Le pays du beau chantage

Lui rivendica come “positivo” il risultato ottenuto ieri alla Camera, con una ”maggioranza più ampia e articolata rispetto alla fiducia ottenuta nel 2008″ che rende la ”maggioranza più forte” per andare avanti fino a fine legislatura e accolto dagli applausi e da una standing ovation, interviene oggi al Senato per chiedere, dopo averlo già fatto […]

Lui rivendica come “positivo” il risultato ottenuto ieri alla Camera, con una ”maggioranza più ampia e articolata rispetto alla fiducia ottenuta nel 2008″ che rende la ”maggioranza più forte” per andare avanti fino a fine legislatura e accolto dagli applausi e da una standing ovation, interviene oggi al Senato per chiedere, dopo averlo già fatto a Montecitorio, la fiducia dell’altro ramo del Parlamento. Un discorso di appena trenta minuti rispetto ai 54 della Camera, sottolineato da 15 applausi della maggioranza (50 ieri) e da qualche contestazione, meno rumorosa sicuramente della bagarre scatenata da Di Pietro. Il fatto è che invece, secondo la più parte dei giornalisti politici, ieri Berlusconi ha mostrato di essere debole, azzoppato, dai contenuti fiacchi e senza nerbo e nel suo secondo discorso in 25 mesi a Montecitorio, di necessitare di quel puntello finiano che è odiato perché non controllabile. Sulla tenuta sono molti a dubitare e, intercettato da La7 al telefonino, lo stesso Maroni ieri diceva di essere certo di un voto a marzo. Il primo test di prova già lunedì, quando sarà votata la mozione di sfiducia di sfiducia, nei confronti suoi, in veste di ministro ad interim dello Sviluppo economico, con voto previsto per il giorno successivo, al termine dell’esame del decreto sulla competitività del settore agroalimentare. Guardando a ieri e al voto di fiducia più importante, è stato evidente che tra i finiani, che martedì vareranno un nuovo partito, non sono mancati i distinguo nonostante il sì annunciato durante le dichiarazioni di voto. Boccia la fiducia infatti uno dei falchi di Fli, Fabio Granata e la presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno, non risponde alla prima chiama, ma alla seconda entra e vota sì. Nel computo finale manca anche il voto di Roberto Menia che risulta in missione (anche se lui dichiara di essersi assentato per un’intervista), mentre l’ex ministro Mirko Tremaglia si allinea a Granata e non concede il proprio via libera. Nel complesso dunque da Fli arrivano 31 voti (Fini non ha votato come da prassi parlamentare). Inoltre si sono i sfilati anche i tre liberaldemocratici (Tanoni, Melchiorre e Grassano) che pure nei giorni scorsi si erano detti disponibili a un eventuale sostegno all’esecutivo, ma poi hanno detto no alla fiducia e, alla fine, di là da ciò che dichiara il premier, è evidente che la sua forza attuale non basta a superare l’agognata asticella e alla fine l’esecutivo, senza Mpa e finiani, si ferma a quota 307. Ma il fatto più increscioso, come scrive il Sole 24 ore, è assistere ad uno spettacolo politicante in politichese, con Bossi che ritratta gli insulti e Di Pietro che li sottolinea, con cambi di parte e tradimenti orditi nel modo più sordido, con affermazioni (circa Napoli e l’immondizia) dette e smentite in poche ore (tra Berlusconi ed il suo fido Bertolaso), mentre urgentissime sono le questioni ripetute senza che siano affrontate ed i problemi titolati, ma mai davvero affrontati. Mentre proprio oggi in più parti d’Europa molta gente scesa in cortei di protesta fa sempre più pensare che i Governanti attuali stiano di nuovo commettendo un fallimento Keynesiano come quello post crisi 1929 che ha poi aperto le porte alla seconda guerra mondiale per garantire la piena occupazione lavorativa, in Italia l’attuale classe politica pensa solo a dire se ha fiducia di se stessa. Infatti oggi al posto di pensare alla risoluzione dei problemi che sempre più avvicinano maggiori schiere di cittadini italiani ormai incapaci a risolvere i più elementari problemi quasi fossero in discussioni loro sopravvivenze perché privi dei giusti mezzi e motivazioni.630 onorevoli (I Parlamentari della Camera) hanno deciso di valutare se la maggioranza di essi voleva ancora il Governo in carica. Praticamente questo voto che non ha deciso nulla, perché era già scontato, pare ratifichi solo la continuità dello stesso iter di Governo. Il cittadino abbia ad attendere il nuovo: ora non c’è! In Francia si dice oggi dell’Italia: “…hier c’était le pays du bel canto. Aujourd’hui c’est le pays du beau chantage”. Questo è significativo e davvero molto grave.

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