Dalla periferia pulsa un gran cuore

Dopo gli applausi (più alle intenzioni che alla qualità del prodotto) a Sabina Guzzanti per il suo Draquila, ieri c’è stata una grande accoglienza per La nosta vita, di Daniele Lucchetti, unico film italiano presentato in concorso al Festival di Cannes 2010. Un film duro, che riporta sul grande schermo il proletariato, incorniciato in una […]

Dopo gli applausi (più alle intenzioni che alla qualità del prodotto) a Sabina Guzzanti per il suo Draquila, ieri c’è stata una grande accoglienza per La nosta vita, di Daniele Lucchetti, unico film italiano presentato in concorso al Festival di Cannes 2010. Un film duro, che riporta sul grande schermo il proletariato, incorniciato in una periferia romana dalla reminiscenze pasoliniane, con una magistrale prova di Elio Germano ed una regia pulita ed ispirata di Daniele Lucchetti. Il film è la drammatica storia di un ragazzo che è diventato padre ed uomo troppo presto, un personaggio opposto a quelli mucciniani, senza né spalle coperte, né la struttura intellettuale per affrontare una tragedia imprevista. Quello che però ha (e manca nei personaggi di Muccino) è un gran cuore. Ribelle di natura, si accanisce contro la sorte che lo ha colpito, fino a giocare sporco per poter dare ai figli tutto quello che lui non ha avuto: abiti, vacanze e soldi. Sarà costretto a redarguirsi ed accettare il suo destino a pochi metri dall’abisso. Lucchetti, a Cannes per la seconda volta dopo “Il Portaborse” del 1991, era in sala in  compagnia degli interpreti: oltre a  Elio Germano, Isabella Ragonese, Raoul Bova, Stefania Montorsi, Luca Zingaretti e  assieme ai  due sceneggiatori, Stefano Petraglia e Sandro Rulli. Sempre ieri sulla croisette anche il regista Doug Liman e Naomi Watts per la proiezione di Fair Game, thriller politico e unico film americano in concorso,  che racconta la storia vera di Valerie Plamem, moglie dell’ambasciatore del Gabon Joe Wilson (Sean Penn) ed agente CIA. Alla conferenza stampa assente Sean Penn, condannato a svolgere servizi umanitari a Tahiti,  per un’aggressione (l’ennessima nella sua turbolenta vita) ad un fotografo. E, sempre ieri, passato in concorso in extremis, appena due giorni prima della giornata inaugurale, Route Irish di Ken Loach, già vincitore nel 2006 (Il vento accarezza l’erba) e applauditissimo nel 2008 con Il mio amico Eric. Per questo ultimo film (chiuso molto in fretta) lo scenario è la strada del titolo, la Route Irish,  che collega l’aeroporto di Baghdad alla Green Zone, in Iraq. Il mercenario Fergus perde il proprio grande amico e collega Frankie, proprio lungo quella strada, considerata la più pericolosa al mondo. Decide di indagare e scoprire la verità dei fatti. Interpretato da Mark Womack, Andrea Lowe e John Bishop, il film (che comunque, sempre da quel che si legge in giro, non si risparmia ed è un forte atto d’accusa: e da Loach ce lo potevamo aspettare) sarà distribuito in Italia dalla Bim. L’anteprima su: http://www.cineblog.it/galleria/festival-di-cannes-2010-foto-da-route-irish-di-ken-loach/

Carlo Di Stanislao

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