La mezz’ora di Calderoni

Il ministro Calderoni, come lui stessa ha affermato a “Mezz’ ora” di Annunziata, diserterà la cerimonia di Genova, dove il 5 maggio Giorgio Napolitano darà il via alle celebrazioni solenni dei 150 anni dell’unità d’Italia, generando dure reazioni e non solo dal Pd e dalla opposizione. Prima un secco editoriale sul sito di Italia Futura , […]

Il ministro Calderoni, come lui stessa ha affermato a “Mezz’ ora” di Annunziata, diserterà la cerimonia di Genova, dove il 5 maggio Giorgio Napolitano darà il via alle celebrazioni solenni dei 150 anni dell’unità d’Italia, generando dure reazioni e non solo dal Pd e dalla opposizione. Prima un secco editoriale sul sito di Italia Futura , la fondazione di Luca di Montezemolo, in cui si legge:  “E’ tempo di archiviare la benevolenza verso la strategia leghista”;  poi il monito del presidente della Cei, il cardinal Angelo Bagnasco: “L’unità d’Italia è tesoro per tutti, non va bistrattata”. Ed in affanno si dimostra anche il ministro La Russa, il quale dichiara: “sono lieto se la Lega vuole marcare una differenza, così la si smette di dire che siamo a rimorchio del Carroccio. Ognuno, peraltro, è libero di fare ciò che vuole, a patto che non si manchi di rispetto alle celebrazioni dell’Unità d’Italia”.  Anche Adolfo Urso, vice ministro allo Sviluppo Economico ed esponente Pdl vicino a Gianfranco Fini, intervistato dal Secolo XIX, commenta duramente le dichiarazioni del ministro Calderoli e afferma: “E’ la dimostrazione che Fini ha posto un problema reale, al punto tale che La Russa ha dovuto criticare l’atteggiamento di Calderoli, il quale, evidentemente, e’ andato troppo avanti. Ecco perche’ il Pdl deve svolgere un ruolo non di controllo ma di guida”. Ma questa non è l’unica esternazione “politicamente poco corretta” di Calderoni da Annunziata. L’ l’indomito leghista è tornato sulla proposta fatta qualche tempo fa dal ministro dell’Interno Maroni circa l’ipotesi di una candidatura leghista al comune di Napoli. “Credo che il ministro Maroni lo abbia detto visto l’impegno suo e del governo contro la criminalità organizzata, compresa quella campana”, ed ha aggiunto: “Si tratta di una proposta di valore, ma io resto convinto del detto moglie e buoi dei paesi tuoi”. Circa poi la domanda dell’Annunziata sulla possibilità che la Lega partecipi a un governo tecnico per fare le riforme guidato da Giulio Tremonti, la risposta è netta: “No. L’elettorato ha dato il proprio consenso a una persona che è Berlusconi. E poi la prima persona che sarebbe contraria è Tremonti stesso”. Per lui non sta in piedi un ipotesi di governo tecnico e dopo la fiammata di Fini contro Berlusconi ed aspettando che le ceneri si posino a terra, presto  si capirà  che il Governo Berlusconi non ha alternative: seguire la Lega sul terreno delle riforme.  Il vero ostacolo rimane il modo di procedere in Parlamento con regolamenti auto paralizzanti che impediscono la rapida realizzazione. Ed è ancora più chiaro circa la sua valutazione di Fini, interpretando lo scontro con Silvio Berlusconi come il frutto della “frustrazione del presidente della Camera rispetto al ruolo perenne di delfino del premier che non spicca mai il volo”. Il ministro leghista osserva che Fini ha fatto “una scelta istituzionale che lo ha allontanato dalla partecipazione attiva”,  ma quel ruolo di delfino “deve conquistarselo sul campo dimostrando di essere in grado di sostituire Berlusconi dentro il Pdl e nel rapporto con la Lega”. Parole, quelle del ministro, che seguono però la preoccupazione fatta filtrare nei giorni scorsi dal Carroccio sullo scontro interno al Popolo della Libertà. Difficile poi non pensare che le ‘uscitè del ‘finianò Italo Bocchino sui contratti della Rai e la Endemol (società che ha nella proprietà il Cavaliere e i suoi figli) siano passate inosservate. “I contratti più importanti della Rai vanno a Silvio Berlusconi e ai suoi figli, proprietari della Endemol”, ha detto Bocchino a Sky Tg24,  facendo riferimento all’articolo apparso su “Il Giornale” in cui si parlava di sua moglie, proprietaria di una casa di produzione e dei contratti con il servizio pubblico. Quell’articolo, così come le notizie apparse sul quotidiano diretto da Vittorio Feltri, sono definite “spazzatura”, ma fanno salire la temperatura e ridurre la coesione e la forza interna in casa Pdl. E a dar ragione alla Lega e a chi vede indebolirsi la leadership in casa Pdl, è arrivata, ieri, la notizia del  battesimo a Milano di ‘Nostra destra’,  voluta dal coordinatore del Pdl Ignazio La Russa, per raccogliere i dirigenti lombardi provenienti da An. E c’è già, nella Lega, chi vede in questo e nel gruppo di Fini, una manovra a tenaglia, che pone il Cavaliere ancor più nelle mani del partito di Bossi. Dal giorno dopo le elezioni regionali, vinte grazie alla Lega, il premier ha fatto capire a tutto il sistema che questo finale di legislatura si giocherà a destra e nel governo interamente sotto il segno della diarchia con Bossi; ma la Lega (con Bossi prima e Calderoni poi), hanno fatto capire a lui, che saranno loro a dettare le regole e decidere la posta. Come scrive su Repubblica Ezio Mauro, tutto il resto, è specchietto per le allodole, paesaggio di comodo per i telegiornali, meccanismo tecnico di divagazione parlamentare. Secondo Stefano Cappellini, su “il Riformista”, si delinea sempre più apertanto, l’ipotesi di Silvio Berlusconi al Quirinale e Giulio Tremonti a Palazzo Chigi, ipotesi accarezzata ed anzi favorita da Umberto Bossi, che spiegherebbe anche l’improvvisa infatuazione della Lega per il presidenzialismo, sebbene nella sua più mite versione francese. Ed è certo, comunque, che ora l’iniziativa è in mano a Bossi ed ai suoi uomini di fiducia. Quando lo scorso novembre Bossi è intervenuto per difendere il ministro del Tesoro da un nuovo possibile licenziamento dal governo, come già era accaduto nel 2004, lo ha fatto non solo per salvare l’uomo sul quale la Lega ha investito per blindare la riforma federalista ma soprattutto per tenere “l’amico Giulio” in gioco per il dopo Berlusconi. D’altra parte, se in autunno il Cavaliere aveva maturato l’idea di esautorare Tremonti era proprio perché aveva individuato nel titolare del Tesoro uno degli esponenti del “complotto amico”. E mentre ha rintuzzato, a stento, la levata di carattere di Fini, con Tremonti e la Lega la partita è enormemente più difficile.

Carlo Di Stanislao

 

 

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