Sospesa a un filo

Ieri le autorità iraniane hanno sospeso la sentenza di lapidazione per Sakineh, ma, come scrive il Sole 24 Ore,  è meglio evitare i toni trionfalisti perché a parlare non sono stati i giudici di Tabriz o il capo della magistratura iraniana, bensì il ministero degli Esteri di Teheran, quello più esposto alle pressioni internazionali e […]

Ieri le autorità iraniane hanno sospeso la sentenza di lapidazione per Sakineh, ma, come scrive il Sole 24 Ore,  è meglio evitare i toni trionfalisti perché a parlare non sono stati i giudici di Tabriz o il capo della magistratura iraniana, bensì il ministero degli Esteri di Teheran, quello più esposto alle pressioni internazionali e nello stesso tempo con meno potere diretto sulla vicenda. “Il verdetto riguardante la vicenda di tradimento extraconiugale è stato bloccato e sottoposto a revisione”, ha detto il portavoce degli esteri Ramin Mehmanparast in un’intervista a una tv locale. La dichiarazione del portavoce iraniano è comunque un buon segnale che arriva all’indomani della decisa condanna della Ue, attraverso le parole del presidente della commissione Barroso che finalmente aveva trovato il tempo per bollare la sentenza come “una barbarie” dopo le pressioni soprattutto del ministro italiano Franco Frattini e di quello francese Bernard Kouchner. Secondo il figlio di Sakineh, però, il caso non è risolto: “Chiedo al mondo intero di continuare a fare pressioni”, ha detto. “Mi sono recato in Iran perché penso che il dialogo sia fondamentale per affrontare casi come quello di Sakineh mentre le contrapposizioni muro contro muro non possono che ostacolare la soluzione di situazioni simili” ha spiegato Maritati, che ha raggiunto l’Iran a titolo personale. Il parlamentare iraniano con il quale si è incontrato ha sottolineato che in Iran c’è un disegno di legge già approvato che prevede l’abolizione della lapidazione e che il testo è ora all’attenzione del Consiglio dei Pasdaran. Un concetto ribadito dal presidente della Commissione diritti umani del Parlamento iraniano, Larijani, che ha assicurato la revisione del processo ed espresso anch’egli la convinzione che difficilmente si arriverà all’esecuzione della condanna a morte. A sentire gli attivisti iraniani, la condanna non è mai stata realmente sospesa e si tratterebbe solo di “giochetti propagandistici”. “La sentenza per adulterio sulla signora Ashtiani è stata sospesa e il caso è in corso di riesame, il giudizio su di lei per complicità nell’assassinio è in corso” ha dichiarato Mehmanparast. Oggi al Corriere Hosseini, ambasciatore iraniano in Italia ha dichiarato: “In Iran vige la totale indipendenza del potere giudiziario da quello politico. L’esecuzione della sentenza è stata sospesa ed è in corso il riesame del processo”. E alla domanda se come uomo non provasse vergogna di fronte alla possibilità di lapidare una donna, Hosseini ha parlato della”’efferato omicidio” per cui Sakineh “è stata condannata”. Alle obiezioni del giornalista, che ha sottolineato che nelle democrazie occidentali le donne che commettono gravi reati vengono punite con il carcere, che ha una funzione riabilitativa, e non con la lapidazione, che lede e offende la dignità della persona, l’ambasciatore ha risposto che “se l’Iran deve annullare la pena di morte a Sakineh, condannata per un grave reato, allora tutti i Paesi che hanno fatto pressioni sulle autorità iraniane dovrebbero liberare i propri detenuti”. Parole inquietanti che ci dicono che la vita di Sakineh è ancora appesa ad un flebile filo.

Carlo Di Stanislao

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