USA e Venezuela: i motivi dello scontro imminente e il possibile attacco di Trump al regime Maduro

Negli ultimi mesi la Marina statunitense ha intensificato la sua presenza nel Mar dei Caraibi con l’operazione “Southern Spear”, ufficialmente destinata a contrastare i “narcoterroristi” venezuelani e le imbarcazioni dedite al trasporto di stupefacenti. Dietro alla retorica della cosiddetta “drug boat war”, tuttavia, si celano obiettivi di più ampio respiro geopolitico ed economico, eredità delle […]

Negli ultimi mesi la Marina statunitense ha intensificato la sua presenza nel Mar dei Caraibi con l’operazione “Southern Spear”, ufficialmente destinata a contrastare i “narcoterroristi” venezuelani e le imbarcazioni dedite al trasporto di stupefacenti. Dietro alla retorica della cosiddetta “drug boat war”, tuttavia, si celano obiettivi di più ampio respiro geopolitico ed economico, eredità delle grandi strategie statunitensi in America Latina.

In primo luogo Washington mira a contenere l’influenza di Cina e Russia in una regione chiave per le rotte energetiche e marittime. Caracas detiene le riserve petrolifere più vaste al mondo e rifornisce Pechino con quantità significative di greggio, contribuendo a rafforzare il ruolo dello yuan nel mercato globale degli idrocarburi. Nei fatti, gran parte degli scambi internazionali sta ormai sfuggendo al tradizionale circuito del petrodollaro, un trend che gli Stati Uniti intendono invertire anche attraverso sanzioni e interdizioni marittime.

Al terzo posto fra le finalità di Washington c’è l’aumento della pressione politica sul governo di Nicolás Maduro, con l’obiettivo dichiarato di favorire un cambio di regime senza però far precipitare il Venezuela in un vuoto di potere o in una giunta militare. A tal proposito la Cia ha ricevuto mandato per condurre operazioni mirate sul territorio venezuelano, mentre il dispiegamento di assetti navali continua a crescere.

Caracas non è rimasta a guardare. Il ministro della Difesa Vladimir Padrino López ha annunciato l’avvio della “fase avanzata” del Piano Independencia 200, esercitazione che coinvolge oltre 200.000 tra militari e paramilitari e si basa sulla dottrina secondo cui civili e forze armate sono tutti “patriottici e antimperialisti”. L’intento è dimostrare compattezza interna e scoraggiare ogni tentativo esterno di intervento.

Sul piano strettamente militare, tuttavia, il divario appare netto. Secondo Global Firepower, i 337.000 effettivi delle forze venezuelane, di cui 109.000 militari in servizio attivo e 220.000 paramilitari, dispongono di mezzi e addestramento pensati soprattutto per la sicurezza interna, non per un conflitto convenzionale. Di fronte alla superiorità navale e aerea statunitense, un’invasione di terra resterebbe per ora un’ipotesi remota, mentre la tensione continuerà a oscillare fra azioni calibrate di interdizione e avvertimenti politici, in attesa di capire se e quando potrà scattare una vera escalation.