USANZE DEL CAPODANNO RUSSO

I primi giorni dell’anno perciò erano riservati ai vecchi della famiglia che conoscevano tutte queste storie. Intorno ad essi ci si raccoglieva per ascoltare dalla loro lunga esperienza l’annuncio che ci sarà un buon raccolto ed altre amenità! Essi raccontavano come, parlando con le forze della natura, avevano saputo che… Nelle lunghe sere invernali tutti […]

quadro del XX sec. di M. K. Makovskii dive sono ritratte delle ragazze che indovinando per i primi dell'annoI primi giorni dell’anno perciò erano riservati ai vecchi della famiglia che conoscevano tutte queste storie. Intorno ad essi ci si raccoglieva per ascoltare dalla loro lunga esperienza l’annuncio che ci sarà un buon raccolto ed altre amenità! Essi raccontavano come, parlando con le forze della natura, avevano saputo che… Nelle lunghe sere invernali tutti i giovani pendevano dalle loro labbra! La società contadina russa era, ed è rimasta, una comunità del parlare e del raccontare e quindi le cose che gli anziani sapevano dire con il loro linguaggio cantilenato e rimato erano ascoltate con attenzione e divertimento, tanto più che i racconti si rifacevano alle grandi imprese passate degli antenati esaltandole e infiorandole con gran diletto degli ascoltatori. E’ proprio in questo ambiente nascono infatti queste famose byline russe…

Una bylina ci racconta anche sulla lunga cerimonia del primo dell’anno, di questa cerimonia importante che ancora oggi si esegue, benché in parte inquinata dalla fretta e dalla vodka e da… san Basilio. A Capodanno infatti si festeggia quest’ultimo santo e si prepara la cosiddetta kascia del santo.

A mezzanotte la vecchia della casa si è recata nell’ambar e di lì ha prelevato la grec’ka (Polygonum fagopyrum o grano saraceno) pulita per preparare eccezionalmente la succulenta e densa pietanza. I vecchi invece hanno preso (eccezionalmente appunto) l’acqua dal pozzo e l’hanno posta in brocche di legno ben pulite che sarà poi mescolata col latte in quantità ben determinata. La pec’ka intanto si riscalda per potervi mettere a cuocere la kascia nel pentolone con l’acqua e latte strettamente necessaria e con un pizzico di sale. Poi tutti si allontanano per un certo tempo perché occorre che nessuno stia a guardare o ad attendere la cottura, troppo da vicino. Se così si facesse la kascia potrebbe scuocere o mandare cattivo odore di bruciato. Finalmente ci si riunisce di nuovo in attesa che si tiri fuori il pentolone. La sola vecchia è rimasta tutto il tempo in piedi ed è colei che avrà l’onore di servire tutti i presenti. Ora è il momento giusto e la nostra cuoca racconta quasi cantando: “Ho seminato, ho cresciuto la grec’ka tutta l’estate, l’ho fatta diventare bella e grande e di color bruno come deve essere. L’ho mandata poi a Costantinopoli a far visita all’imperatore e a partecipare al banchetto in suo onore. E lei ci è andata con i principi e i bojari, con l’onorevole avena e con il dorato frumento. Tutti aspettavano la grec’ka nostra . Tutti erano in attesa alle porte dagli archi di pietra. Le sono venuti incontro principi e bojari e l’hanno fatta sedere su una tavola di quercia a presiedere il banchetto. Adesso però è qui a farci l’onore di essere nostra ospite.” Poi prende il pentolone e tutti si levano in piedi in atto di riverenza perché la kascia dovrebbe essere pronta. I zakuski sono stati preparati e distribuiti in tutti gli angoli possibili della tavola e intanto si canta, si gioca, si scherza… Tutti guardano il pentolone: E’ pieno oppure no? La grec’ka si è gonfiata abbastanza? Se c’è odore di bruciato allora è un anno di guai. Se il pentolone non è pieno o, al contrario, trabocca è la stessa cattiva previsione… Se, addirittura, la pentola si fosse crepata è davvero una catastrofe per la casa e allora pentolone e kascia devono essere gettati via e la tristezza cadrebbe su tutta la famiglia prima di ricorrere alle arti di una znaharka. In realtà la grec’ka ben dosata con la quantità d’acqua giusta e cotta per il tempo giusto non delude: si gonfia e rimane morbida e buona. Ad una cuoca ormai esperta come la vecchia di casa ciò non dovrebbe riservare sorprese. Salvo il colore. Prima di distribuirla, infatti, la nostra donna solleva la tovaglietta che copriva la pentola. Non è né bianca né disfatta né scotta e quindi ci sarà tanta fortuna. Fatta questa ispezione, si mangia finalmente! Si mangerà fino a raschiare le scodelle di legno. A chiederne ancora saranno specialmente i più piccoli che allegramente partecipano alla cerimonia!

A quale avvenimento storico fa riferimento la nostra cuoca? Forse si può pensare che si riferisca al fatto che la grec’ka (o grec’a, grec’iha, da tradurre come greca) diventata popolarissima in tutta la Pianura Russa, ma solo per polente e simili piatti in eventi speciali, fu introdotta intorno al X-XI sec. proprio dalla Grecia. Oppure che la grec’ka, sebbene degna della classe nobile, è anche cibo dello smierd che la mangia proprio per iniziare bene l’anno. Di più non possiamo dire…

Pilaf di grano saraceno

(ricetta tradizionale ucraina tratta da Food Remedies, Rodale Inc. 1997 e ridotta da ACM)

Ingredienti:

2 cucchiaini di olio (di semi di lino)

¾ di una tazza di cipolla finemente tritata

¾ di grec’ka

½ tazza di carote tagliuzzate

1 bianco d’uovo ben battuto, ma non a neve

brodo di pollo

maggiorana

pepe nero

prezzemolo

Preparazione:

In una capace casseruola di coccio scaldare l’olio e aggiungere poi la cipolla che si fa dorare per 5 minuti, mescolando. La cipolla soffritta si tira fuori con la schiumarola e si mette ora da parte in un piatto. Aggiungere ora la grec’ka nella casseruola con l’olio caldo rimasto e passare a calore molto moderato. Cuocere mescolando per ca. mezzo minuto e aggiungere nell’olio le carote e mescolare per combinare i sapori. Aggiungere il bianco d’uovo mescolando bene con una forchetta in modo che aderisca ai grani di grec’ka e alle carote. Sempre mescolare per non formare grumi per un minuto quando vedete che il bianco è ormai cotto e la grec’ka ora sembra croccante abbastanza. Un po’ alla volta ora si aggiunge il brodo di pollo, la maggiorana e le cipolle che avevate tenuto da parte. Si copre il tutto e si lascia cuocere, sempre a fuoco moderato, per una decina di minuti e cioè finché la grec’ka non ha assorbito tutto il liquido. Aggiungere ora il pepe e mescolare per mezzo minuto. Tirar via la casseruola dal fuoco e spargere con prezzemolo tagliuzzato.

Torniamo però al nostro assunto. Le ragazze puberi (krasnye devizi/крaсные девицы) nella notte del giorno prima, si sono già riunite in un angolo dell’izbà in segreto con le sopradette vecchie di famiglia e col loro aiuto hanno eseguito i gadanie ossia le pratiche per indovinare come quando e con chi si sarebbero sposate. Noi ne descriveremo molto sommariamente qualcuno come ancora sono eseguito oggi in Russia.

  1. Gadanie na vesc’ciah (Гадание по вещах). Qui si cerca il futuro attraverso gli oggetti preziosi dei giovani che vogliono sapere.
  2. Oklic’ka prohozhih i proezzhih (Окличка прохожих и проезжих). Questo rito è simile a quello della Santa Monaca in Puglia in cui si fanno delle semplici domande al primo che passa sotto la finestra a piedi o su carro.
  3. Podsluscivanie (Подслушивание). Qui si sta attenti, senza farsi vedere, a raccogliere le parole dei vicini che chiacchierano in casa propria e da queste dedurre il futuro.
  4. Gadanie na kurizah (Гадание на курицах). Questa si fa con un gallo ponendogli davanti vari tipi di cibi da becchettare e di qui si deduce il responso.
  5. Gadanie u vorot (Гадание у ворот). Questa è simile alla 2. poiché ci si pone appoggiati allo steccato e si chiede al primo passante.
  6. Gadanie basc’makom (Гадание башмакoм). Questa si compie con la scarpa sinistra che una ragazza lascia cadere davanti alla porta di casa e dalla direzione che la punta indica ne trarrà l’auspicio.
  7. Gadanie lucìnoju (Гадaние лучиною). Questa consiste nel correre con un ramo di betulla fresco al pozzo, bagnarlo con l’acqua e sempre di corsa tornare a casa e porlo nella pec’ka. Se il ramo brucia subito vuol dire lunga vita, se non brucia vuol dire morte e se brucia con crepitìo vuol dire malattia.

Invece del gadanie qualche ragazza, addirittura!, preparava in modo particolare un finto pranzo per il suo ancora sconosciuto promesso sposo… allo scopo di forzare gli eventi! Innanzi tutto preparava pane e sale e un pane piatto (lepjosc’ka/лепешка) per mangiarvi dentro. Accanto a questo poneva solo un cucchiaio di legno e mai il coltello (la forchetta giunse storicamente molto più tardi!). Poco prima di mezzanotte la ragazza si sedeva davanti e diceva: “O promesso vieni da me a cena!” Non appena mezzanotte fosse suonata, ecco che il promesso si sarebbe fatto vivo! E, se non era il promesso sposo? Beh, capitava talvolta che qualcuno arrivasse inaspettato per il primo dell’anno! Era lo Spirito della Fortuna, il Polaznik/Полазник (nella mitologia slava ha anche il nome di Badnjak ed è un giovane con la barba) che veniva a far visita! Se era proprio lui, e lo si riconosceva dal fatto che portava con sé un ceppo di legno da ardere (poleno/полено) sulle spalle, allora si intavolava subito un banchetto in suo onore poiché come spirito benigno sapeva leggere il futuro e sapeva consigliare chiunque per la riuscita di tutti i buoni propositi.

Perché mai ci siamo fermati ripetutamente sul desiderio di matrimonio delle giovani donne? Evidentemente perché nella vita contadina c’erano degli eventi più importanti di altri e fra questi si segnava proprio l’uscita dalla famiglia avita della donna (in russo infatti lo sposarsi della donna si dice uscire dietro al marito, vyitì zamuzh/выити замуж). Ne parleremo più a lungo in un’altra parte del nostro lavoro perché in realtà, al contrario di quanto si dice da noi, il matrimonio era quasi un avvenimento doloroso e traumatico nell’antica Rus’

Un rito invece ci interessa particolarmente, perché ha dei riscontri nel resto della Slavia (e persino nell’antica Scandinavia!) coi primi dell’anno nuovo, è la visita ai vicini e lo spargimento delle granaglie tradizionali mentre si invoca un raccolto migliore per l’anno che inizia. Si mandavano infatti in giro per le izbe i giovani i quali con panierini fatti di scorza di tiglio intrecciata (lukosc’ko) pieni di miglio, segala e avena bussavano cantando e suonando alle porte e poi lanciavano quei chicchi per aria nell’angolo “bello” dell’izbà augurando ogni bene anche nel campo (s’ciastie i zdorovie i horoscii urazhai/счастие и здоpовие и хороший уражай). I ragazzi venivano accolti dalla padrona di casa con un’offerta di paste dolci. Oggi si offrono biscotti e cioccolatini, ma una volta erano offerti dolcetti fatti con farina e miele, di cui però non sappiamo scegliere una ricetta giusta per attribuirla con sicurezza al X-XII sec. Ma, quale divinità presiedeva a questi riti d’inizio dell’anno?

Tratto da VITA DI SMIERD di Aldo C. Marturano, Poggiardo 2007

© Riproduzione Riservata

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *