Lavoratori italiani: Un popolo sull’orlo della crisi isterica

Precari e disoccupati alle prese con buffoni, corrotti, bamboccioni e figli di papà. “Siamo tutti figli di mamma”, citava un vecchio saggio dei tempi passati, oggi verrebbe da dire che a parte qualche eccezione, i lavoratori sembrano essere figli di nessuno! L’ormai conclamata crisi economica mondiale sta investendo ogni stato ed ogni popolo, ma per […]

Precari e disoccupati alle prese con buffoni, corrotti, bamboccioni e figli di papà.
“Siamo tutti figli di mamma”, citava un vecchio saggio dei tempi passati, oggi verrebbe da dire che a parte qualche eccezione, i lavoratori sembrano essere figli di nessuno! L’ormai conclamata crisi economica mondiale sta investendo ogni stato ed ogni popolo, ma per averne una misura adatta basta guardarsi intorno nelle nostre città e nelle nostre contrade italiane. La dilagante precarietà sta travolgendo interi nuclei familiari, investendo giovani e meno giovani, per non parlare poi della classe di precari per antonomasia, quelli fra i 30 e i 45 anni. Dagli anni ’90 in poi si è iniziato a riconcepire il fattore ‘lavoro’ sotto altri termini, il fatto è che allora non eravamo ancora pronti a comprendere ciò che sarebbe avvenuto da lì ad un ventennio. Infatti dalla metà di quegli anni si sono avvicendate al potere sempre più classi politiche che promettevano enormi numeri in termini di posti di lavoro ma si son guardate bene dal dire quali lavori avevano in serbo e con quali modalità. Facendo un’analisi delle condizioni lavorative odierne, vien fuori il dato che decenni di lotte sindacali e di conquiste dei diritti da parte della classe lavoratrice, non sono serviti a niente. Anche i sindacati stessi pare abbiano perso quella forza, quella combattività e quella determinazione che li avevano sempre contraddistinti, con il risultato che giovani rampanti ‘figli di papà’ bamboccioni a cui vien tramandato dai padri un mestiere di manager che non sanno come compiere se non con l’oppressione sistematica dei diritti umani dei loro lavoratori, buffoni che promettono carriere facili e fulminee e corrotti che per uno straccio d’impiego magari presso qualche supermercato a 700 euro al mese a fronte di 12 ore lavorative, si fanno pure pagare le mazzette e pretendono che i futuri impiegati siano raccomandati, a parte questo, in Italia va tutto bene; a detta di qualche sorridente detrattore dell’attuale governo, di lavoro ce n’è in abbondanza e magari è anche ben pagato. Del resto si sa: “Amor vincit omnia” . Sì, l’amore vince su tutto, il fatto è che chi deve campare, chi deve sopravvivere, chi non riesce ad avere una giusta collocazione sociale e lavorativa, sinceramente dell’amore se n’infischia, purtroppo suo malgrado non ha proprio il tempo di starci a pensare. Così chi non ha santi in paradiso deve continuare ad accontentarsi di niente o di poco più di niente e chi di santi ne ha più di qualcuno da pregare, servire e riverire, si sceglie i migliori impieghi. Se si volesse generare da tutta questa situazione, un’equazione matematica, si potrebbe dire che fra il lavoro e il non lavoro c’è il fattore ‘X’: “Il Precariato”! Essere precari significa lavorare ma anche non lavorare; se questo non è un fattore ‘X’?
Ma in analisi, il precario del nuovo millennio, ha delle precise caratteristiche e appartiene a qualunque strato sociale, cultura, religione, razza, ecc… Senza alcuna distinzione. Il lavoratore italiano precario è:
• Spesso un giovane fra i 20 e i 35 anni, ma altrettanto spesso il regime di precariato coinvolge anche generazioni più anziane, non è difficile infatti incontrare precari che abbiano superato i 40 anni
• Il precario nel 70% dei casi vive in famiglia, alle spalle di ‘mammà e papà’, l’altro 30% pur lavorando con impegno, vive di stenti
• Il lavoratore precario è un soggetto sociale con il minimo potere di acquisto e di scambio, non va in vacanza, si arrabatta in altri lavoretti massacranti e sempre mal pagati e la sua paga è paragonabile ad un collegiale che presta la sua opera di qua e di là per potersi pagare la vacanza dopo gli studi
• Il precario non acquista automobili, se non improbabili ‘seconde mano’ da rottamare
• Il precario non acquista cibi nei supermercati, bensì pur di sopravvivere si serve delle grandi catene di distribuzione alimentare dei discount, qualche volta mettendo anche a rischio la propria salute fisica pur di mangiare
• Non può ammalarsi perché nella migliore delle ipotesi rischia di perdere parte dei già esigui guadagni, ma nella peggiore rischia il licenziamento dal posto di lavoro
• Il precario spesso lavora nei call center, posti di lavoro in cui si è sempre mal pagati, presso cui si lavora per obiettivi, nei quali posti si promette il lavoro in team, ma in realtà si opera nella completa alienazione ed in molti casi vien preclusa al lavoratore la possibilità di interloquire, scambiarsi e confrontarsi con i propri colleghi di lavoro
• E’ tagliato fuori da ogni forma di consumo determinata dalla società consumistica, pertanto lui stesso non può apportare nessuna forma di ricchezza ad alcuna attività commerciale e ciò genera inevitabilmente ulteriore precariato e povertà
E’ dunque suo malgrado una specie di “Borderline”! Ma questi sono solo alcuni degli aspetti sociali che rappresenta un lavoratore precario, ovviamente ancor più marcati laddove il lavoratore è divenuto un disoccupato o non ha mai ottenuto un impiego decente per poter vivere. A questi aspetti puramente di statistica sociale, si aggiungono quelli sicuramente più importanti che fanno parte della sfera personale, come ad esempio le condizioni psico-fisiche in cui precari e disoccupati versano nel prolungarsi della situazione di non lavoro. Un essere umano senza un lavoro che gli permetta di fare dei progetti di vita, diviene inevitabilmente un depresso, un ansioso che spesso è costretto a rivolgersi presso il sistema sanitario nazionale, generando una maggiore spesa da parte dello stato. Costretto ad essere esente dai pagamenti tiket ospedalieri, impossibilitato ad avere una sana e soddisfacente vita sociale e ad avere un potere d’acquisto di beni primari e secondari, preclusa la vita di coppia e conseguentemente gli è negata la possibilità di metter su famiglia. I disoccupati e i precari inoltre sono quelle fasce di popolazione più sospinte a generare crimini di ogni tipo, ad alimentare le già nutrite fila di dipendenti da sostanze e da alcool nonché costretti a portare avanti un’esistenza ai margini della società senza possibilità alcuna di ricevere la dovuta dignità umana. Questi ultimi fattori oltre a rappresentare maggiori spese per il sistema sanitario, portano anche a maggiori esborsi economici da parte dello stato poiché inevitabilmente, soggetti fragili come questi prima o poi vanno a contribuire al riempimento delle ‘patrie galere’, con ulteriori spese economiche che lo stato – cioè tutti i lavoratori italiani, dipendenti ed indipendenti – devono supportare. Dinanzi a questa del resto semplice analisi sociale, diventano evidenti anche i motivi di tanta crisi economica. Infatti se da una parte è vero che un lavoratore messo in regola, che possa beneficiare di uno stipendio dignitoso e di una occupazione altrettanto dignitosa genera un costo per lo stato e per coloro che lo assumono, dall’altra è pur vero che socialmente un disoccupato e un precario costituiscono un tributo assai più pesante. Quindi diviene ovvio che un precario, un disoccupato e un non lavoratore, costano alla società molto di più di un lavoratore dignitoso. Infatti a questo punto appare falso il teorema secondo cui: “Non c’è lavoro perché c’è crisi”, al contrario verrebbe da pensare che: “C’è crisi perché non c’è lavoro”! O per dirla con maggiore incisività: “C’è la crisi perché non esiste la reale volontà di retribuire in termini di congruo tempo lavorativo e di altrettanto contributo economico, i lavoratori del nuovo millennio”. I motivi succitati spiegano a perfezione il teorema appena pronunciato. Tutto ciò rientra però non solo nell’esaminare con coscienza tutto il fenomeno sociale del precariato e della disoccupazione, ma purtroppo è parte anche di quello che in certi casi è il mancato beneficio di una coscienza personale. Il fatto è che l’attuale genia umana è carente di altruismo e di coscienza sociale e collettiva. Tutto diventa un’immane corsa al guadagno facile, copioso ed immediato e ciò discredita quella che dovrebbe essere la dignità dell’uomo civile. Ognuno mira a trattenere nelle proprie tasche quanto più denaro possibile, ogni individuo è portato a dover pensare di poter pagare 2 soldi per un servizio richiesto ma soprattutto questa immane fame di denaro la si denota da parte della classe politica e dirigenziale oltre che industriale e commerciale. In buona sostanza coloro che sono a capo di qualunque attività che potrebbe determinare dei posti di lavoro, altro non pensano che a sborsare il minimo costo a fronte del massimo rendimento. “MINIMO COSTO = MASSIMO RENDIMENTO”. Questa è l’equazione contro la quale la nuova coscienza civile, sociale ed umana dovrebbe combattere, poiché proprio questo modo di agire e di pensare è quello che porta ricchezze a pochi e povertà a tutti gli altri. Quindi l’attuale stato di cose nell’ambito del lavoro, non fa altro che creare quelle che sono già state definite “le nuove schiavitù” e fra queste esiste una delle realtà più discusse negli ultimi tempi: “I Call Center”. Infatti i call center sono per alcuni il primo trampolino di lancio nel mondo del lavoro, ma per altri diventano l’ultima spiaggia, l’ultima speranza a cui aggrapparsi per riuscire ad ottenere economicamente quella dignità e quella capacità di scambio e di acquisto che si è persa o che non si è mai avuta. Ma naturalmente dai call center in molte occasioni son venute fuori delle ‘voci’ di protesta che hanno riempito le cronache dei giornali, del web e dei media televisivi. Ultimamente in particolare, risalendo alla metà di maggio, è circolata una notizia sul web e sui giornali locali della Toscana, di un determinato call center in cui si prendevano appuntamenti per i rappresentanti di una ormai tristemente famosa azienda esportatrice di un altrettanto tristemente famoso aspirapolvere, già noti da anni e da molte persone per le modalità aggressive di acquisizione degli ordini e della gestione dei clienti. Nell’azienda in questione ha operato con ogni probabilità anche la scrittrice Michela Murgia, autrice del libro “Il mondo deve sapere, romanzo tragi-comico di una telefonista precaria” da cui fu liberamente ispirato il film “Tutta la vita davanti” dalla regia di Paolo Virzì con Isabella Ragonese, Massimo Ghini e Sabrina Ferilli, film interessante da vedere perché fa rendere perfettamente conto di quella che è la vita dei precari all’interno dei call center sui generis. Il fatto è che nonostante l’ennesima indagine da parte delle Forze dell’Ordine, presso gli uffici fiorentini di questa azienda e nonostante il sequestro di beni per un milione e mezzo di euro, tale azienda importatrice dagli USA, di un aspirapolvere pagato 350 euro e rivenduto a dieci volte il suo costo, continua a operare sul territorio con improbabili call center e reti di venditori. Probabilmente fino ad oggi ancora non si riesce a perseguire colui che è stato ed è tutt’ora il massimo dirigente di questa ditta d’importazione che pare abbia la sua sede principale a Roma. Il persistere di realtà commerciali di questo tipo sul nostro territorio, non fa altro che continuare ad impoverire il mercato del lavoro, rendendolo indignitoso e senza nessuno sbocco per il futuro, tutto ciò avviene nel quasi completo silenzio, determinato anche dall’omertà non solo di lavoratori impauriti ma anche di amministratori e politici che non hanno interesse a reagire allo stato di cose. La notizia del 12 maggio u.s. riguardante proprio l’ormai famosa ditta d’importazione di aspirapolvere dagli USA, riportata sia dal TG1 e visibile al link: http://www.youtube.com/watch?v=6LS4pJoa5Ts – non è altro che l’ennesima indagine scaturita da testimoni ex lavoratori di call center e venditori e porta alla luce aspetti piuttosto inquietanti. Dai media infatti si è appreso quanto segue: “Un Call center del terrore quello che dove a Firenze, i suoi lavoratori erano costretti a lavorare in condizioni da lager. Gli addetti al telefono, non solo venivano umiliati e trattati malissimo, ma venivano anche picchiati: un frustino sbattuto sulle gambe era la punizione per tutti quei telefonisti che sul posto di lavoro non si impegnavano abbastanza. Telefonisti costretti a stare al proprio posto, senza poter andare nemmeno in bagno se prima non avevano fatto un determinato numero di chiamate e trovato degli appuntamenti per mandare i venditori a presentare, casa per casa, le aspirapolvere. La situazione e’ venuta a galla perche’ alcuni ex telefonisti ed ex venditori hanno deciso di fare una denuncia alla Federconsumatori e alla Guardia di Finanza che ha aperto un’inchiesta che ha portato all’arresto di cinque persone, accusate ora di associazione a delinquere finalizzata alla frode in commercio e alla frode fiscale. I lavoratori, erano costretti a prendere contatti telefonici per poter mandare i venditori a casa della gente, a piazzare un’aspirapolvere pagato 350 euro, che invece veniva venduto a piu’ di 3500 euro, presentato come presidio medico chirurgico anti acaro. Ovviamente era tutto falso, e questi poveri telefonisti dovevano sopportare una situazione di schiavismo”. A questo punto viene il dubbio di chiedersi: “Chi è che protegge certe realtà? E’ uno stato di cose oppure ci sono delle connivenze da parte di personaggi importanti ed influenti”? Certo, poiché non è possibile accettare che nonostante tutte le denunce e nonostante tutti gli arresti e le indagini svolte fino ad oggi, attività commerciali, se così le si vogliono chiamare, continuino a operare indisturbate e a mietere vittime fra clienti e lavoratori. Ma la cosa più sconcertante è constatare che di realtà lavorative come questa è piena l’Italia e che comunque nella migliore delle ipotesi, quando non riducono il lavoratore alla schiavitù, lo rendono comunque un’infelice e perenne precario senza alcuna speranza di crescita professionale. Tutto questo non è ammissibile in una società civile ed è necessario ormai incoraggiare i lavoratori a denunciare instancabilmente le condizioni a cui vengono sottoposti ed esortare i sindacati a riprendersi seriamente cura della forza lavoro che attualmente in Italia viene letteralmente bruciata per i biechi ed abietti scopi di qualche arrivista senza scrupoli e senza coscienza. E’ consigliabile visionare alcuni video presenti su YouTube che riguardano la società d’importazione dell’aspirapolvere di cui venivano gestiti gli appuntamenti per i venditori dal call center di Firenze. Quelli che seguono sono video risalenti agli anni passati e che dimostrano che tale azienda è stata più volte sia smascherata e sia perseguita, ma come già detto, continua indisturbata a compiere scempi:

Video Striscia la notizia: http://www.youtube.com/watch?v=C2K48m9-Lo8
Video di Mi Manda Rai3: http://www.youtube.com/watch?v=PMLQrv2Gpqg
Testimonianza della madre di un venditore: http://www.youtube.com/watch?v=nsLgtAlo-mc

Carla Liberatore

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