Incasinamento

Bondi, ieri sera, sul TG1, si è detto persuaso che Berlusconi saprà convincere il Senatùr ad accettare in squadra l’UDC di Casini, perché questo è il male minore per puntellare un governo terremotato e a rischio crollo e nell’incontro di oggi, spiegherà al leader della Lega e al potente ministro dell’economia, ponte storico con il […]

Bondi, ieri sera, sul TG1, si è detto persuaso che Berlusconi saprà convincere il Senatùr ad accettare in squadra l’UDC di Casini, perché questo è il male minore per puntellare un governo terremotato e a rischio crollo e nell’incontro di oggi, spiegherà al leader della Lega e al potente ministro dell’economia, ponte storico con il Carroccio e da questo visto come autentica risorsa federale e riformista in senso nordista, che attualmente è Casini il laccio per mettere in sicurezza una situazione liquida, creatasi a causa dello strappo di Fini e dei suoi e che rischia di generare un Parlamento diviso, incerto ed incapace di agire sui grandi temi aperti: la riforma federale, il mezzogiorno, la giustizia, la ripresa economica. Come poi riuscirà a frenare le voglie di elezioni di Bossi, Dio solo lo sa;  ma è pur vero che di alchimie persuasive il Cavaliere ne ha sfoderate a decine e in vari momenti critici, sorprendendo ogni volta chi lo dava per perdente o spacciato. Certamente dirà che l’UDC è il modo migliore per recuperare quell’elettorato democratico che oggi (su Famiglia Cristiana) afferma che il suo governo (e lui, in prima persona), hanno “spiaggiato i cattolici” e altrettanto certamente che Casini, essendo uomo pratico (per lui,  Cossiga diceva,  che valgono solo le “alleanze vincenti”), capace di trovare linee comuni circa due fatti che all’elettorato di Bossi interessano primariamente: federalismo e famiglia. Nell’atteso vertice di villa Campari, a Lesa, sulle sponde piemontesi del Lago Maggiore, Berlusconi cercherà di convincere il Senatùr che occorre aprire all’Udc e lo farà assicurando che, alla fine, Casini non si metterà di traverso su ciò che davvero interessa i leghisti, cercando, da navigato comunicatore, di glissare o minimizzare sul carattere centralista e sudista dell’ex democristiano. Tuttavia la partita, a cui prenderà parte come quarto anche Maroni (ma in verità in questi incontri fra “amici”, non si sa davvero mai chi può partecipare e potrebbe anche darsi che ci si infili anche Renzo “il Trota”, capace di scatenare con il padrone di casa una discussione su calcio e veline), è tutt’altro che scontata e si preannuncia complessa, fra rilanci e bluff, soprattutto per il Cavaliere. In primo luogo, se convincesse i leghisti alla “necessaria” alleanza, porrebbe gli stessi nella difficile condizione di dover spiegare al proprio elettorato come sia possibile divenire contigui con chi, ad esempio in Piemonte, ha appoggiato un candidato radicale. E, ancora, i due Leghisti presenti, dovrebbero anche spiegare il non ricorso alle elezioni, in un momento in cui, tutti i sondaggi, li danno in grande crescita. A parte ciò, Bossi certamente segnalerà al Cavaliere che, circa il processo breve (o di “ragionevole durata”), non è affatto certo (o “ragionevole”) credere che Casini si comporterà diversamente da Fini e, pertanto, come scrive su il Giornale, in uno dei pochi articoli non dedicati al tormentone Fini-Tulliani, Francesco Cramer, lo spazio di manovra per Berlusconi appare piuttosto angusto e certamente minato da vari problemi. Inoltre, c’è un altro fatto politicamente rilevante. Se l’operazione “papocchio” riuscisse,  come potrà Berlusconi, che ha dichiarato che non è concepibile che al governo vada chi ha perso, traghettare nello stesso un partito che le elezioni non le ha certo vinte? Il federalismo a Bossi e il quoziente familiare (ossia la misura fiscale che consente di dividere il reddito per il numero dei componenti la famiglia) a Casini saranno sufficienti in una partita in cui la posta in gioco e la sussistenza stessa dell’attuale governo? Una cosa comunque va notata. Mentre il redivivo Veltroni, in una lettera “alla patria” (in perfetto tempismo post-cosighiano), dichiara niente inciuci nella “santa crociata” contro Berlusconi; il Caimano, uomo navigato e molto più pragmatico, non si preclude nessuna soluzione, mostrando una visione più scafata, spregiudicata e al passo con i tempi, della’ex segretario della disfatta del Pds. Il vero obbiettivo di Berlusconi, scrive Ugo Macri su La Stampa, è evitare un voto del cui esito non è certo. All’incontro di oggi pare che i due grandi B, ragioneranno appartati per un’oretta e sarà in questo colloquio a due che si definirà davvero tutto. In quell’oretta fatale e decisiva, il  Cavaliere illustrerà al fedele Umberto tutte le ragioni per cui andare alle urne non conviene non solo a se stesso, ma neanche all’Italia. E Bossi, che conosce il suo “amico” come le sue tasche, replicherà di stare attento a non lasciarsi coinvolgere in una alleanza sbagliata,  che aumenterebbe il suo logoramento già significativo e gli dirà di riflettere bene,  perché per ora  c’è lo scandalo di Montecarlo, ma la gente dimentica in fretta e i giornalisti passano da un gossip ad un altro e lui è sempre nel mirino, esposto più di tutti a scandali di tipo ancillare anche (anche in questi giorni, subito dopo ferragosto, è stato beccato nel gioiellino immobiliare di Lesa, con una misteriosa dama incappucciata)o di natura finanziaria (il caso Mills, gli affari televisivi con Gheddafi ed i problemi delle non chiare operazioni economiche di alcuni dei suoi). Nell’angolo appartato, al riparo da orecchie indiscrete, cercherà di rilanciare sulle elezioni a dicembre, anche perché, sosterrà, il documento in cinque punti non conta niente, con i finiani in agguato per affondare il governo alla prima occasione e l’UDC infida per storia, prassi e tradizioni. In tutto questo (in fondo ad un agosto desolante e frenetico), i centristi della’UDC, da veri democristiani, stanno a guardare. Essi non hanno fretta e sanno di essere diventati il vero ago della bilancia. Mai si sono sentiti così desiderati tanto a destra quanto a sinistra e, per tenersi in equilibrio, confida spiritoso uno di loro, “siamo costretti a un frenetico immobilismo”. Operazione, invero, a cui sono da sempre sono ben esercitati. Ma, stavolta, non potranno non intervenire troppo a lungo, su questioni cruciali come la sconfessione del mondo cattolico a Berlusconi. Ieri sera a “in onda” su La7 e oggi sul sito del Pdl, il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi ha detto come, secondo lui: “ ormai Famiglia cristiana non faccia più notizia”; affermando che diventata ogni settimana di più la fotocopia de ‘Il Fatto’ e de ‘L’Unità'” e ancora che: “la sfida che abbiamo come cattolici è dimostrare la nostra diversità che si esplica non nel criticare soltanto, cosa che ciascuno è comunque legittimato a fare, ma eventualmente anche nell’indicare una strada positiva”. Parole dure e pesanti come pietre, di fronte alle quali chi si dice democratico e cristiano non potrà far passare sotto silenzio.

Carlo Di Stanislao

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