Presi 19 complici del boss latitante Matteo Messina Denaro

Matteo Messina Denaro, latitante dal 1993, considerato ormai uno dei capidi Cosa nostra, non potrà più contare sulla sorta di ‘servizio postale’ che ha utilizzato negli ultimi 14 anni per trasmettere gli ordini, attraverso una rete di affiliati che consegnavano i suoi ‘pizzini’, i famigerati bigliettini ‘lanciati’ da Bernardo Provenzano come forma di comunicazione per evitare […]

Matteo Messina Denaro, latitante dal 1993, considerato ormai uno dei capidi Cosa nostra, non potrà più contare sulla sorta di ‘servizio postale’ che ha utilizzato negli ultimi 14 anni per trasmettere gli ordini, attraverso una rete di affiliati che consegnavano i suoi ‘pizzini’, i famigerati bigliettini ‘lanciati’ da Bernardo Provenzano come forma di comunicazione per evitare le intercettazioni.
19 complici del boss, tra cui il fratello Salvatore, sono stati fermati questa mattina nel trapanese durante l’operazione ‘Golem 2′ eseguita dal Servizio centrale operativo della Polizia e dalle squadre mobili di Palermo e Trapani. Dai pizzini attribuiti a Messina Denaro risulta il suo costante collegamento con gli altri vertici di Cosa Nostra, tra cui lo stesso Provenzano e i Lo Piccolo.
Un’operazione imponente – scaturita dalle indagini effettuate nel giugno scorso nell’ambito di Golem 1 – che riguarda anche gli affari del clan in varie regioni italiane, dove sono in corso perquisizioni concentrate in particolare nelle province di Trapani, Palermo, Caltanissetta, Torino, Como, Milano, Imperia, Lucca e Siena, mentre sarà chiesto il sequestro di alcune aziende nel settore ristorazione-distribuzione alimentare riconducibili al boss latitante.
Tra i fermati, che oltre a fare da ‘postini’ gestivano anche gli affari della famiglia, ci sono esponenti di rilievo della mafia trapanese, che tenevano i rapporti tra Messina Denaro e le cosche palermitane, e Antonino Marotta, 83 anni, ex componente della banda di Salvatore Giuliano.
Dell’operazione ha parlato anche il ministro dell’Interno Robero Maroni dall’aeroporto di Malpensa, dove ha assistito questa mattina all’avvio della sperimentazione del body scanner. «È una delle operazioni più importanti degli ultimi 10 anni perché lui comunica attraverso l’uso dei pizzini e noi abbiamo fermato la sua ‘posta’», ha detto il ministro, aggiungendo di essere «ottimista per la sua futura cattura».

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