Prove di trattativa

Secondo il sito del Washington Post, che cita fonti arabe e afghane, il governo di Hamid Karzai, con il benepalacido degli USA, ha avviato colloqui segreti ad alto livello con i talebani per mettere fine al conflitto in Afghanistan. Questi negoziati, che stanno tenendosi in Dubai, sarebbero la prosecuzione di quelli ospitati dall’Arabia Saudita e […]

Secondo il sito del Washington Post, che cita fonti arabe e afghane, il governo di Hamid Karzai, con il benepalacido degli USA, ha avviato colloqui segreti ad alto livello con i talebani per mettere fine al conflitto in Afghanistan. Questi negoziati, che stanno tenendosi in Dubai, sarebbero la prosecuzione di quelli ospitati dall’Arabia Saudita e conclusisi senza successo piu’ di un anno fa. Il quotidiano Usa sottolinea che gli stessi sono ancora in una fase preliminare, ma puntano a un accordo complessivo che preveda il ritiro delle truppe Usa contestualmente all’ingresso di alcuni esponenti talebani nel governo. Una fonte ha spiegato che, al di la’ della linea ufficiale che richiede il ritiro incondizionato delle truppe straniere, i dirigenti talebani vogliono un accordo per timore di essere scavalcati nella guida del movimento da leader piu’ radicali. Infatti, secondo quanto trapelato sin’ora, i negoziati avrebbero ricevuto l’approvazione della Shura di Quetta: il consiglio direttivo del gruppo di combattenti islamici avrebbe dato pieno mandato a trattare a suo nome e per conto del suo leader, il numero uno assoluto, il mullah Omar. Partecipare al processo di riconciliazione in Afghanistan, per i talebani non sarebbe più una libera scelta: secondo le fonti del giornale statunitense sarebbe diventata un’esigenza. Quasi un obbligo. La leadership dei talebani”sa che sta per essere scavalcata. Ci sono elementi radicali al suo interno che hanno raggiunto i più alti ranghi e sono fuori controllo. Tutto questo l’ha resa assolutamente consapevole che, a prescindere dalla vittoria della guerra, non si trova in una posizione vincente”. Inoltre ieri, riferisce Paece Reporter, Karzai ha inaugurato i lavori dell’Alto consiglio di pace: un organo che avrà il compito di aprire il dialogo con i talebani e reintegrare i combattenti pentiti.”Quello di oggi è l’incontro inaugurale del nostro Alto consiglio di pace. Ogni provincia, ogni distretto, ogni villaggio attende dal Consiglio degli sforzi. Sforzi per ristabilire la pace su questa terra”. Così il presidente ha anche invitato al dialogo i gruppi combattenti. “All’opposizione, che siano i talebani o chiunque altro voglia servire il Paese, rivolgiamo l’invito a contribuire a portare la pace in questa Nazione”.Il consiglio è composto da una settantina di membri. Tra i più importanti vi sono gli ex presidenti Burhanuddin Rabbani e Sibghatullah Mujadadi, ma anche leader religiosi ed ex guerriglieri, come Pir Mohammad Rohani, rettore dell’Università di Kabul durante il regime dei talebani. Ricordiamo che in Afganistan operano gruppi talebani più o meno estremisti e sono i secondi, meno legati ad Al-Qaeda, quelli che starebbero trattando con il governo. Ricordiamo anche che dopo l’attentato terroristico dell’11 settembre 2001 gli Stati Uniti appoggiati dall’ONU decidono di invadere l’Afghanistan, dando il via all’operazione Enduring Freedom (Libertà Duratura) che si poneva come obiettivo la fine del regime dei talebani e la distruzione dei campi di addestramento e della rete di Al Qaeda, il gruppo terroristico guidato da Osama Bin Laden. Vista la sproporzione di forze il regime integralista viene rovesciato in poco piu di un mese, nel novembre del 2001. Al potere si insedierà Hamid Karzai, tuttora capo di stato dell’Afghanistan. Il paese rimane tuttavia ancora sotto occupazione dei contingenti NATO a causa dell’instabilità politica e dei numerosi attentati terroristici dei Talebani, radicati ancora nel sud-est del paese al confine con il Pakistan. Comunque oggi, a Kabul sul negoziato si respira un certo scetticismo. Anche perché, se le voci sugli incontri si susseguono, di certo c’è poco. E l’unico fatto che parla chiaro, senza tante elucubrazioni, è il Consiglio superiore di pace che Karzai ha appena varato per guidare la trattativa ma che, appena pubblicato, ha visto finire sotto accusa la maggioranza dei 68 membri che lo compongono: warlord con fedina non illibata, amici del presidente o suoi oppositori e tutti assai indigesti ai talebani. “Come si fa – ha detto al Riformista un analista afgano – a trattare con uomini che appartengono all’Alleanza del Nord, i loro peggior nemici?” L’articolo del Post era stato preceduto da uno “scoop” di Al Jazeera, che poi si è molto ridimensionato. In un hotel della capitale la tv del Qatar scopre un incontro “segreto” tra emissari di Karzai, di Islamabad e dei talebani. Ma in realtà si tratta del cugino del presidente, di un ex ministro talebano ormai passato col governo e, questa sì la novità, di tre inviati pachistani di rango anche se “non ufficiali”. Sempre dal Riformista si apprende che c’è anche un contenzioso sul passaggio dei tir diretti da Est in Afghanistan che, passando dal passo di Khyber, nonostante un recente accordo benedetto da Hillary Clinton, i pakistani si ostinano a fermare; facendo scaricare tutte le merci che devono poi essere ricaricate su camion afgani (ieri era tra l’altro il settimo giorno del blocco pakistano ai rifornimenti per la Nato in Afghanistan).
In effetti il Pakistan, dice la maggior parte delle fonti, fa il diavolo a quattro per essere il vero snodo del futuro negoziato. Islamabad controlla la rete estremista degli Haqqani, ha buone relazioni con Hekmatyar e ospita a Quetta mullah Omar. Si dice che Karzai è stressato e tirato per la giacca nel difficile equilibrio tra l’attitudine muscolare del generale Petraeus e l’orientamento delle colombe di Washington, le attenzioni dell’Onu e le critiche serrate delle organizzazioni della società civile che, pur appoggiandolo, non si risparmiano. Due giorni fa le maggiori reti delle nuove organizzazioni nate nel calderone della guerra e che rappresentano il segmento progressista e intellettualmente avanzato della società, gli hanno chiesto apertamente di buttare a mare la sua lista di nomi del Consiglio di pace: gli hanno detto che gli “accusati di violazioni dei diritti umani e di crimini di guerra” andrebbero sostituiti con “esperti di grande esperienza nella risoluzione dei conflitti, e nei processi di mediazione e riconciliazione”. E’ comunque interessante notare che già a luglio Il presidente Hamid Karzai ha cercato di convincere l’Onu a depennare i nomi di 50 capi talebani dalla sua lista nera dei terroristi, che ne contiene circa 150. Un gesto da inquadrare nei tentativi di riconciliazione in Afghanistan, che, secondo quanto rivela sempre il Washington Post, incontra resistenze alle Nazioni Unite. Infatti, nel Palazzo di vetro si esigono chiare garanzie sui nomi proposti da Karzai: in particolare che i capi talebani in questione abbiano rinunciato davvero alla violenza, accettino la nuova costituzione afgana e abbiano tagliato qualsiasi legame con Al Qaeda.

Carlo Di Stanislao

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