Una fenice di speranza

“Fenix”, la prima delle capsule che dovranno permettere di mettere in salvo i 33 minatori che ormai da 50 giorni sono bloccati a 700 metri di profondità in Cile, è arrivata oggi salutata con entusismo dai famigliari dei minatri intrappolatio nelle viscere della terra. La piccola capsula, che dovra’ permettere di far risalire come una […]

“Fenix”, la prima delle capsule che dovranno permettere di mettere in salvo i 33 minatori che ormai da 50 giorni sono bloccati a 700 metri di profondità in Cile, è arrivata oggi salutata con entusismo dai famigliari dei minatri intrappolatio nelle viscere della terra. La piccola capsula, che dovra’ permettere di far risalire come una sorta di ascensore i minatori, e’ stata presentata dai ministri delle miniere e della Sanita’, Laurence Golborne e Jaime Manalich. Intanto le perforatrici avanzano e ormai i condotti sono tre, anche se resta difficile una previsione certa e l’équipe che lavora alla miniera indica ancora come periodo più probabile i primi giorni di novembre. Attualmente, la giornata tipo dei minatori è dedicata in buona parte alla preparazione alla risalita. Resta fondamentale l’attenzione alla parte fisica (ovviamente è vietato ingrassare), ma quella psicologica non è da meno. Nella conversazioni in videoconferenza i minatori vengono preparati all’impatto con la vita normale, con le famiglie e anche con l’opinione pubblica. Sanno per esempio che verranno presi d’assalto dalla stampa, devono essere pronti a rispondere con calma, decidendo cosa raccontare e cosa no. C’è anche un giornalista ad aiutare l’équipe di psicologi. Secondo il dottore Alberto Iturra, responsabile del team, «i 33 stanno collaborando meravigliosamente». Come alla fine di ogni reality (o di un viaggio sulla Luna), c’è chi ne uscirà benissimo e chi meno, chi riuscirà a capitalizzare l’avventura e chi invece passerà mesi o anni ad assorbire il trauma. Una buona notizia è che ai 33 minatori sono arrivate oltre 1.000 offerte di lavoro. Qualche settimana fa si diceva che i minatori, una volta usciti dal sottosuolo, sarebbero stati posti in quarantena, tenuti lontani per giorni dalle famiglie, addirittura segregati in una struttura speciale. Ora si propende per un reinserimento più soft, con un passaggio in ospedale, una batteria di esami e un accompagnamento per evitare abusi di cibo e bevande in corpi molto debilitati. Certamente usciranno bendati o con occhiali da sole molto scuri perché l’impatto con la luce naturale sarà critico. Le operazioni per issarli in superficie dureranno molte ore, forse un paio di giorni. Tutto è pronto infine per ospitare le tv che vorranno riprendere l’evento.

Carlo Di Stanislao

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