Berlusconi al bivio

Stampa divisa sul Caso Mills. Il Giornale non ha dubbi: “Vittoria di Berlusconi”, è i titolo di apertura di oggi e nel suo editoriale, Vittorio Feltri spiega che “per colpire il Cavaliere la Procura di Milano è ricorsa a un artificio che la Cassazione ha bocciato” e, ora, “la sinistra scornata dovrà inventarsi qualcos’altro”. Di […]

Stampa divisa sul Caso Mills. Il Giornale non ha dubbi: “Vittoria di Berlusconi”, è i titolo di apertura di oggi e nel suo editoriale, Vittorio Feltri spiega che “per colpire il Cavaliere la Procura di Milano è ricorsa a un artificio che la Cassazione ha bocciato” e, ora, “la sinistra scornata dovrà inventarsi qualcos’altro”. Di avviso opposto è, su Repubblicà, Giuseppe Davanzo, che in prima pagina spiega che “David Mills è stato corrotto”, questa è la sentenza della Cassazione”  e, aggiunge,  “se Mills è corrotto, il presidente del Consiglio è il corruttore”. Il Fatto rincara la dose con Peter Gomez, che, in prima pagina, parla del scrive: “Adesso lo dice anche la Corte di cassazione. Davvero il testimone inglese David Mills è stato corrotto dal premier, Silvio Berlusconi, per mentire in tribunale”. Singolare, poi, la scelta del Secolo d’Italià: nemmeno una riga al caso Mills. I fatti. Ieri, dopo quattro ore e mezzo di intensa camera di consiglio, Corte ha decisione la prescrizione del reato e di fatto salvato l’avvocato inglese David Mills dalla condanna a quattro anni e sei mesi per corruzione in atti giudiziari. Tuttavia, l’annullamento senza rinvio del verdetto emesso dalla Corte di Appello di Milano lo scorso 27 ottobre, non ha travolto la condanna al risarcimento in favore di Palazzo Chigi, liquidato in 250 mila euro. Mills, infatti non è stato prosciolto nel merito – così come chiesto dal sostituto procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani – e, per questo, dovrà rifondere “il danno all’immagine” subito dalla Presidenza del Consiglio per l’intralcio al corretto funzionamento della giustizia prodotto dalle testimonianze reticenti fornite nei processi ‘All Iberian’ e ‘Tangenti alla Guardia di Finanza’.  
Per quanto riguarda, poi, il processo gemellò,  che riprenderà sabato innanzi al Tribunale di Milano e nel quale è imputato, per la stessa vicenda, il premier Silvio Berlusconi, non ci dovrebbe essere, nell’immediato, un ‘effetto domino. Mentre soddisfatti si sono dichiarati i legali di Mills, Berlusconi avrebbe detto, a chi ha avuto modo di sentirlo in queste ore, di non essere proprio contento del verdetto della Suprema Corte visto, poiché, secondo lui, il pronunciamento sarebbe dovuto essere che il reato “non è stato commesso”. Naturalmente nel centrodestra si inneggia alla magistratura non militante, nè politicizzata, come fa ad esempio il coordinatore del Pdl Denis Verdini; che, tra l’altro, spiega come tutto questo dimostri che nei confronti del Cavaliere c’è stata una “persecuzione”. Gli fa eco il ministro della difesa Ignazio La Russa, che commenta che anche se Millls è stato riconosciuto colpevole “bisogna prendere atto che si voleva tenere in vita un processo che era morto”. L’opposizione, invece, non ha dubbi: la sentenza della Suprema Corte dimostra che il reato c’è stato, ma che grazie “ai soliti escamotage”, come osserva il leader dell’Idv Antonio Di Pietro, “i soliti noti non pagano”. La prescrizione, incalza il capogruppo dipietrista Massimo Donadi, “non cancella il reato e questa sentenza resta una condanna morale per il premier”. Sempre ieri il sostituto procuratore generale della Cassazione, Gianfranco Ciani, nella sua requisitoria, ha detto che: “non vi sono i presupposti per il proscioglimento nel merito di David Mills” e aggiunto “non c’è dubbio che il momento consumativo della corruzione di Mills da parte di Bernasconi e del gruppo erogatore dei 600 mila dollari si verifica l’ 11 novembre del 1999 quando Mills, in proprio, e non come gestore del patrimonio altrui, fornisce istruzioni per il trasferimento dei circa 600 mila dollari dal fondo di investimento Giano Capital al fondo Torrey” Luigi Ferrerralle sul Corriere di oggi scrive che il caso in questione mostra come oggi il mondo vada alla rovescia, e, per la prima volta accade, che , per la stessa vicenda, uno resti incastrato e l’altro no.
In effetti, grazie alla legge Cirielli, approvata nel 2005 proprio dalla maggioranza del presidente del Consiglio, oggi lui ha ragione di essere insoddisfatto. Dopo Berlusconi prescritto e Previti condannato per la corruzione Fininvest del giudice Metta nel lodo Mondatori; dopo Berlusconi assolto e il suo manager Sciascia condannato per le tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza;  stavolta accade il contrario. È il corrotto teste Mills a cavarsela subito con la prescrizione del reato, ed è invece Berlusconi, indicato dal capo di imputazione come corruttore, a restare con il cerino in mano nel suo processo in Tribunale, che riprende domani a Milano, dopo lo stop determinato dall’incostituzionale legge Alfano. Domani, nel suo processo, Berlusconi potrebbe scegliere di rinunciare alla prescrizione per puntare in Tribunale al riconoscimento dell’estraneità che rivendica: in questo caso ulteriori iniziative legislative in tema di giustizia verrebbero sottratte al sospetto che a dettarle di volta in volta siano contingenti esigenze processuali del premier e guadagnerebbe in credibilità anche l’annunciata intenzione di voler introdurre norme più severe proprio contro la corruzione. Se invece il presidente del Consiglio preferirà aspettare, l’annullamento della condanna di Mills gli prefigura la certezza di analoga prescrizione nel 2011, sempre per effetto della legge ex Cirielli che nel 2005 ridusse da 15 a 10 anni i termini massimi.
Berluscobni è a un bivio e certamente sa che il suo comportamento certamente influenzerà i tempi e modi dell’eventuale approvazione definitiva di due leggi votate sinora rispettivamente dalla Camera e dal Senato: il “legittimo impedimento” automatico per 18 mesi e il cosiddetto “processo breve”, che avrebbe (tra gli altri) l’effetto di estinguere subito sia il processo-Mills di Berlusconi,  sia l’altro dibattimento in cui è imputato di frode fiscale sui diritti tv Mediaset. E mentre in una lettera di ieri, 25 febbraio, ha invitato tutti i militanti di “andare oltre la semplice iscrizione e diventare Promotori della libertà”, oggi riflette sulla maniera migliore, per lui, di usare una strategia che da una parte lo salvi, dall’altro non lo inchiodi al ruolo di chi la libertà e la giustizia calpesta per i propri interessi. Una considerazione finale pensando al libro “In attesa di giustizia” (Guerini e Associati, 2010) scritto da Carlo Nordio e Giulianio Pisapia, figure diverse con idee politiche diverse, presentato ieri sera a La7.
Sia se si è liberali,  voltairiani, scettici e realisti, sia se si appartiene  a una sinistra idealista e generosa, bisogna riconoscere che i processi a Berlusconi, di fatto, stanno paralizzando da decenni l’Italia. L’unica verità è che occorre smetterla con il panpenalismo e con l’idea di potere risolvere tutto, anche i problemi sociali, con il Codice penale,  perché questo modo di vedere è demagogico, populista e, alla lunga, pericoloso.

Carlo Di Stanislao

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