L’economia non mette in conto il “capitale natura”

In vista del suo impegno per il prossimo 2010 – Anno della Biodiversità, esorta i governi ad accogliere la richiesta di riformare le loro politiche economiche per mettere un freno alla distruzione delle risorse naturali e dei beni o servizi che procurano a noi e al Pianeta.Secondo il rapporto l’investimento nella conservazione, nella gestione e nel […]

wwfIn vista del suo impegno per il prossimo 2010 – Anno della Biodiversità, esorta i governi ad accogliere la richiesta di riformare le loro politiche economiche per mettere un freno alla distruzione delle risorse naturali e dei beni o servizi che procurano a noi e al Pianeta.Secondo il rapporto l’investimento nella conservazione, nella gestione e nel restauro degli ecosistemi può generare profitti economici e servizi alla società superiori ai profitti dovuti ad un utilizzo non sostenibile  delle risorse naturali, come la distruzione delle foreste o la pesca industriale. Infatti, segnala il WWF, secondo alcuni studi sul valore economico dei servizi degli ecosistemi risulta che, ad esempio, un solo ettaro di foresta tropicale può fornire servizi fondamentali quali cibo, acqua, materie prime, sostanze farmacologiche, mitigazione climatica, purificazione dell’acqua, turismo, per un valore di oltre 16.000 dollari l’anno. E se si prova poi a fare i ‘conti’ su quanto può rendere in termini economici il restauro di alcuni ambienti degradati si scopre che, ad esempio, per ogni ettaro di area costiera ripristinata la comunità avrebbe una ‘rendita’ di circa 73.900 dollari, 14.200 per un ettaro di zone umide, e fino a 129.000 dollari per le barriere coralline. Tra gli ambienti naturali che, una volta ripristinati, rendono di più in termini economici ci sono le praterie (75,1 come rapporto costi/benefici), le foreste tropicali (37,3,), i boschi e la macchia (28,4) e i boschi di mangrovie (26,4) vedi tabella

“I governi devono  prendere spunto dalle indicazioni di questo rapporto  imparando  a considerare la natura in modo più ampio” dichiara Gordon Shepherd, Direttore delle Politiche Regionali e Globali per il WWF. “Adottando un’economia con un approccio più intelligente e completo la distruzione delle risorse naturali potrebbe arrestarsi, ma al momento stiamo pagando per l’ ignoranza di chi prende le decisioni.”

“Stiamo esaurendo il nostro capitale naturale senza comprendere il valore di ciò che abbiamo e che stiamo perdendo”, afferma il rapporto. “La degradazione del suolo, dell’aria, dell’acqua e delle risorse biologiche può avere un impatto negativo sulla salute dell’uomo, sulla sicurezza alimentare, sulla scelta  dei consumatori e sulle opportunità commerciali. Sempre secondo il rapporto i poveri nelle zone rurali dei paesi in via di sviluppo, che dipendono maggiormente dalla qualità e dallo stato di conservazione delle risorse naturali, sono purtroppo quelli maggiormente colpiti”.

“Il problema è che i sistemi economici in vigore  non attribuiscono un prezzo e quindi un valore ai servizi/beni prodotti degli ecosistemi e quindi alla biodiversità,” sostiene il rapporto. “Questo significa che i benefici che derivano da questi servizi vengono solitamente trascurati o grossolanamente sottovalutati nelle decisioni da prendere.” “Questo genera azioni che non solo portano ad una perdita di biodiversità ma hanno anche un impatto significativo sul benessere umano.”

Il rapporto elenca  importanti raccomandazioni per chi opera nelle politiche nazionali e internazionali. Si chiede, tra l’altro, che vengano il prima possibile affrontati e rimossi tutti quei sussidi ad alto impatto ambientale – tra cui quelli (quasi un terzo) attualmente dedicati a sostegno dell’utilizzo di combustibili fossili – e che vengano aumentati gli investimenti per tutte le “infrastrutture ecologiche”. La ricostruzione di un capitale verde di ambienti e di “servizi” costituisce uno strumento estremamente efficace – anche e soprattutto dal punto di vista dei costi/benefici – per contribuire agli obiettivi delle politiche ambientali, tra cui l’ adattamento ai cambiamenti climatici, la riduzione del rischio collegato alle calamità naturali (calamità che risentono enormemente della degradazione degli habitat e degli ecosistemi) e, nell’ambito della lotta alla povertà, la disponibilità di acqua  potabile e la sicurezza alimentare.

Il WWF segnala che per poter garantire profitti a medio e lungo termine anche le aziende devono assolutamente dare un valore alle risorse naturali da cui dipendono. In questo modo potranno non solo beneficiarne ma essere anche parte attiva  nella soluzione delle crisi ambientali, come l’estinzione delle specie e la distruzione delle foreste. “Sostanzialmente ci dovrà essere un impegno a 360° nella ri-valutazione delle risorse naturali che dovrà coinvolgere tutti:  governi, aziende private, accordi internazionali (come la Convenzione sulla Diversità Biologica) e le locale comunità locali”, ha dichiarato Shepherd. “Per risanare il nostro Pianeta ci vorrà il contributo di tutti”.

WWF Italia

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