Tassa per cortei ovverro nessun corteo

Dopo aver sconfitto Venezia per le Olimpiadi 2020, facendo il tifo per Roma come sede dell’Expo 2015 e continuando a sostenere il GP nella Capitale, dal 2013, Alemanno ha messo in campo tutta la sua creatività per dimostrare che Roma non è ladrona, ma anzi produce idee e fatturato. Il 15 agosto aveva già dichiarato […]

Dopo aver sconfitto Venezia per le Olimpiadi 2020, facendo il tifo per Roma come sede dell’Expo 2015 e continuando a sostenere il GP nella Capitale, dal 2013, Alemanno ha messo in campo tutta la sua creatività per dimostrare che Roma non è ladrona, ma anzi produce idee e fatturato. Il 15 agosto aveva già dichiarato che, da Roma”arrivano nelle casse dello Stato più di 36 miliardi di euro a fronte di un trasferimento dal centro pari a 1 miliardo 290 milioni ed ora, da Cortina, dove segue la manifestazione Cortina InConTra, sostiene una nuova trovata: una “tassa per manifestazioni” da far pagare agli italiani. “Non possiamo pagare solo noi”, dice il sindaco e con creativa fantasia ipotizza una “tassa per cortei”, subito sostenuta da Giorgio Ciardi, delegato alle politiche della Sicurezza del Comune, secondo il quale “chiedere un contributo in ragione di questa spesa sostenuta direttamente dalle casse capitoline è non solo giusto ma anche a buon diritto”. Oggi, in una nota, il Campidoglio informa che: “per un corteo di 10mila persone il costo che ricade sul Comune è di 7mila euro per gli straordinari della Polizia municipale, 5mila euro per le pulizie dell’Ama, 5mila euro per i servizi sanitari, mille euro per transenne e attrezzature varie, per un totale di 18mila euro, mentre il costo di una grande manifestazione può costare fino a 215mila euro”. Secondo Alemanno, le cui affermazioni hanno già trovato una dura reazione degli esponenti dell’opposizione, l’iniziativa non mira a “limitare il diritto di manifestare delle forze politiche e sociali” ma è voluta perché “non possono essere i cittadini romani a fare le spese di questo diritto”. L’iniziativa, già auspicata da diverse personalità di spicco della Capitale, è giustificata dal sindaco di Roma in virtù delle finanze comunali “che abbiamo ereditato dalle precedenti gestioni”, anche se Alemanno sostiene che la tassa potrebbe essere evitata qualora fosse “lo Stato a farsi carico di questi costi”. Secondo Paolo Granzatto de Il Giornale, una idea eccellente che “non dovrebbe incontrare la ferrigna ostilità delle sinistre (le quali devono comunque recitare la loro parte appellandosi, appunto, ai diritti costituzionali, al regime che intenderebbe in pratica vietare i cortei e via cantando) perché non sta scritto da nessuna parte, nemmeno nel Capitale del buon Marx, che i cittadini romani debbano pagare per i comodi – alti, solenni comodi, ovvio – dei partecipanti alle adunate che si susseguono l’una all’altra (cinquecento solo negli ultimi sei mesi)”. In realtà a guardare con prudenza e sospetto o negativamente all’idea sono in molti e non solo da sinistra. La Governatrice Renata Polverini interpreta la proposta di Alemanno come una “provocazione per richiamare l’attenzione sui disagi di Roma e dei romani”, ma aggiunge prontamente: “è comprensibile il problema, ma non si possono penalizzare quanti scendono in piazza”. Su Facebook Francesco Storace, leader de La Destra, risponde a un militante: “Alemanno se sta zitto è meglio” e contro la proposta si schierano anche alcuni uomini del sindaco. Uno per tutti, l’eurodeputato del Ppe Potito Salatto: “È una proposta che non ha alcun senso”. Al massimo, continua, “bisogna trovare il modo per evitare manifestazioni nel centro storico e regolamentarle perché non ce ne siano due nello stesso tempo”. Ma, per quanto concerne il Pdl, dal senatore Domenico Gramazio, al consigliere regionale Francesco Pasquali ( il quale approfitta per aggiungere: “in alcune zone della città le manifestazioni andrebbero vietate”), passando per i consiglieri di maggioranza del Comune, il partito erge un muro di protezione attorno alla proposta del sindaco. Per conto nostro esistono molte cose che non convincono nella proposta di Alemanno. Ad esempio, i consistenti contributi per Roma capitale non avevano come motivazione anche la città eterna come inevitabile “vetrina” per conflitti, vertenze, cortei, parate varie, con relativi costi?  Tra gli elementi di “disturbo” non sono menzionate le innumerevoli processioni, eventi religiosi, manifestazioni del culto cattolico; non danneggiano il traffico? La tassa vale anche per loro o come al solito ne saranno esenti? Nei rari giorni senza cortei il traffico cittadino funziona? È sostenibile e fluido? La città è vivibile? Forse, oltre al disagio dei cortei, bisognerebbe affrontare ciò che ha portato le persone a manifestare. Scopriremo allora che il problema d’Alemanno e soci è impedire che la realtà rompa il silenzio, invada lo scenario nazionale destrutturando la sdolcinata soap opera di regime che ci racconta quanto siamo felici e fortunati (ricordate le manganellate agli aquilani a giugno?). La Costituzione però, come il suo primo garante, Napolitano, sono ancora vigenti e, nonostante il tentativo di stravolgerla per intero, dal precedente governo Berlusconi, fu difesa da un referendum popolare nel 2006 che ne bocciò i cambiamenti: segno che ancora gli italiani sanno ragionare. Se fosse passata quella riforma berlusconiana (riesumata a più riprese dal Cavaliere, anche a marzo e giugno scorsi), il Presidente della Repubblica sarebbe divenuto semplice garante dell’unità federale della Repubblica; avrebbe nominato i presidenti delle autorità indipendenti, sentiti i presidenti delle Camere e fino ad un massimo di 3 deputati a vita; nominato Primo Ministro chi risultasse candidato a tale carica dalla maggioranza uscita dalle elezioni, senza più la libertà di scelta contemplata dall’art. 92.  E, forse, si sarebbe potuto introdurre un articolo sul diritto di sciopero a discrezione, che certo sarebbe molto piaciuto ad alcuni come Alemanno.

Carlo Di Stanislao

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