Tra le fiamme

E’ straziante morire fra le fiamme;  ancora più se a morire è un bambino di tre anni.  I carabinieri stanno raccogliendo dati circa le cause dell’incendio, divampato  questa notte, verso l’una e trenta, nel campo rom di via Morselli, all’Eur.  L’incendio ha coinvolto diverse baracche ed ustionato varie persone. Il più grave un bimbo di […]

E’ straziante morire fra le fiamme;  ancora più se a morire è un bambino di tre anni.  I carabinieri stanno raccogliendo dati circa le cause dell’incendio, divampato  questa notte, verso l’una e trenta, nel campo rom di via Morselli, all’Eur.  L’incendio ha coinvolto diverse baracche ed ustionato varie persone. Il più grave un bimbo di soli 4 mesi, fratellino di quello morto, con ustioni sul 40% della superficie corporea, che lotta disperatamente al policlinico Gemelli. Il campo si trova in un prato in via Ercole Morselli, lungo via della Magliana, sulla direttrice dell’autostrada Roma-Fiumicino. Non è stato possibile, per ora, stabilire le cause e  accertare l’identità esatta delle persone coinvolte. Il padre del bimbo morto e di quello gravemente ustionato, si è dichiarato di nazionalità straniera. Come scrive oggi il sociologo palermitano Fulvio Vassallo Paleologo, il clamore mediatico suscitato dai rimpatri “volontari” promossi dal governo francese nei confronti di alcune centinaia di rom rumeni, già oggetto di provvedimenti di sgombero dai campi nei quali avevano trovato rifugio  e l’incipiente campagna elettorale in Italia;  hanno riportato con prepotenza la “questione rom” al centro del dibattito pubblico. Come ha osservato pochi mesi fa l’Assemblea del Consiglio d’Europa, la crisi economica ed il senso di frustrazione tra i ceti più deboli, soprattutto nelle grandi periferie urbane, ha fatto scattare ovunque la logica del capro espiatorio e, malgrado i diversi appelli a trattare, i rom come una minoranza nazionale, si sono moltiplicati gli episodi di discriminazione e di esclusione violenta nei loro confronti. In queste ultime settimane, dopo mesi nei quali i rom sembravano scomparsi dalle cronache, malgrado la frequenza degli sgomberi dei quali erano vittima, senza che si trovasse loro alcuna soluzione alternativa, si sono diffusi ancora una volta mistificazioni più grossolane e pregiudizi a sfondo razziale, ormai bagaglio non solo del cd. senso comune, ma anche dei livelli più elevati del ceto politico e degli ambienti istituzionali. Peraltro, malgrado la approvazione di provvedimenti drastici che avrebbero dovuto garantire maggiore sicurezza ( ai cittadini) , le statistiche criminali registrano una nuova impennata dei reati ascrivibili ai rom, come dei reati dei quali sono vittime, mentre la percezione della sicurezza tra i cittadini non sembra certo aumentata per effetto delle ripetute dichiarazioni di “stato di emergenza” con l’attribuzione di poteri speciali a Commissari prefettizi ed a sindaci. Uno stato di emergenza che ovunque si è tradotto in un vero e proprio “stato di eccezione” nel quale per gli appartenenti alle comunità rom si è registrata la sostanziale negazione dei diritti fondamentali della persona, riconosciuti dalle Convenzioni internazionali e dall’art. 2 del Testo Unico sull’immigrazione n.286 del 1998 a qualunque cittadino straniero presente nel territorio nazionale, quale che sia la sua condizione, regolare o irregolare, di ingresso e soggiorno in Italia. Ma non è solo la destra xenofoba e muscolare testimoniata da Maroni e dalle sue ultime dichiarazioni, a seguito dei fatti francesi, ad aver affrontato in modo reazionario e dubbio il problema. Nel 2000 Rutelli, allora sindaco di Roma, comunicava i risultati di un censimento al Prefetto che adottava quindi provvedimenti di espulsioni nei confronti di alcune decine di rom bosniaci, dunque cittadini non appartenenti all’Unione Europea, insediati da anni nell’area di Tor de’Cenci e sollecitava le autorità di polizia a provvedere allo sgombero forzato del campo. Lo sgombero di Tor de Cenci, e gli altri che erano seguiti, come quello del campo Casilino 700 a Roma, interrompevano un positivo rapporto di integrazione intercorso tra diverse associazioni con progetti che avevano ridotto fortemente la dispersione scolastica ed avevano favorito l’integramento lavorativo e sociale. Proprio questi forti legami instaurati da tempo tra le associazioni ed i rom consentivano quantomeno la proposizione di un tempestivo ricorso alla Corte di Strasburgo contro quella che, oltre a violare il fondamentale divieto di trattamenti inumani e degradanti, vietati dall’art. 3 della CEDU, si poteva definire come una espulsione collettiva, vietata dall’art. 4 del Protocollo n.4 allegato alla stessa Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo. Come si ricordava, la Commissione europea ha imposto al governo italiano di abbandonare il Disegno di legge sulle ulteriori restrizioni alla libertà di circolazione dei cittadini comunitari, che faceva parte del pacchetto sicurezza presentato dal governo nel Consiglio dei ministri tenutosi a Napoli nel maggio 2008, subito dopo le elezioni e l’insediamento del governo Berlusconi. La materia del soggiorno e dell’espulsione dei rom non appartenenti all’Unione Europea è rimasta così disciplinata dalla normativa sull’immigrazione ( Testo Unico n.286 del 1998 come modificato dalla legge Bossi-Fini nel 2002 e da ultimo dal decreto legislativo n.94 del 2009, mentre per i rom comunitari sono rimasti in vigore i decreti attuativi della direttiva comunitaria n.38 del 2004, precisamente i decreti legislativi n.30 del 2007 e n. 32 del 2008. Va infine segnalata la recente tendenza delle autorità italiane, proprio sulla scorta dell’esempio francese, di comminare provvedimenti di espulsione basati sulla circostanza che il cittadino comunitario si è trattenuto nel territorio nazionale oltre i tre mesi senza avere redditi sufficienti, senza copertura assicurativa e senza iscrizione anagrafica. Una motivazione che riesce ad avere facile presa sull’opinione pubblica che assillata dalla crisi economica e dall’abbattimento del sistema di garanzie sociali apprestate dal welfare vede nei nuovi arrivati, soprattutto se in condizioni di indigenza, dei pericolosi concorrenti nell’accesso alle prestazioni sociali. Il Commissario ai diritti umani del Consiglio d’Europa Hammarberg in una sua relazione del 1 marzo 2010 criticava l’Unione Europea che non si impegnava abbastanza per impedire “evizioni forzate”( la distruzione violenta di beni di proprietà) e rimpatri sommari di rom, anche nel caso si tratti di cittadini comunitari. Il Presidente della Repubblica italiana, in occasione del Convegno internazionale su “La condizione giuridica di Rom e Sinti in Italia”, promosso dall’ASGI e dall’Università di Milano – Bicocca, in un messaggio rivolto il 16 giugno scorso ai partecipanti, affermava come, “le condizioni di vita di queste minoranze appaiono difficili sotto molti aspetti concreti. Ne’ possiamo nasconderci le tensioni che possono nascere tra queste minoranze e una parte della popolazione dovute a dissonanze negli stili di vita, prima ancora che a problemi di ordine pubblico. Occorre evitare che tali disagi e tensioni si traducano in una lacerazione della coesione sociale del nostro Paese, richiamando tutti al rispetto della legalità e dei principi di convivenza civile”. Da fine luglio l’ex fascista Alemanno (oggi nel cuore del Cavaliere come sostituto di Rutelli), ha conferito ad un rom, Najo Adzovic, già portavoce dello storico campo rom, ormai sgomberato, Casilino 900, il ruolo di delegato del sindaco ai rapporti con la comunità rom. L’incarico ad Adzovic nasce dall’esperienza “positiva” maturata con il coordinamento dei vari campi nomadi della Capitale, ‘rom a Roma’. Per Adzovic la nuova situazione negli insediamenti dei nomadi a Roma negli ultimi tempi, con i trasferimenti di circa 900 persone in vari campi attrezzati, sono stati frutto “di un dialogo tra l’amministrazione e i rom”. Vedremo se, dall’incendio di stanotte, si potrà confermare che i campi attualmente “attrezzati” nella capitale, consentono dignità e sicurezza alla comunità di nomadi che vi risiedono e che vivono e lavorano onestamente, nella capitale. Vedremo anche se e come,  i diversi politici commenteranno la morte in un rogo di un bimbo di quattro anni e quali parole saranno pronunciate al meeting di Rimini, da cattolici che si dicono disorientati e alla ricerca di un partito (fallito il berlusconismo e naufragato il sogni di una attenzione ai principi cristiani nel Pd) e che, forse, dovrebbe prima rintracciare una morale. Dice Formigoni (ieri su La7 ed oggi sui giornali), a proposito dell’editoriale di Famiglia Cristiana che sconfessa Berlusconi e la sua politica, che i cristiani hanno il diritto di dire ciò che pensano, ma dovrebbero farlo in modo meno livoroso. Ma come si può non essere pervasi da rabbia e livore di fronte ad un Ministro che vuole espellere tutti e a un bimbo che muore, fra le fiamme, a pochi passi dal luogo che è il cuore della cristianità?

Carlo Di Stanislao

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