Frutta avvelenata ed Europa contro “Nutella”

Quasi la metà della frutta che arriva sulla nostra tavola presenta tracce di pesticidi, antiparassitari o altre sostanze chimiche. A rilevarlo il tradizionale Rapporto di Legambiente sui residui di fitofarmaci nei prodotti ortofrutticoli e nei derivati, elaborato sulla base dei dati delle Arpa regionali, delle Asl e dei laboratori zooprofilattici. Tra le verdure, i campioni […]

Quasi la metà della frutta che arriva sulla nostra tavola presenta tracce di pesticidi, antiparassitari o altre sostanze chimiche. A rilevarlo il tradizionale Rapporto di Legambiente sui residui di fitofarmaci nei prodotti ortofrutticoli e nei derivati, elaborato sulla base dei dati delle Arpa regionali, delle Asl e dei laboratori zooprofilattici. Tra le verdure, i campioni che all’analisi risultano privi di residui sono il 76,4% (erano l’82,9% nel 2009), mentre le irregolarità per tracce superiori alla norma o sostanze non autorizzate sono l’1,3% (0,8% lo scorso anno Per quanto concerne la frutta, invece, diminuiscono dal 2,3 all’1,2% i casi “fuorilegge” ma aumentano dal 43,9 al 48,4% i campioni contaminati da residui. E infine i prodotti derivati, come miele, pane o vino: mancanza di contaminazioni nel 77,7% dei casi (80,5% del 2009) e valori fuori norma nel 2,7%, novità assoluta di quest’anno perché finora tra i derivati non si erano registrate irregolarità. «Il Rapporto registra un lento ma graduale miglioramento rispetto agli anni passati» è il commento del presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza «tuttavia risulta ancora troppo alta la percentuale dei prodotti contaminati da uno o più tipi di pesticidi». Dal canto suo Coldiretti guarda la parte di bicchiere mezza piena: l’ortofrutta italiana rispetta i valori di legge nel 98,8% dei controlli. «Sono dati» si legge in una nota dell’associazione «che certificano il primato italiano nella qualità e sicurezza alimentare». Quanto alla “Nutella”, ha fatto scalpore la denuncia del gruppo Ferrero, produttore della celebre crema di cioccolato, sul prezzo che potrebbe pagare l’industria dolciaria se fosse approvato il progetto di regolamento comunitario in materia di etichette alimentari: se il Consiglio d’Europa ratificasse il voto del Parlamento di Strasburgo, per la Nutella si chiuderebbero le porte della pubblicità che è notoriamente l’anima del commercio. L’uscita ha provocato la sollevazione degli amanti del cioccolato spalmabile, subito affiancati da chi aveva già un dente avvelenato per precedenti originalità normative dell’Unione: «Il fatto che l’Unione europea ostacoli la Nutella dopo aver aperto al formaggio senza latte e al vino senza uva» ha commentato per esempio Coldiretti «è l’evidente dimostrazione di un comportamento contraddittorio che spesso mette in difficoltà i prodotti del Made in Italy». «Basta con questo eccesso di dirigismo europeo» ha rincarato il governatore del Piemonte Roberto Cota. Nel dibattito, tuttavia, si è registrata anche qualche voce a favore del regolamento europeo. Che – se approvato – non bandirà la Nutella o altri prodotti dolciari, ma li obbligherà soltanto a indicare nell’etichetta quanti grassi, grassi saturi, zuccheri, sale e calorie sono contenuti nel prodotto, più le linee guida sulle quantità giornaliere di prodotto indicate per 100 grammi in base ai profili nutrizionali approvati dall’Agenzia alimentare europea. «Noi non diciamo che un alimento è buono o cattivo» ha ricordato Frédéric Vincent, portavoce del Commissario europeo alla salute «vogliamo soltanto che le indicazioni di benefici nutrizionali e salutistici promesse dalla pubblicità o riportate sulle etichette dei prodotti alimentari siano provate scientificamente». In altri termini, alla Nutella non sarà vietata la pubblicità ma saranno soltanto vietati messaggi pubblicitari che trasmettano l’idea di un prodotto salutare. Come quelli che attualmente hanno per protagonista la Nutella. La norma che deve ora essere approvata anche dal Consiglio dei ministri dell’Ue,  per poi effettuare un secondo eventuale giro a Strasburgo, fissa una serie di criteri destinati a rendere più sicuro il consumo di prodotti alimentari. Fra le misure, l’obbligo di riportare sulla confezione – in etichetta e sulla faccia principale – le quantità di grassi, grassi saturi, glucidi, sale ed calorie contenute. Accanto a queste indicazioni verrà posta una tabella con le linee guida sulle quantità giornaliere che dovrebbero essere assunte da un adulto per ognuno di questi nutrienti, indicate per 100 grammi o 100 millilitri di prodotto. La buona notizia per il «made in Italy» è l’approvazione dell’emendamento che chiede di specificare la provenienza di tutti i tipi di carne e pollame, dei prodotti lattieri e di altri ingredienti singoli. Oggi l’obbligo di etichettatura d’origine nell’Ue riguarda solo manzo, miele, olio d’oliva, i prodotti della pesca e frutta e verdure fresche. Un un progresso che compensa appena, per le imprese, il guaio dell’emendamento 191 sulla pubblicità salutistica, vietata per i prodotti con più del 10% di zucchero, 4 grammi di grasso ogni cento e 2 mg di sodio, ma giova grandemente alla salute e alla scelte consapevoli del consumatore.

 Carlo Di Stanislao

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