Una cena indigesta

La cena di giovedì sera a casa Vespa, con vista mozzafiato su Trinità dei Monti, menù semplice ed appetitoso (spaghetti alle vongole, filetto di spigola e caprese, con Greco di Tufo ad annaffiare il tutto) ed ospiti super selezionati (Berlusconi, Casini, Draghi, Geronzi e il cardinal Bertone), è rimasta sullo stomaco alla Lega, anche se […]

La cena di giovedì sera a casa Vespa, con vista mozzafiato su Trinità dei Monti, menù semplice ed appetitoso (spaghetti alle vongole, filetto di spigola e caprese, con Greco di Tufo ad annaffiare il tutto) ed ospiti super selezionati (Berlusconi, Casini, Draghi, Geronzi e il cardinal Bertone), è rimasta sullo stomaco alla Lega, anche se non ne ha ingoiato un solo boccone. Il primo a commentare è stato Maroni che ha detto: “Sono manovre di stampo romanesco che mi ricordano l’epoca del ’92 e del ’93, quando tutto si decideva in qualche salotto romano” ed aggiunto secco: “o noi o l’Udc, siamo alternativi” Poi, dopo aver etichettato come “fantapolitica” qualsiasi ipotesi di governo istituzionale, avverte perentorio: “se cade Berlusconi, si va al voto”. Poco dopo interviene anche Bossi che conferma nei contenuti e nei toni già che aveva dichiarato il ministro leghista. Ma nella maggioranza non tutti la pensano come la Lega. È uno dei coordinatori Pdl, Ignazio La Russa, a venire allo scoperto: “Al Carroccio dico “mai dire mai” e ricordo che una collaborazione al governo tra Lega e Udc c’è già stata. Dunque il problema non è tanto lo stare insieme ma il come ci sia arriva”. Infine, “l’importante è che si tratti di un governo autosufficiente” è la teoria dell’ex colonnello di An, ora parre in rotta con il nuovo capo.  D’altra parte la sponda centrista di Casini non dispiace anche all’area finiana del Pdl. “Il coinvolgimento dell’Udc può essere utile all’azione riformatrice del governo” argomenta Adolfo Urso, fedelissimo di Fini, che pone a Silvio Berlusconi un interrogativo: “Chi sceglie sull’ingresso di Casini, il premier o la Lega?”. Anche ieri i finiani non sono stati teneri con il capo del governo: “Siamo determinanti per tenere in piedi il governo” ha detto Italo Bocchino a Cnrmedia. Parole poi in parte smentite e comunque accompagnate da un più morbido “voteremo con la maggioranza fino all’ultimo giorno della legislatura”, senza però chiarire cosa si intenda davvero in termini di durata della stessa. Era opinione corrente, ieri sera ai vertici del Pdl, che il naufragio degli approcci con l’Udc (secondo quanto detto dallo stesso Casini) spingerà per forza di gravità Silvio e Gianfranco a trattare sul serio, ma non si nassconono riserve e preoccupazioni da parte di molti. Tremonti, che Silvio mal sopporta, ha gioco facile per via della  manovra chiesta dall’Europa e che Silvio, anche davanti ai governatori delle regioni, non è riuscito neanche a limare, perdendo la faccia e, forse, molti consensi fra gli elettori. Formigoni e la Polverini sono delusi, Chiodi comincia a bofonchiare fra i denti e Zaia e Cota si smarcano e si defilano. Come scrive La Stampa, nell’entourage del premier qualcuno azzarda un’ipotesi: la Lega probabilmente fiuta dentro il Palazzo operazioni tese a tagliarla fuori, scorge all’orizzonte governi di larghe intese dove Bossi conterebbe quanto il due di spade sotto denari e s prepara alle contromosse. Quanto a Berlusconi vorrebbe sostituire Fini con Casini, stabilire un’alleanza forte al Centro e varare qualche nuova trovata per rinfrescare la sua immagine di premier di un governo che taglia, svuota le tasche degli italiani e si preoccupa solo di federalismo alla “nordica” e scudi per i potenti. Da ieri, poi, è rottura con le Regioni, anche con governo di destra. Tremonti contesta l’assunto iniziale di Errani e degli altri governatori: che le Regioni siano chiamate a un sacrificio molto superiore a quello del governo centrale. Lo dimostra distribuendo una “chiavetta” elettronica in cui è contenuta la spesa storica delle Regioni nell’ultimo decennio: rispetto alla curva del Pil, spiega il ministro, la curva della spesa delle Regioni è molto più accentuata. Dunque “non è vero quello che dicono”. Persino Letta, grande manovratore, resta in silenzio e rinuncia anche al commento introduttivo. E anche se con Comuni e Province, al contrario, l’atmosfera è di collaborazione, Berlusconi teme che non basti fra la politica all’osso del ministro-ragioniere caro alla Lega e l’esigenza di restare nel cuore degli italiani. ‘altro canto, nelle ultime ore anche dentro l’Udc il fronte ultra-cattolico inizia a rumoreggiare contro l’ingresso al governo. “Continuiamo a fare opposizione” intimano Carra e Pezzotta. “La situazione è drammatica ma avevamo detto che la via d’uscita era solo un governo di unità nazionale” ricorda Paola Binetti. E stando così le cose, chiosa Roberto Rao, braccio destro di Casini, “i rimpasti non ci riguardano, ognuno va per la propria strada”. Sulla scrivania del premier resta una pila di dossier. E si riapre quello sul coordinatore Denis Verdini, coinvolto anche nelle indagini sulla “nuova P2”. Di cene amene con vista spettacolare su uno degli angoli più belli d’Italia, forse, per ora, non potrà farne più tante, anche per inappetenza a causa dei continui, riemergenti grattacapi. Pare che il cardinal Bertyone, omo saggio e di grane equilibrio, abbia espresso apprensione in uesti giorni e tema che il governo Berliusconi possa non farcela. L’incontro a casa Vespa – occasione per il faccia a faccia tra il capo del governo e l’ex alleato Casini, sotto lo sguardo di Bertone – è avvenuto dopo una serie di contatti telefonici e dialoghi tra emissari del governo e dei centristi ai quali gli ambienti della Curia non sono rimasti estranei. Al termine della messa per i 50 anni di sacerdozio del segretario di Stato, martedì scorso in San Pietro, alcuni dei politici invitati si sono trattenuti per sondare il terreno di un confronto. Erano Gianni Letta, Maurizio Lupi, Gianni Alemanno e Lorenzo Cesa. Amico di vecchia data di Pier Ferdinando Casini, monsignor Rino Fisichella, da poco presidente del dicastero della nuova evangelizzazione, raccontano abbia avuto un ruolo nella tessitura della trama per riavvicinare i centristi al governo. La bocciatura della Lega, ora, vanifica tutto e rende il Vaticano, oltre che Berlusconi, molto, molto preoccupato, fra le mille preoccupazioni di questi giorni. La prossima volta sarà meglio incontrarsi in un bar, magari non di Via Veneto, perché certo nessuno dei convitati avrà molto appetito.

Carlo Di Stanislao

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