Le delusioni per il Davide 2010

E’ passato un mese e non abbiamo scritto nulla sul più importante premio del cinema italiano: l’Oscar di Donatello, conclusosi il 7 maggio, con una serata dominata dalle polemiche (giuste) dei Centoautori, in lotta contro il Governo ed i tagli previsti ed imposti dal Ministro della Cultura Bondi, incredibilmente assente alla serata, al grido “Non […]

E’ passato un mese e non abbiamo scritto nulla sul più importante premio del cinema italiano: l’Oscar di Donatello, conclusosi il 7 maggio, con una serata dominata dalle polemiche (giuste) dei Centoautori, in lotta contro il Governo ed i tagli previsti ed imposti dal Ministro della Cultura Bondi, incredibilmente assente alla serata, al grido “Non chiediamo elemosine, difendiamo un diritto“;  ma anche con scelte in alcuni casi (per questo il lungo silenzio) almeno discutibili. D’accordo con il premio a “L’uomo che verrà” (miglior film) di Deritti, come pure quelli agli attori (Micaela Ramazzotti e Vittorio Mastrantrea) per La prima cosa bella e niente da dire su Ilaria Occhini migliore comprimaria per “Mine Vaganti”, ma molti dubbi su tutto il resto: il premio come regista a Belloccio per il noioso e confuso “Vincere”; a Daniele Ciprì (stesso film) per la fotografia (piatta e senza inventiva) e a Morricone (che pure adoro) per “Baaria” (il tema calpestato e trasvolto dai suoni, spesso tanto silenzioso da essere indecifrabile). Incredibile poi la sfilza di premi minori (forse di consolazione) a Marco Dentici, Sergio Balo, Franco Corradini, Alberta Giulian, Francesca Calvelli, Paola Trisoglio e Stefano Marinon per scenografia, costumi, trucco, acconciature ed effetti visivi del film di Belloccio e dubbio il premio a Valerio Mieli, miglior regista esordiente,  per “Dieci inverni”. Si potevano trovare film migliori de “Il Concerto” di Radu Mihaileanu per il Davide del Film migliore dell’Unione Europea e soluzioni meno scontate di “Bastardi senza Gloria” di Tarantino e “Bocca di Lupo” di Pietro Marcello, come migliore film straniero e documentario di lungometraggio. Quanto poi a “Passing Time” di Laura Bisturi, che si è aggiudicato il David per il cortometraggio, tanto valeva fare una selezione fra giovani cineasti in formazione in una qualsiasi accademia di cinematografia. Insomma sin’ora o taciuto, preoccupato di dover scrivere che oggi in Italia si fanno brutti film e si danno bruttissimi premi; ma dopo un mese di autocensura non c’è l’ho fatta ed ho sciolto le mani.

Carlo Di Stanislao

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