Nasca: i disegni del terremoto

“Perse tutte le illusioni, le cerco” Giorgio Almirante La pampa di Nasca è una pianura color rosso-bruno, coperta di ciottoli e schegge di pietra, nel Perù meridionale, famosa per strani disegni che compongono figure con senso compiuto, solo se viste dal cielo. Si ritiene che i geoglifi siano stati tracciati durante la fioritura della Civiltà […]

“Perse tutte le illusioni, le cerco”
Giorgio Almirante

La pampa di Nasca è una pianura color rosso-bruno, coperta di ciottoli e schegge di pietra, nel Perù meridionale, famosa per strani disegni che compongono figure con senso compiuto, solo se viste dal cielo. Si ritiene che i geoglifi siano stati tracciati durante la fioritura della Civiltà Nazca, tra il 300 a.C. ed il 500 d.C. da parte della popolazione che abitava la zona.

Tale civiltà  fece la sua apparizione nell’epoca preincaica,  nella Provincia di Nazca (regione di Ica, Perù), sulle sponde del fiume Aja, dove venne edificata la capitale Cahuachi. La civiltà nacque nel I sec. d.C. e decadde nel VI sec. d.C  I geoglifi  sono linee tracciate rimuovendo le pietre contenenti ossidi di ferro dalla superficie del deserto, lasciando così un contrasto con il pietrisco sottostante, più chiaro e sono stati oggetto di innumerevoli  interpretazioni che hanno spaziato dal calendario astronomico, alla raffigurazione di costellazioni celesti, per arrivare alle piste di atterraggio per visitatori extraterrestri.
Il Centro studi e ricerche archeologiche precolombiane di Brescia, diretto da Giuseppe Orefici, impegnato dal 1983 in un progetto quinquennale di scavi nell’area di Nasca ne ha dato, invece, una interpretazione più scientifica e sociale. Tali disegni traccerebbero spazi e percorsi sacri di vari momenti rituali, in cui personaggi mascherati eseguivano danze e cerimonie per invocare gli dei della pioggia, così come attestato presso diverse antiche culture pre-colombiane e anche tra i Pellerossa nordamericani fino all’epoca moderna. Non tutti i geoglifi, invero,  rispondono a questa interpretazione (per alcuni gruppi dl linee è stata accertata la funzione calendariale),  ma indubbiamente questa ipotesi sembra meglio correlabile alle caratteristiche culturali e alle esigenze vitali delle tribù che li realizzarono, di quanto non lo siano altre ipotesi finora avanzate. Durante l’indagine archeologica le diverse fasi stilistiche individuate nei geoglifi hanno trovato corrispondenze con le immagini dipinte sulla cera- mica e con gli eventi climatici (alluvioni e periodi di crescente desertificazione), chiaramente riscontrabili negli scavi effettuati dalla missione italiana. Di diversa opinione la maggiore studiosa riconosciuta (nel 1993 ricevette la Gran Croce dell’Ordine del Sole, massima onorificenza governativa e nel 1994 divenne cittadina peruviana), la matematica, geografa e linguista tedesca Maria Reiche, secondo la quale le linee erano calendari solari e lunari e dal momento che le linee possono essere osservate nella loro interezza solo dall’alto, presuppongono che gli antichi Nazca fossero in grado di volare, magari usando degli aquiloni.
Tale teoria è contenuta nel celebre libro The Mystery of the Desert (Il mistero del deserto), i cui proventi di vendita furono utilizzati dall’autrice per promuovere la conservazione dell’area, per assumere assistenti e guardie e per la costruzione di una torre, che permettesse ai visitatori la visone della maggior parte delle “linee” senza dover accedere all’area ristretta. L’idea della studiosa, confermava quella di Pedro Cieza de León, cronista spagnolo del XVI secolo che si occupò della storia del Perù e descrisse per primo tali linee nel 1547. Più azzardata l’ipotesi dello zoologo Tony Morrison, che studiò le linee con Gerald Hawkins e nel libro Pathways to the Gods, sosteneva che erano vestigia di una antica civiltà, molto evoluta e, forse, di origine non terrestre. Citando un brano del magistrato spagnolo Luis de Monzon del 1586, Morrison riteneva di aver individuato la chiave per spiegare il mistero delle linee di Nazca: il leggendario eroe-maestro Viracocha, noto anche come Quetzalcoatl e Kontiki, il cui ritorno era ancora atteso al momento dello sbarco di Cortés.
Gli “antichi indios” disegnarono figure poiché pensavano che Viracocha sarebbe tornato scendendo dal cielo ed i disegni rappresentavano dunque dei segnali per favorirne l’atterraggio. Anche la storica peruviana Maria Rostworowski de Diez Canseco studiò le linee interpretandole come luogo di segnalazione al dio Viracocha. Secondo la Rostworowski ad ogni figura corrisponderebbe un clan (ayllu) degli adoratori di Viracocha, che avrebbero disegnato le linee per segnalare al proprio dio il luogo dove essi si trovavano quando egli sarebbe ritornato. Certamente la verità sui disegni di Nasca (con linee rettilinee, ma anche alligatori, ragni, balene, astronauti, conchiglie, ali, cani e condor) non è stata ancora svelato, come anche mancano dati circa l’antica civiltà che li ha tracciati. A partire dal 500 avanti cristo, il popolo Nasca occupò per mille anni un territorio, in gran parte desertico, che va dal mare alle montagne, da Cañete, a nord, fino ad Arequipa, a sud. Migliaia di chilometri quadrati. I caparbi studi di Orifici, dopo un ventennio, hanno rivelato che, nel 350 d. C., 350 avanti Cristo. Cahuachi la capitale religiosa del popolo Nazca, fu distrutta da un pauroso sisma: un evento che segnò la storia di questo popolo. Le forze della natura avevano sconfitto gli dei, che non erano stati in grado di opporsi alla devastazione. Accadde allora qualcosa di unico: l’antica capitale religiosa dei Nasca fu sepolta come fosse un’entità. Sigillata: ricoperta con le sue macerie, con i mattoni crudi di scarto, con milioni di tonnellate di materiale con cui era stata costruita, forse più di 100 anni prima. E fu allora che furono disegnati e geoglifi: solchi impressi sul terreno come  tragitti sacri, che il popolo percorreva nel corso di cerimonie rituali e che si riferivano soprattutto ai miti della fertilità, dell’abbondanza e per pacifare la terra che li aveva traditi. Pertanto, secondo lo studioso, solo nella fase più arcaica le linee dei geoglifi venivano scavate sulle pareti discendenti delle colline in modo da poter essere viste da lontano. Quelli più imponenti, del condor e del colibrì, della scimmia a nove dita, del ragno e dell’orca, sono di prima del terremoto, mentre, poi, le figure sono più geometriche e più lineari.
Dopo il terremoto, infatti, avviene un cambiamento, drastico, radicale. Sconvolti dalla catastrofe, i capi religiosi entrano in crisi ed imposero i segni completamente diversi, per la  costruzione di  spazi chiusi, trapezoidali, rettangolari, luoghi sicuri dove riunirsi, dopo la perdita della inviolabile sacralità del luogo. Chissà, fra CASE, MAP e MUR, quali linee resteranno, per la curiosità dei futuri studiosi, in questi luoghi, attraversati dal terremoto e chissà quali fantasie vi coglieranno le future generazione, pronte a confondere alcuni nomi (Berlusconi, Bertolaso, ecc.), come reinterpretazioni di antichi e salvici “Viracocha” locali.

Carlo Di Stanislao

Letture consigliate

–         AAVV: Perù, Ed. Touring Club, Roma, 1996.

–         Cavatrunci C.,  Longhena M., Orefici G.: Il Perù degli Inca e delle altre civiltà andine, ed. Magnus, Roma, 2005.

–         Laurencich Minelli L.: Perù precolombiano, Ed. Esculpio, Bologna, 1980.

–         Longhena M.,   Alva W.: Antico Perù. Storia e cultura degli Inca e di altre civiltà indiane, Ed. White Star, Vicenza,  1999.

–         Orefici G.: Nazca. Arte e società del popolo dei geoglifi, Ed. Jaca Book, Milano, 1993.

Una risposta a “Nasca: i disegni del terremoto”

  1. Alessio ha detto:

    Sono profondamente convinto che i geoglifi, siano una parte importante della storia dell’umanità e che esprimano qualcosa di profondamente diverso dal significato “artistico” che gli si attribuisce, probabilmente si tratta di un linguaggio simvolico che va decifrato; comunque in linea generale dato che la tecnica “geoglifica e/o petroglifica” sembra essere retaggio di molte civiltà sparse per il globo, potrebbe essere una ulteriore indicazione che in tempi remoti vi fosse già una civiltà globale, se non uguale alla odierna, ma sicuramente assai simile.

    Mi permetto di segnalare quelti link;
    http://phoo34.wordpress.com/2012/08/24/i-geoglifi-del-sinai-ia-parte/
    http://phoo34.wordpress.com/2012/08/24/i-geoglifi-del-sinai-iia-parte/
    http://phoo34.wordpress.com/2012/08/24/i-geoglifi-del-sinai-iiia-parte/

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