Il proprio sangue in un romanzo

Sceneggiatore, produttore, critico cinematografico e regista di film come “Tutti giù per terra” e “La strada di Levi”, Davide Ferrario si confronta oggi con il romanzo. Mancano pochi giorni alla fine della pena per rapina a mano armata e omicidio, quando Ulisse Bernardini riceve una lettera; è di sua figlia Gretel, una ragazza di vent’anni […]

Sceneggiatore, produttore, critico cinematografico e regista di film come “Tutti giù per terra” e “La strada di Levi”, Davide Ferrario si confronta oggi con il romanzo. Mancano pochi giorni alla fine della pena per rapina a mano armata e omicidio, quando Ulisse Bernardini riceve una lettera; è di sua figlia Gretel, una ragazza di vent’anni che non ha mai conosciuto e che ora gli chiede di poterlo andare a trovare in carcere.  Ulisse è stato un bandito, un rapinatore di banche, affascinante, intelligente, amante della bella vita, ma adesso non vede alcun futuro davanti a sé. Padre e figlia si incontrano. C’è dell’imbarazzo. C’è dell’emozione. Lei rompe il ghiaccio e invita il padre a un viaggio verso Sud. A bordo di una Panda, lungo le strade che tagliano l’Italia in verticale, i due imparano faticosamente a conoscersi finché Gretel mette Ulisse davanti a un dilemma atroce. Gretel studia Antropologia, è cresciuta con la nonna e una madre affetta da disturbi mentali e da anni ricoverata in clinica: ora vive da sola e da cinque anni sa di essere malata della sindrome di Hallerworden e Spatz, una malattia degenerativa, al momento latente ma che può manifestarsi da un giorno all’altro portandola prima alla paralisi e poi alla morte. Nell’incontro, tra imbarazzo e trattenuta emozione, Gretel racconta al padre della sua malattia e gli chiede di accompagnarla in un pellegrinaggio al santuario di Maratea. Gretel ha bisogno di credere che il liquido che sgorga dalla roccia possa guarirla. Il viaggio li avvicina, a volte anche in modo drammatico. Il santuario era un espediente, il posto più lontano che Gretel aveva in mente per guadagnare tempo e conoscersi. In fondo a tanto viaggiare c’è una richiesta terribile. “Sangue mio” (edito da Feltrinelli ed in libreria da una settimana), è un romanzo on the road, romanzo di sentimenti, romanzo di valori che si ritrovano,; una storia che vuole colpire al cuore e che ci riesce. Nata a Casalmaggiore nel 1956, Davide Ferrario, prima di passare dietro la macchina da presa scrive su Cineforum, allestisce rassegne cinematografiche in varie città d’Italia e pubblica una monografia su Rainer Werner Fassbinder (Edizioni Il Castoro, 1984). Nel 1985 interpreta una parte nel film di John Sayles Matewan. Nel 2005 il suo lungometraggio Dopo mezzanotte (interamente realizzato in digitale all’interno del Museo Nazionale del Cinema di Torino) ottiene tre nomine al premio David di Donatello.

Carlo Di Stanislao

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