Firmo, ritratto, poi ci ripenso

Cesare Battisti, ex esponente dei “Proletari armati per il comunismo” (PAC), che ha goduto di una lunga latitanza in giro per il mondo: Messico, Nicaragua, Francia, raggiunto lì una prima volta dalla giustizia italiana e che dopo un breve periodo di detenzione in un carcere parigino, ha riguadagnato la libertà, diventando uccel di bosco, fino […]

Cesare Battisti, ex esponente dei “Proletari armati per il comunismo” (PAC), che ha goduto di una lunga latitanza in giro per il mondo: Messico, Nicaragua, Francia, raggiunto lì una prima volta dalla giustizia italiana e che dopo un breve periodo di detenzione in un carcere parigino, ha riguadagnato la libertà, diventando uccel di bosco, fino a quando la nostra polizia lo ha rintracciato in Brasile, con nuovo arresto e nuova richiesta d’estradizione, accolta con molta riluttanza e fatica; avrebbe, fra i firmatari propugnatori della sua “libertà”, anche Roberto Saviano. La cosa si legge oggi su Il Tempo e l’elenco di coloro che sottoscrissero una campagna a sostegno della libertà del terrorista, fra cui appunto l’autore di “Gomorra”, si può leggere nel Libro “Gli amici di Battisti”, curato da Giuseppe Cruciani ed edito da Sprinter & Kupfer. Perché tanti intellettuali dalla parte di un terrorista pluriomicida? Probabilmente perché Cesare Battisti è diventato uno dell’establishment, di quel giro di radical chic che affondano le radici negli Anni ’70. Gente che continua a sostenere che i buoni sono loro e i cattivi i fedeli servitori dello lo Stato. Se poi tra i buoni qualcuno ha sparato e ucciso, pazienza. Sono compagni che sbagliano. Anche Erri De Luca lo sostiene ogni volta che affronta l’argomento ed è una cosa che ci spiace particolarmente, dal momento che De Luca è un autore che abbiamo caro. Dall’11 al 17 febbraio 2004 la rivista online Carmilla raccolse millecinquecento firme per un appello in sostegno di Cesare Battisti. In pochi mesi quelle firme diventarono duemiladuecento ed ancora oggi, poiché nessuno l’ha rimosse, si possono trovare sul web, a futura memoria e vergogna dei firmatari. Fra gli altri molti scrittori: Valerio Evangelisti; Giuseppe Genna (animatore di Carmilla con Evangelisti); Nanni Balestrini (classe 1935, uno che nel 1971 firmò il famoso appello su L’espresso contro il commissario Luigi Calabresi e continua in firme “vergognose” e, appunto, Roberto Saviano. Ma, pare, che Saviano, dopo 5 anni, abbia ritratto e richiesto di ritirarla quella firma, scrivendo (appunto nel 2009) una lettera alla rivista “Carmilla” (porta-bandiera dei pro-Battisti), chiedendo di essere cassato dall’appello, poiché la sua firma era “finita lì per chissà quali strade del web e alla fine di chissà quali discussioni di quel periodo”. Giuseppe Cruciani, che ha cercato di saperne di più, scrive oggi su “Il Tempo” che, a tal fine, ha contattato per telefono Saviano e ha avuto con lui uno scambio di mail, fra gennaio e febbraio scorsi. In una mail datata 31 gennaio, lo scrittore campano precisa di essersi accorto della firma solo dopo le notizie diffuse dalla stampa e che essa “era finita lì, tra le infinite richieste che come catene di Sant’Antonio arrivano nelle caselle email da amici e conoscenti a perorare le più diverse cause”. Se la prende con quei giornali che, dice, lo hanno coinvolto “in una vicenda in cui non c’entro nulla”, perché “neanche ero nato quando i PAC venivano fondati e andavano in giro ad ammazzare”. E conclude: “Il terrorismo di ogni colore mi ripugna. E le mafie che io studio e racconto sono ben altra cosa”. Tuttavia, al telefono con Cruciani, richiesto sulla estradizione di Battisti, è meno categorico e resta ambiguo, dichiarando: “La vicenda Battisti ha molte contraddizioni processuali e indubbie ambiguità. Va risolta attraverso il diritto”. Credo che, tutto sommato, sarà meglio che in futuro il buon Saviano si occupi solo di mafia. Con questo suo atteggiamento che, in un lustro, si è composto di “detti”, “disdetti” e “contraddetti”, ricorda, infatti, più il modo di Berlusconi che quello lineare di Napoletano, nel difendere i servitori dello stato e condannare, senza riserva, chi li uccide in nome di un diritto arbitrario, aprioristico e tutto da dimostrare. Fra cinque giorni, a Orvieto, riceverà dalla giuria, presieduta da Lilli Gruber, il premio Barzini, “per il suo impegno civile di documentata e personale testimonianza, in particolare sul fenomeno della camorra, raccontata nella sua complessità terribile, nella sua quotidianità e nell’intreccio perverso di economia e società”. Spero colga l’occasione per fare chiarezza dentro questo “pasticcio” e chiarire che lui non difende, in alcun modo, nessun tipo di terrorismo.

Carlo Di Stanislao

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