Spiragli e correnti

“Se fossi il presidente del Consiglio farei un appello: di fronte alla gravità della crisi economica e alla difficile situazione del Paese chiederei a tutte le forze politiche una responsabilità più ampia”. Lo dice il leader Udc Pier Ferdinando Casini, che in un’intervista al ‘Corriere della sera’ ammette la possibilità che a guidare tale esecutivo […]

“Se fossi il presidente del Consiglio farei un appello: di fronte alla gravità della crisi economica e alla difficile situazione del Paese chiederei a tutte le forze politiche una responsabilità più ampia”. Lo dice il leader Udc Pier Ferdinando Casini, che in un’intervista al ‘Corriere della sera’ ammette la possibilità che a guidare tale esecutivo sia lo stesso Silvio Berlusconi, perché “le elezioni le ha vinte lui”. “La guida -afferma- la sceglie il Capo dello Stato. Ma se Berlusconi assumesse questa iniziativa sarebbe intelligente perché ne avrebbe solo da guadagnare: a quel punto caricherebbe di responsabilità chiunque, di fronte a quell’offerta, decidesse di sbattere la porta in faccia”. Casini dice cosa si aspetta dal Cavaliere per lanciare al suo governo una ciambella di salvataggio e mette le mani avanti circa la feroce reazione di Lega ed Idv, affermando che se si tirassero indietro sarebbero “problemi loro” e “ci sarebbe un’assunzione chiara di responsabilità.” Bondi già comincia a manovrare e dichiara oggi che l’altolà’ del Carroccio sulla prospettiva del dopo-cena Vespa non e’ ultimativo: “Il leader della Lega -dice Bondi- possiede il buon senso e la sensibilita’ politica per guardare con rispetto a questo processo politico, che non intacca minimamente l’attuale alleanza”. Alla domanda se un Pdl diviso può realizzare un’operazione del genere, il ministro dei Beni culturali replica: “Sono stato probabilmente il primo a dire chiaro e tondo che Fini aveva il merito di aprire una dialettica democratica all’interno del nostro partito”. Il vice ministro dello Sviluppo economico, Adolfo Urso, esponente dei finiani, dice che gli stessi sono favorevoli “all’ingresso dell’Udc nella maggioranza di Governo” e, in un’intervista alla Stampa, spiega che ”emerge l’esigenza di cui ha parlato Fini in Direzione nazionale: che il Pdl assuma il ruolo guida nella coalizione. La Lega e’ un alleato prezioso ma il ruolo di partito prevalente non può che essere del Popolo della libertà, se no si da’ al Carroccio la golden share”. Quanto al rapporto tra finiani e il resto del Pdl, Urso spiega che ”non ci sarà una rottura ma un confronto nell’ambito del partito che insieme abbiamo fondato: nessuno può cacciarci senza la nostra volontà e strade esterne come il Terzo polo o un terzo partito di centrodestra non sono nemmeno da prendere in considerazione”. Per Urso nel Pdl non c’e’ una questione morale ma “dei casi isolati” e sul coordinatore del Pdl Denis Verdini il viceministro osserva che ”e’ un caso diverso da quello di Brancher ma forse un gesto di responsabilita’ sarebbe opportuno”. Secondo Francesco Rutelli, che spera sempre in una riunione al Centro di molti contrari a Berlusconi, ivi compreso l’MPA sempre più ostile al Cavaliere di Arcore, sarà ancora (come nel ’94) la Lega a “staccare la spina” a questo governo e aggiunge, sempre su La Stampa, “sul piano sostanziale se la Lega, che ormai e’ azionista decisivo del bipartito di maggioranza, non incasserà i dividendi annunciati nel Nord col federalismo, si chiamerà inevitabilmente fuori. Perché lo scopo vero di questo partito non e’ unire e guidare, ma dividere il Paese”. Quanto al progetto del leader Udc Pier Ferdinando Casini, reduce dalla cena a casa Vespa con Berlusconi e il cardinal Bertone, per Rutelli “di cene se ne fanno a centinaia”, auspicando che l’idea di portare il buon Pier con Gianfranco, Lombardo (al suo quarto governo in Sicilia) e con l’appoggio “esterno” di Montezemolo, a quel “grande centro” che insegue da tempo. Intanto è evidente la fibrillazione nel Pdl, scosso dalla condanna di Dell’Utri, dalle dimissioni di Scajola e Brancher, dalla posizione imbarazzante di Bertolaso e da quella sempre più complicata di Verdini, incapace di dialogare in un clima cooperativo col Colle e attaccato dall’interno dalle “quinte colonne” dei finiani. Pare che, scrive il Giornale, il Cavaliere mediti il redde rationanem per settembre, portando avanti, per ora, di una lenta manovra di accerchiamento nei confronti di Fini e della sua pattuglia parlamentare, accottendadosi di bacchettare, per adesso, altri “correntisti” dentro al suo partito. Secondo il premier la guerra non deve essere giocata sul terreno che vorrebbe il presidente della Camera ma secondo le regole di sempre. E dunque nessuna corrente. Tanto che, sabato scorso, mentre la fondazione Liberamente si riuniva a Siracusa alla presenza di quattro ministri (Frattini, Carfagna, Gelmini e Prestigiacomo) e un viceministro (Micciché), il Cavaliere ha pensato bene di inviare un messaggio ai Promotori della libertà della Brambilla, in cui ribadiva la sua contrarietà ad ogni correntismo. Schifani, ieri, ha detto chiaramente che occorre un chiarimento diretto ed ultimativo fra Berlusconi e Fini ed oggi i vertici del Pdl, dal coordinatore Bondi ai capigruppo Cicchitto, Gasparri e Quagliariello, passando per Fitto, Lupi e Napoli, sottolineano come il presidente del Senato abbia dato esempio di “misura e garbo istituzionale”, quasi a lasciare intendere che qualcun altro nella stessa posizione – e cioè Fini – non fa lo stesso. Nella sua intervista al Corriere di ieri, Schifani è stato molto chiaro:” Forza Italia non ha mai avuto una storia correntizia. Eravamo un partito anarchico e monarchico al contempo, perché il dissenso si fermava laddove si riconosceva la leadership di Berlusconi, e nessuno pensava di risolvere i problemi territoriali attrezzandosi in corrente. Non è più così. E Liberamente non può che definirsi una corrente, al di là di quanto sostengono i suoi fondatori. “Non basta riconoscersi in Berlusconi, se poi si creano le condizioni per disaggregare il partito. L’esperienza, infatti, insegna che se nasce una corrente, altre ne seguiranno. Il Pdl invece deve impegnarsi per amalgamare l’area forzista con quella proveniente da An e che ha preso le distanze da Fini, anche se la storia di quanti vengono dalla destra é più strutturata. Innestando il correntismo, invece, il processo di fusione in atto sarebbe destinato a rallentare, se non ad arrestarsi”. Insomma, lui rientra e rinuncia ad ogni distinguo, invitando tutti gli altri, siciliani o no, a fare lo stesso ed essere uniti in “quadrato” attorno al leader, in un momento di tanta fragile debolezza. Eppure la Prestigiacomo dal palco del convegno su “Sud e Federalismo” (location un antico maniero di pietra bianca a strapiombo sul mare, il Castello Maniace, nella sua Siracusa), aveva esordito spiegando proprio come Liberamente non nasce per essere una corrente di partito ma, “uno spazio di confronto aperto al dibattito”. Insomma, il distacco dalla corrente di partito è netta e,  nel meeting di Siracusa, questo è stato – almeno sulla carta e nei propositi iniziali – confermato. Frattini ha parlato di Liberamente, come di uno “stimolo per alimentare il dibattito politico del Paese”. A ruota la Gelmini: “Liberamente non è una corrente ma un’organizzazione di tipo culturale. Oltre a Berlusconi, che non ha inviato neanche un messaggio, assenti dal convegno i finiani, anche se il loro pensiero è stato in qualche modo interpretato ed evocato dal j’accuse di Miccichè ai vertici del partito romano. Nel programma era prevista la partecipazione anche del ministro Raffaele Fitto ma alla fine è stato annoverato tra gli assenti. Per impegni istituzionali, spiega il suo portavoce. All’apertura del convegno è giunto un messaggio del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che, scomodando Goethe, dice: “senza la Sicilia l’Italia non lascia traccia nell’anima e questo è vero anche per me”. Come tutti sanno, a partire dal Caimano, la Sicilia è regione insidiosa e ballerina (e non solo per via dei vulcani), con continue scosse telluriche negli esecutivi regionali e successive ripercussioni in tutt’Italia. Il governatore Lombardo sta lavorando al quarto governo in due anni. Questa volta, pare, con il sostegno di Mpa, Pd, Udc, rutelliani e finiani e con fuori una buona parte del Pdl compreso, forse, Gianfranco Miccichè, sul cui destino si deve ancora prendere una decisione. Prove in provincia di quanto potrebbe accadre poi nella Capitale? Certamente Berlusconi e molti dei suoi lo temono. La Sicilia è un finis terrae italico che potrebbe far vacillare definitivamente il granitico Cavaliere o comunque essere quella palude entro cui la corazzata Pdl rischia di affondare.

 Carlo Di Stanislao

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