Un italiano muore a Kabul

C’è un cittadino italiano tra le vittime del duplice attentato avvenuto a Kabul il 25 febbraio scorso, con due esplosioni già rivendicate dai talebani, che hanno provocato in tutto almeno 17 morti (secondo la tv araba al-Jazeera il bilancio provvisorio dell’attacco è invece di 18 morti e 20 feriti).  La notizia della morte del nostro connazionale è stata riferita dal […]

C’è un cittadino italiano tra le vittime del duplice attentato avvenuto a Kabul il 25 febbraio scorso, con due esplosioni già rivendicate dai talebani, che hanno provocato in tutto almeno 17 morti (secondo la tv araba al-Jazeera il bilancio provvisorio dell’attacco è invece di 18 morti e 20 feriti).  La notizia della morte del nostro connazionale è stata riferita dal ministero dell’interno afghano. La polizia conferma che uno degli attentatori si è fatto esplodere, mentre altri due sono stati uccisi. I comunicati stampa della 10,46 ora italiana,  ci informano che l’attentato ha preso di mira il Safi Landmark Hotel, “dove sono alloggiati gli stranieri”, come ha  detto un portavoce dei ribelli, Zabihullah Mujahid, sostenendo che all’attacco hanno preso parte cinque attentatori suicidi. Un britannico ospite dell’albergo Safi Landmark a Kabul, Brian Briscombe, ha riferito alla Bbc di essersi svegliato tra vetri infranti e nel fumo.
Dopo circa 30 minuti ha deciso di lasciare l’edificio: “Sono rimasto ferito ad una mano – ha raccontato l’uomo – e volevo farmi curare, ma un soldato ha iniziato a gridarmi contro, quasi mi ha sparato quando ha visto che avevo uno zaino. Pensava fossi un kamikaze! Per fortuna si è calmato e mi è stato permesso di lasciare la zona”. Il corrispondente della Bbc sul posto, Martin Patience, ha riferito che le esplosioni si sono verificate in una zona frequentata abitualmente da stranieri. Secondo alcuni resoconti, anche il Park Residence Hotel, oltre al Safi Landmark, è stato attaccato: anche in questo caso si tratta di un hotel frequentato da stranieri. Circa il nostro connazionale ucciso, di cui ancora si ignorano le generalità, non si tratterebbe, come appreso in un primo momento, di un medico civile, ma di un funzionario dei servizi segreti. Per l’Ansa che cita fonti qualificate si tratta di un appartenente all’Aise, il servizio di informazione per la sicurezza esterna. L’uomo sarebbe stato ucciso a colpi di arma da fuoco mentre era al telefono per contattare la polizia, subito dopo l’esplosione. Lo ha chiarito il generale Abdul Raham, il capo della polizia di Kabul, che lo ha definito “un uomo coraggioso”. L’italiano risiedeva al Park Residenze e con lui vi erano  quattro nostri connazionali che sono stati tratti in salvo dalla polizia. Molti degli uccisi erano di nazionalità indiana, per lo più medici impiegati all’ospedale pediatrico Indira Gandhi di Kabul. “La nostra missione in Afghanistan e’ in conflitto con l’Art. 11 della Costituzione, infatti la nostra non e’ piu’ da tempo una missione di pace”. Lo dichiara il senatore dell’Italia dei Valori Francesco Pancho Pardi. ”Oggi e’ il giorno del lutto e del cordoglio ai familiari della vittima. Da domani – avverte – bisogna seriamente individuare una exit strategy e andare via il piu’ presto possibile dall’Afghanistan”. ”Per quanto sta accadendo in quel Paese e sulla vicenda del nostro connazionale chiediamo al Ministro della Difesa di venire immediatamente in Parlamento a riferire perche’ e’ di stretta attualita’ – conclude Pardi – la posizione che l’Idv ha assunto in Senato non votando a favore delle missioni internazionali”. Recentemente il Parlamento ha approvato uno stanziamento, per i primi sei mesi del 2010, di 308 milioni di euro (pari ad oltre 51 milioni al mese, contro i 45 spesi nel 2009), con una spesa destinata a lievitare nel secondo semestre, visto che non copre il previsto invio di 700-1.000 nuovi soldati sul fronte afgano.
Diversi parlamentari e addirittura alcuni ambienti militari puntano il dito su quella che ritengono una violazione dell’articolo 11 della nostra Costituzione, di fronte a quella che considerano una missione di natura bellica, in particolare dopo il lancio dell’Operazione Mushtarak, l’offensiva condotta contro la resistenza talebana nella zona di Helmand. Un’interrogazione in questo senso è stata presentata nei giorni scorsi da Maurizio Turco, deputato radicale eletto nelle file del Pd, il quale ha spiegato a Peacereporter di averla presentata ’’in seguito alle dichiarazioni del ministro La Russa sulla partecipazione dei comandi italiani all’operazione Mushtarak e sullo scopo di questa offensiva condotta dalle forze Isaf. Non abbiamo avuto risposta’’. Reazioni critiche anche da parte di alcuni militari, come l’ex maresciallo dell’Aeronautica militare Luca Comellini, oggi segretario del Partito per la tutela dei diritti dei militari (Pdm). E anche alla luce del carattere sempre più violento dell’offensiva della Nato in Afghanistan, il direttore di Peacereporter Maso Notarianni ha indirizzato oggi una lettera aperta ai senatori italiani. ’’E’ dal profondo del cuore che vi scrivo queste righe.
Vorrei – dice Notarianni – che le leggeste mettendo per un momento da parte i formalismi della legge che vi apprestate a votare, del decreto che vi apprestate a convertire, e aprendo il vostro cuore a quell’umanità che una carica istituzionale importante come la vostra deve sempre rappresentare. Sappiamo tutti che la missione militare italiana in Afghanistan è sempre meno chiara: sempre più confondibili sono infatti Enduring Freedom e la missione Isaf. Lo stesso nostro ministro della Difesa ha testualmente dichiarato che ’gli insorti si sottraggono al confronto e cercano di assorbire l’azione militare del contingente Isaf, che non incontra grandi resistenze se non sporadiche’ e che ’non c’e’ alcun italiano tra i soldati impegnati sul territorio, naturalmente qualcuno c’e’ nella linea di comando a Kabul’. Chiarendo definitivamente che il contingente Isaf sta effettivamente svolgendo operazioni di guerra volte ad occupare un territorio straniero e che militari italiani sono comunque coinvolti in un’operazione che nulla a che vedere con stabilizzazione o ricostruzione’’. PeaceReporter ha chiesto ai senatori di ’’leggere le storie pubblicate dal giornale. Sono storie di guerra, sono le storie di Fazel, di Gulalay, di Ali’, di Kuhudainazar, di Aktel, di Roja, di Said, le cui vite abbiamo contribuito a segnare per sempre. Conosco bene l’Afghanistan e conosco bene questo conflitto e vi dico: i finanziamenti che vi apprestate a votare serviranno ad armare i nostri soldati. E i nostri soldati è con questi ’nemici’ che dovranno combattere’’.

Carlo Di Stanislao

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