Bufera leghista anti-outlet

Dal 30 aprile la Lega dichiara guerra agli outlet e si oppone all’espansione dei centri commerciali, con  i neogovernatori del Carroccio che si schierano a difesa di piccoli negozi nei centri storici, all’insegna della vita a “chilometri zero”. Il dilagare di negozi e centri commerciale , scrive in un articolo Aldo Cazzullo sul Corriere della […]

Dal 30 aprile la Lega dichiara guerra agli outlet e si oppone all’espansione dei centri commerciali, con  i neogovernatori del Carroccio che si schierano a difesa di piccoli negozi nei centri storici, all’insegna della vita a “chilometri zero”. Il dilagare di negozi e centri commerciale , scrive in un articolo Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, non va giù al neogovernatore del Piemonte Roberto Cota, che, con una nuova ordinanza, intende bloccare almeno 6 progetti, di cui 5 ampliamenti e una nuova apertura. Questo “avrebbero dato il colpo di grazia ai negozi di vicinato e ai mercati rionali” ha spiegato l’assessore del Pdl William Casoni,  che, appunto il 30 aprile,  ha firmato il provvedimento. Il Piemonte è solo una delle zone in cui si espandono centri commerciali e outlet: il record nel rapporto tra abitanti e metri quadri di grande distribuzione lo detiene il Veneto del neogovernatore Luca Zaia, leghista anche lui. “Da noi il problema è già superato dalle regole di mercato – spiega Zaia – il calo dei clienti dei centri commerciali è costante. la Lega ha fatto la battaglia in passato, quando il piano commerciale del Veneto che prevede un centro ogni 150 mila abitanti è stato ampiamente disatteso, ce n’è uno ogni 30 mila”. I veneti hanno, infatti, aggirato la norma distinguendo il centro commerciale con un unico ingresso dai parchi commerciali, capannoni con ingressi separati ma collegati da un tunnel. E, ribadisce Zaia, le cose stanno cambiando. Il neogovernatore ribadisce. “Il Veneto è terra di piccoli paesi, 581 comuni, 3mila abitanti di media. Siamo fatti per l’osteria e il negozio sotto casa. Abbiamo 62 milioni di turisti l’anno, di cui soltanto 13 a Venezia: dobbiamo rafforzare il sistema commerciale nei borghi medievali, aiutare la pizzeria e il negozio di abbigliamento, il banco di souvenir e il ristorante tipico”. La Giunta regionale pensa dunque di adottare al più presto incentivi in aiuto dei negozi. Una nuova legge per i centri storici per “dare sollievo ai piccoli commercianti con incentivi e con l’esenzione dalle tasse regionali. In cambio dovranno abbassare i prezzi, perchè vanno capiti anche i consumatori che cercano il centro commerciale per comprare una maglietta a 8 euro anzichè 80″. Zaia sottolinea che anche nel campo della grande distribuzione bisogna distinguere: “Un conto è l’imprenditore locale che investe sul territorio un altro sono gli outlet aperti dalle multinazionali”. “E poi -sottolinea il neogovernatore- queste città finte tendono a diventare città con gravi problemi di sicurezza come quelle vere. Preferisco imitare Klagenfurt, che ha trasformato la sua archeologia industriale in una serie di piccole botteghe”. Secondo Zaia ed il suo omologo e compagno di partito Cota, occorre diffondere l’esempio di Mestre, dove con il nuovo Centrobarche è nato un quartiere pedonale dove i veneziani di terraferma vanno a comprare i prodotti tipici. Tuttavia va detto, ad onor del vero, che anche la grande distribuzione, però, si sta adeguando alla filosofia del “chilometro zero”. Nella piazza artificiale di Mondovicino (ultimo outlet in provincia di Cuneo: 85 negozi, più la gelateria, il self-service, la pizzeria, il fast-food, il ristorante, la caffetteria; le cascine finte, i portici finti con il golf sul tetto e “Power Station” con le pompe di benzina),  c’è la gastronomia “eccellenze del Piemonte”, con la toma di Murazzano, la robiola di Roccaverano, il dolcetto di Dogliani e gli altri prodotti che piacciono al Carlin Petrini di Slowfood. E accanto alle cascine finte ce n’è una vera, la Cascina Viot, riadattata a sede per mostre “di artisti del posto” o almeno collegati con l’ormai inevitabile “territorio”. Chissà come andrebbe un sondaggio fra gli aquilani che negli outlet hanno l’unico punto aggregativo e l’unico luogo per ricercare una tradizione ed una territorialità, diffusa in 12 km di continua periferia e con un centro ancora da “ridisegnare”. Se, come scrive Marc Augè in “Generazione Immagine”, siamo il frutto di ciò che vediamo e ci circonda, davvero ci attendiamo poco di buono da una generazione formatasi a ciondolare in centri commerciali, dato che sono i riferimenti storici e i ricordi, che si presentano alla memoria con l’aspetto di individui. Come insegnano antropologi, etologi e grandi scrittori (Goethe, Proust, Mann), la città è paesaggio, cielo, ombra e luce, movimento ed è odore: un odore che cambia a seconda delle stagioni, delle situazioni, dei luoghi e delle attività. Non è certo un ipermercato con luci sempre uguali ed odori artificiali che appiattiscono ed omologano ogni crescita e sensazione. Come ci ha insegnato il grande cinema americano degli anni ’40 (Siodmak, Huston, Wells, Hitchock), la città esiste tramite l’immaginario che da essa scaturisce e ad essa ritorna, quell’immaginario che essa alimenta e di cui si nutre, che da lei è generato e che le dà una nuova esistenza e che si uccide in outelet e centri commerciali. E non è un caso che il brutto finale, non consolatorio e non morale, di Black Dalia di Brain Di Palma, omaggio al cinema degli ani ’40, si svolga in un anomico, plastificato, stereotipato e “neonizzato” centro commerciale.

 Carlo Di Stanislao

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