Pranzi e Cene sulle riforme

Già nel 2006, in pieno Governo Prodi, Giovanni Sartori ammoniva sul fatto che una riforma costituzionale, è auspicabile e necessaria, ma poiché le costituzioni non sono né di destra né di sinistra e sono o ben fatte o mafatte, occorre procedure con prudenza e con ampio coinvolgimento del governo e delle minoranze. La sinistra (da […]

Già nel 2006, in pieno Governo Prodi, Giovanni Sartori ammoniva sul fatto che una riforma costituzionale, è auspicabile e necessaria, ma poiché le costituzioni non sono né di destra né di sinistra e sono o ben fatte o mafatte, occorre procedure con prudenza e con ampio coinvolgimento del governo e delle minoranze. La sinistra (da sola) ha votato una riforma federalista nel 2001,  dopodiché la destra (da sola) ha modificato la riforma federalista della sinistra e, per di più, ha anche radicalmente modificato la forma di governo.Ed ora si riparla di riforma, dentro ad un tridente che prevede cambiamenti ampi sulle forme di governo, fiscale e giuridiche.  Chiacchierando il 13 mattina da Corradino Mineo e ieri sera su Rai 3 dalla Dandini, il politologo non grato alla destra (ma firma illustre del Corriere della Sera ed acclamato esperto in campo internazionale), ha ruvidamente detto  che dal federalismo fiscale si aspetta una catastrofe, per la moltiplicazione dei livelli di spesa e burocratici e quanto al semipresindenzialismo alla francese, esso non può funzionare senza cambiare la legge elettorale, anche solo perché il porcellum di Calderoli è un sistema elettorale truffaldino e unico al mondo. Intanto,  sul Corriere di ieri, in un editoriale d’apertura, aveva rincarato dicendo che non vi sono soldi per nessuna riforma e questo lo sa bene Berlusconi che, comunque, ne parla, perché parlarne non costa nulla e tiene desta l’attenzione popolare. D’altra parte se è vero, come affemrava lo stesso editorialista sullo stesso Corriere il 23 marzo, che si sta affermando una nuova razza umana, cioè “l’homo stupidus stupidus”;  parlare di qualcosa in senso vago è già come averlo realizzato per intero.  Il vero problema per il governo e la sua maggioranza, è che a pensarla come Sartori, anche se in modo meno ruvido, vi sono anche esponenti della destra e del Pdl, come Gianfranco Fini, che l’8 aprile aveva scritto (vedi: http://www.ffwebmagazine.it/ffw/page.asp?VisImg=S&Art=4976&Cat=1&I=immagini/Foto%20D-F/fini_otto_int.gif&IdTipo=0&TitoloBlocco=Politica&Codi_Cate_Arti=27&Page=1),  “per seguire il modello francese
va cambiata la legge elettorale” e che, in questa “quinta repubblica”, dovremo cercare di “importare”,  proprio quello ciò che ha garantito la vitalità, la lunga durata di un sistema, o meglio di una “diarchia flessibile” che, tenendo conto delle tradizioni e delle mutevoli esigenze del Paese, ha saputo sempre “riconciliare”, anche con modalità ed effetti differenti, da un lato, la rappresentanza con l’efficienza e, dall’altro, il parlamentarismo con la leadership. Insomma per Fini: “se il federalismo rappresenta una risposta adeguata al crescente processo di internazionalizzazione, in quanto – secondo il principio di sussidiarietà – affida compiti importanti di tutela dei diritti e di garanzia dei servizi ai governi regionali e locali, il principio di unità nazionale, attorno al quale si costruisce l’idea stessa di Stato, richiede un potere esecutivo in grado di assicurare la piena coesione interna del Paese e di dare una rappresentanza adeguata della Repubblica sulla scena internazionale.” Posizioni molto chiare ma anche diverse, molto diverse dal Cavalier Berlusconi,  che oggi dovrà confrotarsi con lui ad Arcore, per tentare di non perderlo, almeno come freno alle smanie espansioniste e agli appetiti crescenti della Lega. Insomma, passata la sbornia per il successo alle regionali, il leader della Lega Umberto Bossi – il vero vincitore della consultazione – e Silvio Berlusconi – vincitore per l’interposta persona del “senatur”- hanno la coabitazione nella coalizione di governo e il Cavaliere sente l’altro crescere e teme di essere schiacciato in un angolo.   E mentre Enrico Letta, vero Richelieu della politica attuale, si dice ottimista sulla possibilità di dialogo fra maggioranza e opposizione sulle riforme, anche Stefano Folli su “la Stampa” esprime dubbi, dal momento che ogni riforma sbandierata è priva ancora di contenuti e del tutto, volutamente nebbiosa. Sulle riforme, di fatto, il centro-destra non ha ancora esibito un suo testo comune e certamente Berlusconi punta ad ottenere soprattutto quella d’elezioni diretta del premier, fidando del fatto che, in molte occasioni, Fini ha ribadito che non ama i ribaltoni,  che considera un vero “cancro della democrazia”. Ma nel pranzo di oggi, dopo la cena ieri sera (la seconda dopo le elezioni) ,con Bossi, il presidente Consiglio,  prima di parlare di cancri e presidenzialismo, dovrà ricevere da Fini un messaggio molto chiario e già anticipato nei giorni scorsi: non ci si può appiattire sulla Lega, perchè così si indebolisce il Pdl e una posizione subordinata nei confronti del Carroccio sarebbe un danno anche per lo stesso Berlusconi. Un bel grattacapo per Berlusconi, che portata a casa la legge sul legittimo impedimento che per un anno e mezzo gli consentirà di non presentarsi nelle aule di giustizia dove dovrebbe essere giudicato per alcune imputazioni, ora vorrebe, senza tensioni dedicarsi a due sole questioni: la riforma della Giustizia e la riforma della Costituzione con l’introduzione di un sistema presidenziale. E invece, non solo deve tenere a bada Bossi e suoi che vogliono il federalismo fiscale e reclamano ruoli importanti in ambito regionale e nazionale, ma anche Fini,  che chiede di mitigare la Lega ed aprire un vero dialogo con l’opposizione. Quindi il vero problema, fra pranzi e cene, sarà per Berlusconi, non tanto dare una scadenza e dei contenuti alle solo dichiarate riforme, ma potersi districare fra le tenaglie serrate di Bossi e gli “altolà” sempre più perentori di Fini. Vedremo a breve se risulteranno più digeribili i primi o i secondi.

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