Il D’Alema furioso

Come” Porta a Porta”, ma prima e su Rai Tre, anche “Ballarò” ha dedicato la puntata di ieri al caso Scajola, dimessosi dall’incarico di Ministro allo Sviluppo Economico per una non chiara vicenda relativa all’acquisto di un appartamento sottocosto vista Colosseo, con l’appoggio di un personaggio ambiguo del mondo dell’edilizia romana, Anemone, entrato nelle inchieste […]

Come” Porta a Porta”, ma prima e su Rai Tre, anche “Ballarò” ha dedicato la puntata di ieri al caso Scajola, dimessosi dall’incarico di Ministro allo Sviluppo Economico per una non chiara vicenda relativa all’acquisto di un appartamento sottocosto vista Colosseo, con l’appoggio di un personaggio ambiguo del mondo dell’edilizia romana, Anemone, entrato nelle inchieste sugli appalti truccati. Ma, a differenza del salotto di Vespa, in quello di Floris una rissa fuori programma fra il Presidente del PD, Massimo D’Alema e il condirettore de Il Giornale Alessandro Sallusti, che ha scatenato le ire del politico ricordandogli lo scandalo “affittopoli”. Lo scontro ha visto tra l’altro D’Alema mandare il giornalista “a farsi sfottere”, dopo che Sallusti lo aveva tacciato  di “moralismo”, facendo un paragone tra la vicenda di Scajola e la cosiddetta “affittopoli” dei primi anni ’90, quando alcuni politici, tra cui lo stesso D’Alema, furono criticati perché abitavano in affitto in case di enti previdenziali pagando l’equo canone. “L’accostamento è del tutto improprio – ha detto D’Alema con voce alterata – io come migliaia di persone pagavo ciò che era previsto dalla legge e non troppo poco”. Sallusti ha replicato ricordando che però D’Alema lasciò la casa dell’ente che aveva in affitto. “Vada a farsi fottere – ha gridato il presidente del Copasir – lei è un bugiardo e un mascalzone”. E al giornalista che insisteva D’Alema ha replicato: “è stato fatto un accostamento che non c’entra nulla. Io ero in affitto, non ero nè ministro nè capo di governo, ero in un ente previdenziale pubblico e pagavo l’equo canone previsto dalla legge”. Nel crescente battibecco, con le voci dei due protagonisti che si accavallavano, D’Alema ha proseguito: “quando uscì la questione che i politici non potevano restare e io non pagavo con i soldi che mi dava uno speculatore amico mio, io la lasciai. Io ebbi gratuitamente la sensibilità di lasciare la casa”. E il furioso alterco è continuato anche sull’uso di “signorine” a fini “politici”. “Le signorine le usavano i suoi uomini in Puglia per corrompere”, ha detto il giornalista. “No, le signorine andavano dal suo presidente del Consiglio e datore di lavoro”, ha ribattuto D’Alema. Il clima è rimasto infuocato per alcuni minuti, finchè Giovanni Floris ha lanciato un servizio sul dissenso dei finianì all’interno del Pdl, facendo si, anche in questo caso, che Fini costituisse l’ancora di salvezza di una sinistra molto, molto in affanno. Dopo lo scivolone anti-Vendola in Puglia, D’Alema incassa un’altra non bella figura, sbagliando i toni e le spiegazioni, fiacche e poco convincenti. Anche se alla fine si è scusato per aver alzato la voce, resta la sensazione, in molti, che in fatto di previlegi e condotte spregiudicate, i politici non conoscono distinzioni di colori. Difficile credere in una moralizzazione, pertanto, che tenga conto di principi, idee ed iniziative a vantaggio non loro, ma dei cittadini. E, altrettanto difficile, non cadere il uno scettico cinismo in base al quale, meglio essere disincantati e non credere al valore differente dei personaggi in campo. Si è parlato spesso di un primato morale della sinistra e di una destra corrotta e collusa. In verità sono in molti, con me, a chiedersi perché gli uomini politici si possano permettere di fare il bello ed il cattivo, tempo senza preoccuparsi del pessimo esempio che danno alla popolazione e considerandosi intoccabili e “al di spora del bene e del male”. Insomma, la nostra classe politica, di destra e di sinistra,  fa quello che più le aggrada, incurante della brutta aria che tira nel Paese e da luogo a fenomeni come il “grilliamo” il “giratondismo”  il “popolo viola” ed il crescente astensionismo.  Due sere fa il premier Silvio Berlusconi, alla festa di compleanno di Alfonso Signorini, ha detto, a proposito del caso Scajola ha detto. “Siamo di fronte – – a un massacro mediatico e a una tenaglia dei giudici che vogliono colpire il governo”. Sarà, ma noi crediamo che invece ci troviamo di fronte alla dimostrazione palese di una politica marcia, da anni ed in ogni settore.

Carlo Di Stanislao

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