La Libia nell’ONU per i diritti umani

La Libia è tra i 13 paesi eletti ieri dall’assemblea dell’Onu nel consiglio per la protezione dei Diritti Umani. Incredibile per un Paese in cui è agli arresti, dal 2003, Abdel Nasser Gabbasi, scrittore reo di aver pubblicato un libro dal titolo “Arab Times”: un saggio sulla corruzione e la censura in Libia. L’accusa per […]

La Libia è tra i 13 paesi eletti ieri dall’assemblea dell’Onu nel consiglio per la protezione dei Diritti Umani. Incredibile per un Paese in cui è agli arresti, dal 2003, Abdel Nasser Gabbasi, scrittore reo di aver pubblicato un libro dal titolo “Arab Times”: un saggio sulla corruzione e la censura in Libia. L’accusa per questo dissidente è quella di avere disonorato Gheddafi, la guida della rivoluzione. La libertà di espressione e uno dei diritti principali dell’uomo (art.19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo del 1948), ma forse questo la Libia e l’ONU lo ignorano. Nonostante la ferma opposizione di varie Ong ed i molti “dubbi” su Gheddafi e la sua dittatura, la Libia è da ieri (curioso a dirsi, circa e fatti recenti che li hanno visti ridilcomente opposti) con la Svizzera, tra i 46 Paesi membri del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. Molti politici e molte ong sostengono che incorporando i paesi meno democratici nel Consiglio per i diritti umani la situazione nella loro politica interna può gradualmente migliorare. Ma come giustamente fa notare Reporters sans frontieres , i casi di Cina e Cuba, che sono stati membri del Consiglio per anni, dimostrano che le possibilità che questo cambiamento avvenga grazie all’essere paese membro sono piuttosto remote. Una decisione discutbile, che mina fortemente la credibilità delle Nazioni Unite. Ricordiamo che la Libia riserva ancora un feroce trattamento a migliaia di africani denuti in campi di tensione peggiori de lager. Si tratta di somali, etiopi, sudanesi, con uomini che vengono picchiati, donne violentate e quelli che sopravvivono, rivenduti a intermediari che gli fanno riprovare l’avventura, magari altre quattro o cinque volte. Sono pacchi che galleggiano, come scrive oggi il Sole 24 Ore,  tra il deserto e il Mediterraneo, con la complicità dell’autorità di Tripoli, nella più assoluta indifferenza. Anche la nostra, che ci accontentiamo di non vederli più arrivare sulle nostre amate sponde. Per fortuna l’Iran ha rinunciato spontaneamente alla sua candidatura, altrimenti avremmo avuto un altro membro esempio luminoso di tutela delle libertà singole e collettive.

Carlo Di Stanislao

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