L’orticaria da precariato

Dal primo luglio dello scorso anno sono 60 mila e nel 2011 arriveranno ad essere 200 mila. Parliamo dei lavoratori precari del pubblico impiego (contando anche scuola e università si arriva a 400 mila) che, a causa della norma che abolisce le stabilizzazioni dei rapporti lavorativi, hanno perso o perderanno il posto.  Infatti secondo l’articolo […]

Dal primo luglio dello scorso anno sono 60 mila e nel 2011 arriveranno ad essere 200 mila. Parliamo dei lavoratori precari del pubblico impiego (contando anche scuola e università si arriva a 400 mila) che, a causa della norma che abolisce le stabilizzazioni dei rapporti lavorativi, hanno perso o perderanno il posto.  Infatti secondo l’articolo 7 del disegno di legge 1167, i contratti dei precari dopo 36 mesi non verranno più rinnovati dalle amministrazioni. A segnalare la drammatica questione è stata la Funzione pubblica Cgi,  che ha presentato i propri dati confrontandoli con quelli forniti dal ministro Brunetta e definiti “truccati”.  E cosa risponde il ministro della Funzione Pubblica? Che “la mitizzazione del precario” (secondo lui è meglio ‘lavoratore flessibile’) non gli piace e “chi mitizza la figura del precario con attività sindacale, letteraria o filmografia fa letteralmente schifo” e fa venire al povero Brunetta “l’orticaria” anche perché, dice il ministro, “io stesso ho fatto il precario tanti anni all’università e non amo certo questo periodo”. Ciò che in sostanza sostiene Renato Brunetta è che andare a vedere al cinema un film sul precariato rende i giovani colpevoli di “strumentalizzare politicamente” il triste fenomeno di cui ormai sono protagonisti migliaia di persone in Italia. Come se le immagini incriminate, o i saggi o le varie manifestazioni sindacali non rispecchiassero perfettamente la situazione reale. “Non è utile sparare numeri a vanvera – aggiunge il ministro – pensando che così si tutelino meglio i lavoratori. La loro tutela sta nel dire le cose come stanno. La nostra intenzione è quella di capire e far capire al Parlamento che deve legiferare. Buttare lì i numeri, congestionare il dibattito o lanciare anatemi non serve a nessuno, certo non serve ai lavoratori con contratto di lavoro flessibile”. Ma secondo la Fp Cgil è invece il monitoraggio effettuato dal ministero della Funzione Pubblica ad essere “parziale, pressappochista e strumentale”: si tende a “ridimensionare il fenomeno – sostiene la Fp – per rendere socialmente più accettabile lo stop alle stabilizzazioni, il cui percorso era stato avviato dal precedente governo”.  “Il governo – sottolinea il leader degli statali Cgil Carlo Podda – rivela un suo preciso disegno politico, cioè quello di favorire il settore privato. Il fatto più allarmante è proprio questo licenziamento di massa. Senza gli addetti a tanti servizi essenziali, a chi bisognerà rivolgersi? Quale credibilità può avere un esecutivo che decide di mandare a casa i propri dipendenti?”. E per dare maggior risalto all’attuale situazione, nonostante i rimbrotti e l’orticaria del ministro Brunetta, la Fp ha promosso una “Giornata nazionale del precario” che si terrà il 30 giugno prossimo. Ma, per il momento, il ministro della Funzione Pubblica ha altro a cui pensare. Come “predisporre un sistema di filtraggio che impedisca ai dipendenti pubblici di andare su Facebook, un progetto che non ha nulla di vessatorio ma che vuole impedire di spendere soldi della collettività in modo non corretto”. Questo perchè, come ci tiene a sottolineare Brunetta, “uno dei luoghi di maggior utilizzo del famoso social network pare siano proprio le postazioni pubbliche”. Bene, dunque. E, viene naturale pensarlo, sarà proprio il ministro a dare per primo il buon esempio, comunicando con i suoi ‘fan’ sulla sua pagina di Facebook dal divano della propria dimora anzichè dall’ufficio. E il 14 aprile scorso, al Palariviera di San Benedetto del Tronto, presente anche la ministro Gelmini, si è parlato, nel corso del II congresso nazionale della Flc Cgil, di precariato e scuola, con slide slide su tutte le bugie che il ministro dice ogni giorno sulla scuola, l’università e la ricerca e, dal palco, Mimmo Pantaleo, segretario generale della Federazione della Conoscenza, che le elenca una ad una, non risparmiando critiche né al governo né al Pd (la cui proposta di legge sul contratto unico è definita aberrante), sino al “dermo-sensibile” Brunetta, definito “un fannullone ed anche un arrivista che che pretendeva di fare contemporaneamente il ministro e il sindaco”. Mercoledì scorso, in apertura del XVI Congresso nazionale della Cgil, a Rimini, due parole chiave circolavano: difendere il lavoro e liberare i diritti”, con Epifani che sottolinea la necessità di: “politiche che sostengano lo sviluppo, che salvaguardino l’occupazione, un vero e proprio piano per il lavoro che contrasti la disoccupazione, restituisca dignità e riconoscimento ai diritti dei lavoratori, abbia come valori fondanti la libertà, la democrazia, la Costituzione”. Poi, come avevano promesso, sindacalisti atipici, lavoratori precari ed ex dipendenti della Cgil si sono incatenati ai cancelli della fiera di Rimini che ospita il congresso e qualche risultato lo hanno ottenuto: il sindacato non li ha ignorati e il segretario organizzativo Enrico Panini ha annunciato che l’organizzazione sindacale è impegnata a risolvere, una per una, le situazioni dei precari che in mattinata hanno protestato al congresso dell’organizzazione. Anche se, ha precisato, “si tratta di casi molto diversi uno dall’altro”. In alcuni di questi casi, ha ricordato Panini, “abbiamo chiesto le dimissioni di dirigenti che avevano detto cose in contrasto con il loro ruolo, in altri ci sono delle divergenze fra quello che dicono i lavoratori e quello che dicono le strutture territoriali”. Poi un caso-limite- dal Giornale –“di un Caf di Lecce, dove c’è una riorganizzazione della società, con l’impegno a riassumere i lavoratori che sono stati licenziati”. Panini ha poi precisato che non è possibile fare un quadro sul precariato nella Cgil, “perché ogni struttura è statutariamente autonoma, anche se esiste un sistema di ispezioni per far rispettare le regole”. Insomma se non orticaria, disagio esplicito sul precariato, anche per lui. In una intervista a La Stampa all’indomani della sua partecipazione ad Annovero, il 1° maggio, Luigi Bersani ha dichiarato: “la situazione sociale sta peggiorando. La contrapposizione tra garantiti e non garantiti sta largamente sfumando, andiamo verso un universo di vulnerabili.” Buona analisi ma, fatta la diagnosi, anche in questo caso (come per molte orticarie) si resta senza cura. Oggi, 6 maggio, il Coordinamento Difesa della Scuola Pubblica ha organizzato alle ore 21 presso il Cinema Gabbiano di Senigallia, una interessante iniziativa, intitolata “n nome del popolo precario”, con la proiezione del film “Caro Parlamento e altre favole meravigliose”di Giacomo Faenza (55′) e, a seguire, un dibattito con interventi di Matteo Vescovi (Coordinamento Precari della Scuola – Bologna), Barbara Imperiale (Collettivo Effetti Collaterali – Fabriano), Alberto Piloni (Avvocato Rete Legale) che presenteranno un viaggio in Italia tra miserie, speranze e lotte per il lavoro. Caro Parlamento” è un documentario sui giovani e il lavoro in Italia, con interviste a 158 cittadini italiani, d’età compresa tra i 20 e i 40 anni e che si sviluppa in un arco narrativo di 9 differenti capitoli, presentati sotto forma di favole. I testi delle favole sono in realtà gli articoli della Costituzione che parlano di lavoro, seguono poi brani delle interviste dei giovani che, ripresi sempre e solo in primissimo piano, dicono senza riserve cosa pensano delle istituzioni, descrivono la difficile situazione economica e lavorativa in cui versano, rivelano i propri umori, ragionano su un futuro lavorativo sempre più incerto. E nonostante, loro si, abbiano tutti motivo di somatizzazione, l’orticaria non la presentano.

  Carlo Di Stanislao

Una risposta a “L’orticaria da precariato”

  1. Roberto Di Giuseppe ha detto:

    Egregio signor Carlo Di Stanislao, desidero informarla che l’attuale leader degli “statali” come li chiama lei, non è più Carlo Podda, bensì Rossana Dettori. Dato si che tale passaggio di rappresentanza è il risultato di un’intensa e vivace battaglia congressuale, trovo opportuno che esso venga adeguatamente, nonchè correttamente, rappresentato. Tanto la sua affermazione quanto la sua omissione, non sono atteggiamenti neutri e costituiscono parametro per la qualità del vostro metro di informazione.
    Saluti.

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