Nichi piace ad Obama

Lunedì scorso l’ambasciatore statunitense in Italia, David Thorne, ha incontrato Vendola nella sua residenza di Villa Taverna a Roma. È stato proprio Thorne, nominato da Barak Obama e vicino all’ex candidato democratico John Kerry, a chiedere di poter incontrare il governatore pugliese. Il motivo risiede in una circostanza precisa. L’ambasciatore è rimasto colpito dagli strumenti […]

Lunedì scorso l’ambasciatore statunitense in Italia, David Thorne, ha incontrato Vendola nella sua residenza di Villa Taverna a Roma. È stato proprio Thorne, nominato da Barak Obama e vicino all’ex candidato democratico John Kerry, a chiedere di poter incontrare il governatore pugliese. Il motivo risiede in una circostanza precisa. L’ambasciatore è rimasto colpito dagli strumenti utilizzati da Vendola nel corso della campagna elettorale: posta elettronica, Internet, video-messaggi, mobilitazione di volontari. Non diversa da quello che è riuscito a realizzare Obama negli Usa. Chissà se mister Thorne conosce la frase con cui D’Alema, pensando a Vendola e al suo movimentismo sulla scena politica nazionale, ha chiarito che “il centrosinistra non ha bisogno di un Obama bianco”. Ad ogni modo, tra Thorne e Vendola si è instaurato un buon rapporto. L’ambasciatore sarà in vacanza in Puglia e nel corso del soggiorno è possibile siano avviate iniziative istituzionali. E’ finito il tempo dei candidati che tendono al leggendario centro, al moderatismo, ai colori pastello (e in definitiva al nulla). Nel terzo millennio e nel tempo di internet, vincono le storie, o – come direbbe Vendola – “le narrazioni”. La storia di Vendola, figlio della Puglia, omosessuale, diverso, comunista, nato come dice lui “con le pezze al culo” e asceso alla leadership, è una storia in cui si può riconoscere anche una parte di elettorato di centrodestra (o liberal, ma all’americana);  una storia che abbatte le ideologie malgrado la radicalità che esprime. E, credo, agli uomini vicini ad Obama, piace anche la coerenza di Vendola, che non non è nato estremista per finire moderato, non ha contratto la malattia fatale di tanti post-comunisti italiani. L’apprezzamento dell’amministrazione USA, il boicottaggio del Pd e la reale la mobilitazione della gente, dovrebbero consigliare ad alcuni che far risorgere il centrosinistra soffocato dalla burocrazia ci vogliono uomini di questo tipo, capace di analisi lucide come quelle del marzo dello scorso anno, quando andò a Berlino per incontrare Lothar Bisky, leader della Linke e vaticinò: “In tutta Europa la sinistra è in movimento e francamente è preoccupante l`idea che il tema del confronto a sinistra sia l`ancoraggio a una sigla e non a una realtà come quella europea dove dalla Carinzia alla Sardegna vince la destra. Noi proveremo a fare la lista unitaria fino all`ultimo minuto utile, sapendo che abbiamo interlocutori con la testa dura. Certo, chi risponde inseguendo uno 0,2% in più allora non ha nessuna voglia di affrontare i nodi strutturali di una crisi e di una sconfitta drammatiche”.

Carlo Di Stanislao

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