I giorni di Berlusconi ed il mondo migliore

La coda del comizio, al quale secondo gli organizzatori hanno assistito quarantamila persone, è stata tutta dedicata alle prospettive del governo e al possibile ritorno rapido alle urne. “Andremo avanti con questa maggioranza. Parlamentari eletti con noi che hanno costituito un gruppo diverso hanno dichiarato la loro fiducia e noi vogliamo credere a loro, ma […]

La coda del comizio, al quale secondo gli organizzatori hanno assistito quarantamila persone, è stata tutta dedicata alle prospettive del governo e al possibile ritorno rapido alle urne. “Andremo avanti con questa maggioranza. Parlamentari eletti con noi che hanno costituito un gruppo diverso hanno dichiarato la loro fiducia e noi vogliamo credere a loro, ma faremo una verifica giorno per giorno e se questa lealtà verrà meno nei fatti, non ci metteremo un minuto per tornare al popolo italiano a chiedere di nuovo la sua fiducia”. Il giorno dopo il secondo B-day del Popolo Viola a Roma, da Milano Berlusconi risponde con un discorso alla Festa della Libertà, un discorso destinato a suscitare polemiche (e, dicono in molti, spostare l’attenzione dai veri problemi) oltre ad aprire, di fatto, una vera e propria campagna elettorale. Con parole dure contro l’opposizione (ma ancor più dure contro la magistratura): ”Il Pd e’ un partito senza leader che asseconda gli isterismi di Di Pietro e Vendola e fa l’occhiolino a Casini e a Fini. Fa male vedere che professionisti della politica come Casini sostengano le stesse cose della sinistra. Chiedono il governo tecnico perché non vogliono la democrazia bipolare”. Su questo punto arriva una battuta: ”La sinistra continua a dire: ”Berlusconi a casa”, mettendomi in un certo disagio perché, avendone venti, non saprei dove andare”. E, malgrado il presidente della Camera Gianfranco Fini avesse, il giorno prima, ribadito la sua posizione favorevole a riforme della giustizia che però non abbiano come bersaglio i giudici, il premier ha ripetuto: ”C’e’ un potere dentro la magistratura che ci tiene sotto scopa. E’ nostro diritto e dovere chiedere una commissione con i poteri dei pm affinché si indaghi su cosa e’ accaduto in questi anni, anche a difesa dei giudici onesti”. Inoltre è arrivato a definire ”famigerato” il pm di Milano Fabio de Pasquale, che ha sostenuto l’accusa al processo Mills, ricordando che lo stesso magistrato era lo stesso del processo per le tangenti dell’Eni: ”E’ lui che disse a Gabriele Cagliari che il giorno dopo l’avrebbe messo in libertà e poi e’ andato in vacanza. Il giorno dopo Cagliari si e’ tolto la vita”. E, a sorpresa (ma non troppa), ha anche difeso l’operato suo e dei suoi a L’Aquila e parlando della cosiddetta P3, che avrebbe diramazioni pure nel Pdl, ha ribadito : ”Quando si parla di P3, si parla di quattro vecchietti che vengono tenuti dentro affinché parlino di Berlusconi. I pm utilizzano sempre lo stesso metodo: se dici qualche cosa contro Berlusconi, il tuo stato cambia”. E, dopo aver ricordato che, secondo i sondaggi, ha tuttora il gradimento del 60% degli italiani, ha rivendicato l’azione dell’esecutivo: ”Nessun governo ha fatto così tanto in poco più di due anni: c’e’ da stropicciarsi gli occhi solo a leggere l’opuscolo che manderemo a tutti gli italiani”. Secondo molti osservatori, anche di destra, è un premier cupo quello che si presenta sul palco del Castello Sforzesco, chiuso in se stesso ed ormai certo delle prossime, ineludibili elezioni. L’annuncio è chiaro, infatti: “’Voglio 61 mila Team della Libertà nei 61 mila dipartimenti elettorali per avere in ognuno 5 difensori del voto e portare a conoscenza delle famiglie tutte le buone cose che ha fatto il governo. Obbiettivo: raggiungere il 51 per cento dei voti”. Ciò che vuole, a questo punto, è rassicurare il suo popolo e rispondere alla Lega, che con Roberto Maroni ha posto un ultimatum temporale al governo. E’ cupo e spaventato, rancoroso e timoroso assieme. Per questo si sveste di ogni prudenza e fa nomi e cognomi. ‘Il famigerato’ Fabio De Pasquale, l ‘ inquirente del caso Mills, “quello che ha detto a Gabriele Cagliari che lo avrebbe liberato e poi e’ andato in vacanza e Cagliari si e’ suicidato, si e’ inventato di tutto per evitare la prescrizione. Si e’ inventato addirittura che la corruzione inizia quando chi riceve i soldi li spende”. Poi passa al caso Schifani. “E’ indagato per mafia, accusato da Gaspare Spatuzza, una persona che ha sulle spalle 40 omicidi, e’ al soldo dei pm ed è capace di dire la qualunque su ordine dei P”. Chiede, infine, diretto, l’istituzione di una commissione d’indagine sulle toghe: ‘C’e’ un potere dentro la magistratura che ci tiene sotto scopa. E’ nostro diritto e dovere chiedere una commissione perché si indaghi su cosa e’ accaduto in questi anni’. Assicura: “Faremo la riforma della giustizia per i cittadini e i giudici onesti”. Nessun pentimento, poi, sulle sue recenti battute e “storielle” che hanno provocato, negli ultimi giorni, una selva di polemiche: “Ne so più di duemila, non sono cattive e ti puliscono la testa”. I fan non sono però riusciti a convincere il premier a raccontarne un’altra: “Non posso, se no Gianni Letta mi sgrida”. Negativa la reazione di Futuro e libertà. Dice Italo Bocchino, capogruppo dei finiani alla Camera: ”L’Italia non ha bisogno di vedere il Parlamento impegnato in una Commissione d’inchiesta contro la magistratura. Se Berlusconi ha storture da denunciare, le metta nero su bianco e le invii al Csm. La nostra disponibilità parlamentare su questo argomento non c’e”. Quanto A Maroni ribadisce quello che aveva già dichiarato al Corriere: “”Bastano tre settimane per vedere se questa maggioranza ha davvero la forza di sostenere l’azione di governo. Se così non e’, meglio staccare”. Quanto a Bersani, che si dice d’accordo con Marchionne, lancia un grido d’allarme sul fatto che ”in Italia non c’e’ più la politica ed e’ andato perso il senso delle istituzioni” e precisa:’Non penso che la tregua armata tra Berlusconi e Fini possa andare avanti. Il paese non ha bisogno di traccheggiamenti ma di cose concrete. Non abbiamo il cronometro ne’il calendario, ma vediamo i rischi e in questa situazione molto confusa emerge un dato: il governo si rimetta al capo dello Stato”. Durante il “No B-Day 2”, Nichi Vendola ha detto: “Non è la piazza ad alimentare l’odio e la violenza nella vita pubblica, e da altre parti che si è trasformata la vita pubblica in poligono di tiro. Io non ho paura delle idee di anzi penso che ne abbiamo bisogno per poterle anche combattere. La vita degli avversari ci è preziosa, la loro voce ci è indispensabile; soltanto chi sente che le proprie idee sono debolissime può pensare di combattere le idee degli avversari spegnendone la voce. Il berlusconismo nella sua crisi è come una bestia ferita, che fa danni al Paese con i suoi colpi di coda ai diritti sociali e ai diritti di libertà. L’opposizione deve riconnettersi al suo popolo. L’opposizione parlamentare da sola non è sufficiente ad aprire il cantiere dell’alternativa, per battere Berlusconi dobbiamo far tornare la politica un bene comune”. Ma, allora, un Bersani che si allinea a Marchionne ed un D’Alema che cerca di tappare la bocca, in modo netto e brusco, alle giovani leve in casa propria, sono davvero quel nuovo in politica che può segnare un cambiamento? In questo “ultimi giorni di Berlusconi”, stiamo assistendo al dissesto di credibilità politica e non solo del governo, ma anche di gran parte dell’opposizione, che insegue il primo senza creare né alternative, né nuove prospettive ideali e di sviluppo. Se Antonio Di Pietro ripete che: “Bisogna liberare il paese da Berlusconi”, noi aggiungiamo che bisognerebbe liberarsi di una certa politica e di certi politici, che si preoccupano poco di tracciare linee pratiche e molto di garantirsi continuità e consenso. Sono in molti a rimproverarmi di appartenere al folto gruppo dei “brontoloni” e degli inconcludenti alla Oliviero Bea, capaci solo di criticare tutto e tutti e non proporre mai nulla di concreto. Pietrangelo Buttafuoco, firma di Panorama e intellettuale di destra, ha colto nel segno quando descrive la tristezza di un governo in cui un ministro degli Esteri come Frattini è convinto che l’inglese lo porti fuori dalla provincialità, senza capire che le nostre radici, altro che cattoliche, sono greco-romane. Ma anche quando dice, con il supporto di Antonio Padellaro, che certa sinistra crede che basti urlare e lamentarsi per avere un seguito ed il diritto ad essere definiti bravi politici. Come scrive Luigi Mascilli Masciolini, Docente di Storia Moderna all’Università’ “L’Orientale di Napoli, l’impotenza che deriva dalla incapacità/impossibilità di leggere la realtà, di darle una  forma e una direzione, coinvolge ceti sociali e fasce generazionali che in passato ne sembravano distanti e che ora (è storia di questi giorni) rovesciano il loro disagio nella violenza del gesto puramente distruttivo o nella stanchezza di un cinismo egoista e privato. Realtà che la sinistra non sa né intercettare, né guidare. Quella che la sinistra sta vivendo in questi ultimi giorni infiniti di un berlusconismo sempre al tramonto e sempre imperante, è una perdita dell’egemonia, come avrebbe detto Gramsci, che si determina in primo luogo proprio sul terreno dei processi materiali di produzione, che neppur troppo lentamente cominciano ad apparire illeggibili agli stessi protagonisti. Scompare, infatti, il conflitto capitale-lavoro e, di conseguenza, tutte le grandi trasformazioni delle forme della produzione avvenute nell’ultimo quarto di secolo sorprendono i lavoratori in progressiva perdita di chiavi di lettura, disancorati da qualsiasi interpretazione di ciò che sta accadendo, deprivati, ad un certo momento, della loro stessa identità. L’”identità” non la si vuole più determinata, neppure in parte, dagli ancoraggi alle condizioni della vita materiale, anche se poi questa vita materiale continua a determinarci fortemente nelle nostre possibilità, nelle nostre libertà. Scompare ogni riflessione sull’origine della disuguaglianza e, quando essa puntualmente e sfrontatamente riappare, non sappiamo più comprenderne le origini ma possiamo solo affannarci ad alleviarne le conseguenze. Amputato di uno strumento di analisi sull’origine della disuguaglianza, ogni progetto di sinistra tracima da un volenteroso riformismo a non meno volenterose forme di carità sociale. In questo modo non fa meraviglia che esistono partenariati forti fra esponenti del capitale e sinistra, che porta Bersani a sposare le idee di Marchionne e a prevedere un “papa esterno” nella persona di Profumo. Infine, poiché la sinistra non può che presentarsi plurale rispetto alle sue stesse tradizioni, segnate da settarismi, questi dovrebbero, cosa che non accade, essere oltrepassati con coraggio e con fantasia. Il gioco, oggi facile, dei Pantheon, ci obbliga a far posto a figure e a vicende che il passato ha opposto, ma che il presente e ancor più l’avvenire devono portare a sintesi: socialismo e comunismo, libertarismo e rivoluzionarismo, utopismo e riformismo. Gli “ismi” del Novecento non vanno in soffitta, ma si rovesciano nel nuovo secolo chiedendo un disegno comune, nello stesso tempo flessibile e compatto, che raccolga tutte le voci di giustizia e di libertà di un’epoca che non ha rinunciato al sogno e al progetto di un mondo migliore. Tutto questo deve indurci ad una fiducia in noi e nel nostro popolo, che può essere ancora preziosa se l’attuale sinistra saprà fare tesoro degli errori passati, delle inadeguatezze attuali, delle risposte non date per paura o per negligenza politica. Imperativo è fare una sinistra che ridia fiducia all’elettore nei confronti della politica; perché senza fiducia siamo tutti uguali e sopratutto non siamo credibili, mentre lo è Berlusconi, con la capacità di “inserti” mentali che rovesciano o coprono la realtà.

Carlo Di Stanislao

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