Sistema lombardo da rivedere

Nel commentare il maxi blitz contro la ‘ndrangheta che ha portato in carcere, tra gli altri, Carlo Chiriaco, direttore sanitario dell’Asl di Pavia, Ignazio Marino, senatore del Pd e presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale si rivolge al presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni con un monito: “riconosca e affronti con rapidità […]

Nel commentare il maxi blitz contro la ‘ndrangheta che ha portato in carcere, tra gli altri, Carlo Chiriaco, direttore sanitario dell’Asl di Pavia, Ignazio Marino, senatore del Pd e presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale si rivolge al presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni con un monito: “riconosca e affronti con rapidità e severità speculazioni e connivenze del suo modello sanitario”. Secondo Marino “il vaso di Pandora è stato scoperchiato e il sistema sanitario della Lombardia si rivela per quello che è: un meccanismo apparentemente perfetto che però nasconde speculazioni, corruzione e connivenze con una delle organizzazioni mafiose più potenti del Paese”. Con l’arresto di Chiriaco, continua, “appare chiaro che le infiltrazioni della ‘ndrangheta nella sanità lombarda sono un pericolo da tempo e che il sistema regionale non è per niente integro e cristallino. Del resto, inchieste come quella sugli orrori della clinica Santa Rita avevano già dato i primi tragici segnali su un servizio sanitario che appare sempre di più come un sepolcro imbiancato: apparentemente lucente dall’esterno ma putrescente al suo interno”, attacca. Marino sottolinea infine l’importanza delle intercettazioni: “I procuratori Boccassini e Pignatone hanno raccolto fondamentali evidenze proprio grazie a questo strumento. La loro inchiesta sottolinea una volta di più la superficialità e la pericolosità del Ddl sulle intercettazioni e dovrebbe imporre – a un esecutivo anche solo minimamente responsabile – una marcia indietro definitiva”. Secondo i magistrati di Reggio Calabria e di Milano la ‘ndrangheta, dopo un lento processo evolutivo, già delineato da alcuni collaboratori di giustizia nei primi anni ‘90, ha raggiunto una nuova configurazione organizzativa, in grado di coordinare le iniziative criminali delle singole articolazioni, soprattutto nei settori del narcotraffico internazionale e dell’infiltrazione negli appalti pubblici. È stato documentato tecnicamente come le cosche della provincia di Reggio Calabria costituiscano il centro propulsore delle iniziative dell’intera organizzazione mafiosa, nonché il punto di riferimento di tutte le proiezioni extraregionali, nazionali ed estere. Le persone finite in manette, in esecuzioni di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, in Lombardia sarebbero circa 160, e tra loro ci sarebbero diversi imprenditori che, a vario titolo, sarebbero coinvolti nella pesante infiltrazione messa in atto da anni dalle cosche reggine e joniche nei loro territori. Per riuscire ad eseguire tutti gli arresti, nelle province lombarde sono stati coinvolti praticamente tutti i militari dei diversi Comandi e Compagnie dell’Arma. Nell’inchiesta contro la ‘ndrangheta emerge anche Il tentativo di mettere le mani sugli appalti dell’Expo 2015. Viene infatti ricostruito il tentativo di assorbire nell’organizzazione criminale importanti aziende lombarde operanti nel settore edile che versavano in condizioni di difficoltà economica, allo scopo di costituire imprese ad hoc, in grado di partecipare direttamente all’affidamento degli appalti per l’Expo 2015. Un progetto ambizioso che non si è concretizzato a causa del mancato risanamento della ‘Perego’, società attualmente sottoposta a procedura fallimentare. Nell’inchiesta, inoltre, emerge un radicamento sempre maggiore della ‘ndrangheta in Lombardia e nell’hinterland. Da alcune intercettazioni e a detta degli stessi indagati, “sarebbero operativi in Lombardia 500 affiliati della ‘ndrangheta”. Maroni parla di un nuovo successo del governo ma, in realtà, il successo è della magistratura. Dovrebbe, inoltre, il ministro “antimafia”, spiegare lo schizofrenico atteggiamento del suo partito (Lega Nord), che da un lato dice di combattere la criminalità organizzata, dalla’altro vota con Pdl leggi decisamente crimoninogene come il ddl sulle intercettazioni. Secondo gli investigatori l’indagine ha messo in evidenza una direzione strategica nella città di Reggio Calabria, cui farebbero capo i “mandamenti” della ‘ndrangheta della provincia e quelli del nord Italia e dell’estero, dalle Americhe all’Australia. In pratica è stato colpito lo schema organizzativo della mafia calabrese, mutuato dalla mafia siciliana. Senza le intercettazioni e con le nuove regole volute da Berlusconi, l’intera operazione sarebbe saltata. I dati che emergono dimostrano che di “Gomorre” ne esistono anche al nord e che la “capitale morakle” Milano, è meno morale di quanto governatore e forze di destra si sbraccino a dichiarare. I verbali dei giudici di Milano sono forse più interessanti del romanzo di Saviano e mostrano, come in un saggio, la profondità dell’infiltrazione lombarda della più potente organizzazione criminale italiana.

 Carlo Di Stanislao

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