Week-end di lutto per l’immagine americana

Attore, regista, ma anche pittore di grande talento, con una visione originale e sempre intelligente del mondo e delle cose, tra i suoi lavori ci fu la cover del disco River Deep, Mountain High di Ike & Tina Turner e lo scorso, il regista e pittore Julian Schnabel, ne ha curato una personale, presso il […]

Attore, regista, ma anche pittore di grande talento, con una visione originale e sempre intelligente del mondo e delle cose, tra i suoi lavori ci fu la cover del disco River Deep, Mountain High di Ike & Tina Turner e lo scorso, il regista e pittore Julian Schnabel, ne ha curato una personale, presso il museo di arte contemporanea di Los Angeles. Dennis Hopper è morto sabato, all’età di 74 anni, dopo una vita di eccessi e sregolatezze. Celebre  autore ed interprete di “Easy Rider”, film-emblema, dal 1969, di una intera generazione, con la sua essenza anticonformista ha inaugurato quello spirito libero che ha creato la grande stagione neoholliwoodiana di trenta anni fa. Memorabile  la sua interpretazione, del fotoreporter pazzoide, che enunciava versi di Elliot, in “Apocalypse now” e, ancora, la sua demoniaca presenza nel lynchiano “Velluto blu” al fianco di Isabella Rossellini;  fino alla sua recente collaborazione nella serie televisiva “Crash“, in Italia sul canale digitale Rai4. Cento interpretazioni, quattro matrimoni, una vita sempre sul filo e al massimo, Dennis Hopper ha gloriosamente attraversato la storia del cinema, lasciando il suo segno ed influenzando molti grandi cineasti del periodo successivo. Un uomo che ha conosciuto e collaborato con i più grandi miti del cinema contemporaneo, da James Dean a Peter Fonda e Jack Nicholson, da Marlon Brando a John Wayne, da Nicholas Ray a Francis Ford Coppola,  passando per Roger Corman. Un uomo ruvido, che quegli stessi miti spesso riusciva a sfatarli con delle dichiarazioni lapidarie quanto emblematiche: James Dean era un “un altro lagnoso psicoanalizzato”; John Wayne “un pazzo, mi dava del comunista perché facevo film in cooperativa con la troupe. Ma che talento aveva”. Un giorno prima, venerdì 28, era morto Gary Cooleman, conosciuto da tutti come il simpatico “Arnold”, a soli 42 anni ed in seguito ad una rovinosa caduta nella sua casa di Salt Lake City, nello Utah. A differenza di Hopper, attivo e famoso fino all’ultimo, dopo il grande successo ottenuto tra il 1978 e il 1986 grazie alla serie tv, Gary Coleman non era più riuscito a ritagliarsi un posto in primo piano nel mondo della televisione, ma era comunque rimasto nei cuori di tantissimi ex adolescenti degli anni ’80 cresciuti seguendo le simpatiche avventure di Arnold e il fratello Willis.

Carlo Di Stanislao

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