte dell’amministrazione di Gerald Ford e in seguito fu segretario alla Difesa sotto George H. W. Bush, guidando l’intervento nella Guerra del Golfo del 1991. Una breve parentesi nel settore privato lo portò poi a tornare in politica nel 2000, quando George W. Bush lo scelse come candidato alla vicepresidenza, valorizzandone l’esperienza e la conoscenza degli apparati federali.

All’indomani degli attacchi terroristici del 11 settembre 2001, Cheney, presente alla Casa Bianca, divenne uno dei protagonisti nella definizione della risposta statunitense. Fu tra i primi a sostenere l’azione militare in Afghanistan contro i talebani e assunse un ruolo determinante nella formulazione della nuova dottrina di sicurezza nazionale, incentrata sull’intervento preventivo e sull’ampliamento dei poteri esecutivi in materia di difesa.

Nel marzo 2003 Cheney fu fautore dell’invasione dell’Iraq, basando la sua posizione sull’assunto che il regime di Saddam Hussein disponesse di armi di distruzione di massa e fosse legato ad al Qaeda. Successive verifiche internazionali dimostrarono però l’assenza di tali arsenali. Pur di fronte a prove contrarie, Cheney continuò a sostenere che l’amministrazione avesse agito «sulla base delle migliori informazioni disponibili». Il dibattito sul conflitto iracheno e sulle sue motivazioni segnò in modo indelebile il ruolo degli Stati Uniti nella politica globale.

Durante i due mandati presidenziali, il vicepresidente esercitò un’influenza senza precedenti. Sovrintese alla creazione del Dipartimento per la Sicurezza Nazionale, promosse programmi di sorveglianza estesa, difese l’uso di tecniche di «interrogatorio rafforzato» sui sospetti terroristi e avallò la detenzione senza processo nella base di Guantanamo. Tali misure suscitarono dure critiche da parte delle organizzazioni per i diritti umani, pur essendo difese da Cheney come necessarie per prevenire ulteriori attentati.

Ritiratosi dalla scena politica, Cheney dedicò il tempo alla stesura di memorie e sostenne la carriera della figlia Liz, parlamentare del Wyoming. Nel 2021, condannò duramente l’assalto al Congresso da parte dei sostenitori di Donald Trump, definendo l’ex presidente «un codardo» e «una minaccia senza precedenti per la repubblica». Negli anni successivi si allontanò progressivamente dal Partito repubblicano, arrivando a dichiarare il proprio voto per la democratica Kamala Harris alle presidenziali del 2024, con l’intento di «mettere il Paese al di sopra del partito».

So­p­ravvissuto a numerosi infarti e a un trapianto di cuore nel 2012, Cheney ha combattuto problemi cardiaci fin dall’adolescenza. La sua carriera, estesa su un arco di oltre quarant’anni, è oggi ricordata da molti come quella del «vero architetto» della politica di sicurezza dell’era Bush.

L’invasione dell’Iraq, voluta con forza dall’ex vicepresidente, scatenò una fase di instabilità protratta per anni. La caduta di Saddam Hussein, l’assenza di un piano post-bellico efficace e lo scioglimento dell’esercito iracheno alimentarono conflitti civili e tensioni etniche, favorendo l’ascesa di gruppi jihadisti come l’Isis. Questi eventi hanno ridisegnato gli equilibri regionali, rafforzando l’influenza di attori quali l’Iran e influenzando ancora oggi la geopolitica mediorientale.

In un messaggio ufficiale, George W. Bush ha ricordato Cheney come «uno dei migliori servitori pubblici della sua generazione», lodandone l’integrità, l’intelligenza e il contributo costante alla Casa Bianca. «Ha sempre reso onore al Paese che amava», ha aggiunto l’ex presidente, sottolineando come fosse stato «una presenza calma e costante in mezzo a grandi sfide nazionali».

La visione politica di Cheney si inseriva nella corrente neoconservatrice del «Project for the New American Century», già teorizzata negli anni Novanta, che sosteneva l’espansione della democrazia tramite l’uso preventivo della forza. Questo approccio ha segnato profondamente la politica estera statunitense dei primi anni Duemila, proiettando gli Stati Uniti in una fase di interventismo prolungato con conseguenze tuttora evidenti in Medio Oriente e in Asia.