Il voto di Di Pietro, l’ attendismo di Bersani-Berlusconi, le critiche di Pisanu e lo jus di Fini

Per Di Pietro, ieri sera a 8½ su La7, prima si vota, meglio è, poiché “c’è una maggioranza che è stata eletta e che non riesce più a governare”. Intanto il segretario del Pd Pier Luigi Bersani boccia la proposta del leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, di un governo di responsabilità nazionale ed intende lavorare […]

Per Di Pietro, ieri sera a 8½ su La7, prima si vota, meglio è, poiché “c’è una maggioranza che è stata eletta e che non riesce più a governare”. Intanto il segretario del Pd Pier Luigi Bersani boccia la proposta del leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, di un governo di responsabilità nazionale ed intende lavorare (con l’augurio di farlo presto e bene da parte dello stesso Di Pietro), per costruire una sensata alternativa. Fa eco a Casini, invece, Francesco Rutelli, ex Pd ora leader dell’Api, che si schiera con lui ed afferma: quello che dice oggi l’ho scritto un anno fa nel mio libro. Sono stato preso per matto. Aspetto ancora qualche mese per essere preso sul serio”. Berlusconi, pare, faccia spallucce alle frasi di Di Pietro e di Casini ed affermi, circa quest’ultimo, che non ci vede nessuna novità rispetto al solito vecchio modo di fare politica degli ex democristiani. Per Berlusconi, l’impegno assunto con gli elettori impone che il governo finisca la legislatura. “Porteremo a termine il mandato ricevuto”, assicura il fedele portavoce,Paolo Bonaiuti. Il premier ieri a cena con alcuni imprenditori a palazzo Grazioli ha detto (secondo Adnkronos): ”Non c’è una nuova Tangentopoli” e quanto sta accadendo è solo il frutto di vicende tutte da dimostrare che riguardano il comportamento di singoli e che non avranno ripercussioni sulla tenuta dell’esecutivo. Ma intanto Di Pietro rincara la dose in una intervista, sempre ieri, su Repubblica, dove afferma, circa la decisione di Scajola di disertare la convocazione dei magistrati di Perugia, affermando che: “non c´e’ altra spiegazione,  se Scajola non si presenta di fronte ai pm di Perugia e questi non lo mandano a prendere vuol dire che non e’ stato chiamato da persona informata dei fatti, ma da indagato”. E, sulle dimissioni di Scajola il leader Idv afferma: ”dico che si e’ comportato meglio di Berlusconi che e’ cento volte piu’ inguaiato di lui e sta li’ a fare il bello e il cattivo tempo. Quello delle dimissioni e’ un passo doveroso che comunque gli dobbiamo riconoscere di avere fatto. Ora deve dare delle giustificazioni e per questo ha fatto bene ad affidarsi agli avvocati. Spero pero’ che scelga la strada di difendersi nel processo anziche’ dal processo. Che poi e’ l’unico modo che ha per uscirne con la dignita’ intatta. Mica come Berlusconi che il novanta per cento delle cose le fa da Palazzo Grazioli o da Arcore che non sono certo la sede del governo. E infatti le riunioni sono sempre piu’ dedicate a mettere insieme i cocci della coalizione o a raffazzonare difese, come il lodo costituzionale. Da un momento all’altro  puo’ succedere di tutto”. Come ultima nota che getta una luce critica sui presunti successi di questo Governo, le dichiarazioni di Pisanu sui successi di Maroni e la retorica della Lega. “Il partito di Bossi e’ sempre molto abile nell’enfatizzare i problemi e nel dare risalto alle proprie posizioni, fino a proporsi come partito egemone, senza curarsi troppo della realta’ dei fatti”. E’ la premessa con cui il presidente della commissione Antimafia Giuseppe Pisanu ridimensiona un risultato, ottenuto con il ministro Roberto Maroni alla guida del Viminale, di cui la Lega Nord va fiera: la diminuzioni degli ingressi illegali in Italia. “Si fanno passare per blocco dell’immigrazione clandestina -spiega Pisanu in un’intervista al ‘Sole 24 Ore’- la drastica riduzione degli sbarchi, che rappresentano solo il 5-10% dell’immigrazione clandestina, tant’e’ che lo stesso Maroni riconosce che gli immigrati sono aumentati di 500mila unita’ solo nell’ultimo anno”. E rincara la dose Gianfranco Fini, nella sua lectio magistralis di ieri, alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pisa, affermando: “Se auspichiamo che la politica italiana sia con la “P” maiuscola, cioè proiettata al futuro, dobbiamo impegnarci per limitare il tasso di provincialismo” perché spesso “discutiamo di cittadinanza come se fosse una questione tipicamente italiana. In realtà riguarda tutte le democrazie liberali”. Quindi, ha continuato Fini, “discutiamone dismettendo la scimitarra della propaganda e cercando di capire cosa c’è dietro”. “In Italia – ha spiegato- la legge sulla cittadinanza, che ha il suo cardine nello jus sanguinis, integrato da residuali ipotesi di jus soli e che attribuisce una preminenza alla volontà della persona rispetto alle situazioni di fatto, necessita, a mio avviso, di essere rivista per favorire pienamente un percorso di integrazione che, al di là di elementi solo formali, come il mero trascorrere un certo periodo di tempo, che considero un approccio riduttivo e miope, testimoni la volontà concreta dell’immigrato di partecipare al destino comune che lega tutti i componenti della società politica di cui entra a far parte”. Non siamo, com’è noto, della parte politica né di Fini né di Di Pietro, ma oggi ci piacciono come il motto il motto di Robin Hood, tornato in auge con l’apertura del 63° Festival di Cannes ed il kolossal di Ridley Scott:  “ribellarsi e ribellarsi ancora, finche gli agnelli non diventeranno leoni”. Per trasformaci presto in leoni attivi e non pecore prone, miti ed attendiste, consiglio una serie di letture:  Senz’anima Italia, di Massimo Fini; Ad personam di Marco Travaglio; capitalismo di rapina di Paolo Biondini e Antonella Mascali; Questo è il paese che non amo di Antonio Pascale Pane e bugie di Dario Bressanini e, infine, Giovani e belli di Concetto Vecchio.

Carlo Di Stanislao

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