La tensione intorno a Taiwan si conferma il nodo centrale della rivalità tra Stati Uniti e Cina, estendendosi anche ai rapporti con il Giappone. Washington ha appena autorizzato un nuovo pacchetto di armamenti per Taipei del valore di 330 milioni di dollari. Pechino ha reagito esortando gli Usa ad affrontare la questione dell’ex Isola di Formosa con “la massima prudenza”.
Contemporaneamente, l’ambasciata cinese a Tokyo ha invitato i propri connazionali a non recarsi in Giappone, segnalando un deciso inasprimento delle relazioni bilaterali. “I leader giapponesi hanno rilasciato in pubblico dichiarazioni palesemente provocatorie sulla questione di Taiwan”, ha affermato la missione diplomatica, aggiungendo che “il clima per gli scambi interpersonali tra Giappone e Cina si è notevolmente deteriorato, rappresentando un serio rischio per la sicurezza dei cinesi”.
Sul fronte diplomatico, il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Chen, ha dichiarato che la Repubblica Popolare si oppone “con fermezza alle vendite di armi statunitensi alla regione cinese di Taiwan”. Secondo il portavoce, l’iniziativa di Washington “mina gravemente sovranità e interessi di sicurezza della Repubblica Popolare e invia un segnale profondamente sbagliato ai separatisti per l’indipendenza di Taiwan”. Chen ha quindi invitato gli Stati Uniti a rispettare il “principio della Unica Cina” e i tre comunicati congiunti sino-americani, esortandoli “a smettere di tollerare e sostenere le forze separatiste”. In merito alle politiche di Taipei, il portavoce ha infine sostenuto che perseguire l’indipendenza “è incompatibile con la pace nello Stretto di Taiwan. Da quando hanno assunto l’incarico, le autorità del Partito democratico progressista (al potere a Taipei, ndr) hanno costantemente cercato sostegno esterno, intensificato la militarizzazione e sperperato il denaro duramente guadagnato dal popolo di Taiwan, trasformando la regione in una polveriera”.
Dalla sponda giapponese, la premier Sanae Takaichi ha avvertito in Parlamento che un’eventuale azione militare cinese contro Taiwan, coincidente con l’attacco a forze americane impegnate nella difesa dell’isola, “potrebbe trasformarsi in una minaccia esistenziale” per il Giappone. In tale scenario, il governo di Tokyo potrebbe autorizzare le Forze di Autodifesa nipponiche a intervenire anche se il paese non fosse direttamente colpito, appellandosi al principio della difesa collettiva.
Giovedì il viceministro degli Esteri cinese Sun Weidong ha convocato l’ambasciatore giapponese in Cina, Kenji Kanasugi, chiedendo a Tokyo di ritirare le dichiarazioni “estremamente malevole” di Takaichi. Il diplomatico nipponico ha replicato che i commenti della premier rappresentano la posizione ufficiale del governo e che il Giappone non intende intervenire direttamente nella questione di Taiwan.
Infine, un portavoce del ministero della Difesa cinese ha ammonito che, in caso di coinvolgimento militare di Tokyo nel conflitto su Taiwan, il Giappone “subirebbe solo una schiacciante sconfitta contro l’Esercito popolare di liberazione cinese dalla volontà d’acciaio e pagherebbe un prezzo elevato”.