Berlusconi, il semaforo “Napolitano” e la “mazziata” agli aquilani

In una nota dai toni accesi, che fa seguito alle ricostruzioni sulla vicenda comparse oggi sui quotidiani “Il Giornale” e “Il Fatto”, il Quirinale ha ribadito la sua estraneità alla proposta di legge costituzionale presentata dal Pd, dopo la bocciatura del cosiddetto Lodo Alfano da parte della Consulta. La presidenza della Repubblica ha fatto sapere […]

In una nota dai toni accesi, che fa seguito alle ricostruzioni sulla vicenda comparse oggi sui quotidiani “Il Giornale” e “Il Fatto”, il Quirinale ha ribadito la sua estraneità alla proposta di legge costituzionale presentata dal Pd, dopo la bocciatura del cosiddetto Lodo Alfano da parte della Consulta. La presidenza della Repubblica ha fatto sapere di essere “rigorosamente estranea” alle proposte in discussione in Parlamento su uno “scudo giudiziario” assicurato al capo dello Stato e anche al presidente del Consiglio e ai ministri. “Il presidente della Repubblica non ha nessun motivo, né personale né istituzionale, per sollecitare innovazioni alla normativa vigente, quale è sancita dalla Costituzione, sulle prerogative del Capo dello Stato”, dice la nota del Colle, che sottolinea la “gravità” degli articoli di stampa. L’articolo de “Il Fatto” uno dei due richiamati dalla nota, è del vicedirettore Alessandro Sallusti e comincia: “Che cosa avrà mai combinato di così grave e inconfessabile il presidente Giorgio Napolitano? A nostro avviso, nulla. Secondo il Pd, invece, l’inquilino del Colle potrebbe presto incappare in qualche problema giudiziario, tanto da chiedere una legge che lo protegga in modo tombale”. L’argomento è trattato dall’intera pagina 3, dove prosegue l’articolo di Sallusti e dove un altro articolo di taglio basso titola: “Il Pd smascherato ritira subito il superscudo per il presidente”. Il Quirinale è furioso, inviperito, irritato quanto mai, proprio mentre Gianni Letta opera verso un ammorbidimento. Intanto il cavaliere, resosi conto del’indifendibilità di una legge, ora intende cambiare strategia e trarne qualche vantaggio, dopo aver incassato la prima sconfitta su Brancher ed aver perso la faccia, sull’intera vicend, a anche sulla stampa internazionale. Secondo gli osservatori più acuti ed informati, Berlusconi vede ora in Napolitano una figura di grande, immenso potere e non solo di veto, ma pure di alto patronato politico. Il Quirinale, per Berlusconi, è come un magico semaforo: disco rosso e tutto si ferma, disco verde e l’ingorgo sparisce. Ciò che non sa il Cavaliere è che Napolitano, da buon partenopeo, sa che i semafori non risolvono gli ingorghi e, anzi, spesso ne creano e sa anche che non sempre chi ti si mostra amico lo è per davvero. Non è caduto nella trappola dello “scudo” allargato a lui e, anzi, ne ha approfittato per dire che è stanco di essere continuamente strattonato. Il Capo dello Stato è fermissimo e non intende fornire al premier alcun suggerimento che l’esporrebbe all’accusa di aver negoziato modifiche con il governo ed anzi ha inteso ribadire che sul disegno di legge che è in discussione da maggio e per il quale servono due letture al Senato e due alla Camera, lui, come Fini e la Corte Costituzionale, resta e vuole restare una incognita e non un semaforo controllabile. Ed è anche un altro il problema di Berlusconi, forse anche più urgente ed immediato, la madre di tutti i suoi problemi, quello del dissidio interno al partito; un problema spinoso, che invece di districarsi, si annoda strettamente, ogni giorno di più, come un nodo scorsoio. Durante l’improvviso summit serale di ieri a Palazzo Grazioli (dopo una visitina a Parma per una tendinite e prima di una passeggiatina rilassante alla’Ikea), con tutti i gerarchi, tranne gli ex An Gasparri e La Russa (che si sono dichiarati mortalmente offesi per la mancata convocazione), ha tirato le orecchie a Frattini (non troppo forte, data la tendinite di cui dicevamo), promotore di una corrente interna (LiberaMente) insieme con la Gelmini, responsabile di un frazionamento che autorizza, di fatto, i finiani a fare altrettanto. Il Pdl “è nato”, recita una nota riportata da La Stampa, “per sconfiggere la vecchia partitocrazia e la vecchia logica delle correnti”, ma ha ragione Ugo Magri quando, allora, dopo quanto accaduto, c si pone la domanda del perchè lasciare fuori due ex di An e convocare solo i “duri e puri di Forza Italia”, temendo che gli ex amici di Fini ora siano in fase avanzata di trattativa con l’ala dissidente del partito. I nemici del Cavaliere fanno festa e Bocchino dichiara: “visto come ha trattato quei due, chi ci volesse tradire sa già di quale moneta verrà ripagato”, ma anche in questo caso occorre una certa prudenza e saggezza da napoletani. Silvio Berlusconi non è uno sprovveduto e non siamo come nel ’94, in cui Bossi lo rimandò a casa, con un colpo secco ed improvviso. Il Cavaliere è deciso a far sentire la sua voce, vuole serrare i ranghi per preparare al meglio la resa dei conti con i più fedeli centurioni al suo fianco : Bondi e Verdini, Cicchitto e Quagliariello. Domani sarà previsto l’inizio del confronto nell’Aula del Senato della manovra e sempre domani, dopo le proteste degli enti locali, il ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto ha convocato la Conferenza unificata Stato-Regioni alla quale parteciperà anche il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Domani Berlusconi valuterà la tenuta sua e della sua squadra e solo domani sapremo se davvero la sua leadersheap è in dirittura d’arrivo. Certo il modo con cui si sta comportando rivela una certa tensione, ma è troppo presto per poter dire che per lui già si intravede un pensionamento. Certamente, come titola il Finantial Times, egli è entrato “in acque pericolose”, ma sappiamo quale astuto lupo di mare lui si sia dimostrato in tante circostanze. La situazione di oggi nel Pdl e nel governo è quella che raccogliamo dalle agenzie di stampa, sulla manifestazione degli aquilani in corso a Roma. Blindati di carabinieri a bloccare via del Corso, tafferugli e spintoni, arrivo, infine, di fronte al Parlamento, in un’atmosfera da bolgia infernale, con manifestanti che corrono gridando “vergogna, vergogna” mentre polizia, carabinieri e guardia di finanza tentano di arginarli. Ma soprattutto, con la ridicola nota del Governo per spiegare che la manifestazione dei terremotati è stata bloccata in Via del Corso “perché in Piazza del Parlamento c’è già una manifestazione di disabili e quindi la piazza era occupata” e con l’Italia intera che, ancora una volta, se la beve. Noi continuiamo a riconoscerci nel motto “Forti e Gentili, ma non fessi”, ma “il Caimano” ed i suoi sanno che ciò che è più importa è riuscire a “fare “fessi tutti gli altri. Al corteo romano, che fa seguito alla mobilitazione del 16 giugno a L’Aquila e il consiglio comunale aperto in piazza Navona a Roma il 24 giugno, hanno aderito enti culturali, associazioni, istituzioni, sindacati, partiti e anche aziende aquilane. Eppure le ammiraglie del signor Primo Ministro, diranno che solo pochi facinorosi sono giunti a Roma con lo scopo di creare dissidio e confusione; oppure (come è già accaduto), non diranno nulla. La manifestazione non vuole rappresentare, una generica protesta di un gruppo o di una parte, ma le istanze di tutto il territorio colpito dal sisma, nelle sue diverse articolazioni politiche, sociali e territoriali; ma sarà fatta passare per la solita strumentalizzazione della sinistra. Le richieste che sindaci e cittadini abruzzesi indirizzano a governo e parlamento sono chiare: sospensione di tasse e tributi per tutti i cittadini, congelamento dei mutui e una serie di misure di sostegno all’occupazione e all’economia, da inquadrarsi in una legge che preveda procedure efficaci per la ricostruzione e finanziamenti certi; ma diranno che non si capiscono richieste su cose che sono già state assegnate. Sarà anche alla deriva Berlusconi, ma è indubbio che sa manovrare e che è capacissimo di cambiare le carte in tavola e passare da carnefice e responsabile, a vittima, agli occhi della più parte degli italiani. Berlusconi sa a memoria e soprattutto sa impiegare l’informazione mediatica per influenzare le masse. Egli sa, come il Kane di Orson Wells, che chi detiene (come lui) il monopolio della informazione è in grado di influenzare l’opinione pubblica e di agire nei confronti della società come un moderno tiranno. Egli ha letto ed imparato “Cuore di tenebra” di Conrad e “Dopo molte estati” di Huxley, sa dosare sorrisi e durezze, carezze e pugni, in una visione sempre edulcorata della realtà, ma che appare più autentica del vero. Come il Kurtz di Coppola (in Apocalypse now) o quello di Conrad, Berlusconi non si interroga ormai più sui fini del suo agire (e quindi coerentemente non ammette di poter essere giudicato), ma si limita ad usare la sua onnipotenza per perseguire con qualunque mezzo i fini che ha deciso di perseguire. In lui emerge il nocciolo, ed anzi egli è il più fiero prodotto, di una società la cui cultura è basata sulla pura volontà di potenza, che trascina verso un assoluto desiderio di dominio su tutto, senza neppure sapere perché. Egli è davvero la rutilante ed orrenda maschera di questi tempi, tutto concentrato ad ordire un gioco delle apparenze che serve solo a perpetuare la volontà di potenza, unico vero tratto distintivo della cultura occidentale moderna, di cui è figlio e prodotto finale, a prescindere dalle diverse “maschere ideologiche” di cui si veste.

Carlo Di Stanislao

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