Balcanizzazioni selvagge e pacifici cortei, mentre i giovani muoiono disperati

La situazione interna tanto nella maggioranza che nei partiti dell’opposizione è ormai così intensamente instabile e condizionata da continue disgregazioni anche fra alleati che da più parti si parla di una vera e propria balcanizzazione, tanto a destra che a sinistra. Su La Repubblica Carmelo Lopapa, afferma che Berlusconi è infuriato sia con Tremonti che […]

La situazione interna tanto nella maggioranza che nei partiti dell’opposizione è ormai così intensamente instabile e condizionata da continue disgregazioni anche fra alleati che da più parti si parla di una vera e propria balcanizzazione, tanto a destra che a sinistra. Su La Repubblica Carmelo Lopapa, afferma che Berlusconi è infuriato sia con Tremonti che in una conferenza stampa non preventivata né discussa con lui, si da un tono da leader e parla di sacrifici per passare a una fase di rilancio e con Fini che va ormai allo scontro istituzionale pur di scardinare la maggioranza e richiede a Schifani, di far iniziare l’iter della riforma elettorale dalla Camera, naturalmente ricevendo una risposta negativa. Tra Palazzo Madama e Montecitorio il gelo e semplice “presa d’atto” delle reciproche lettere, ma la partita sulla riforma elettorale non si chiude qui. Al Senato la maggioranza Pdl-Lega è solida, il premier Berlusconi non poteva tollerare che il pallino passasse all'”infida” Camera e così è stato. Ma questa stessa partita ora s’intreccia sul tema caldo e urgente (per il premier) della giustizia. Il presidente del Consiglio è sempre più deciso a fare di testa sua, esasperato dalle lamentele dei “futuristi” e già proiettato verso il lancio di un’organizzazione “light” da affiancare al Pdl. Il  fatto che Claudio Scajola sia stato convocato ieri mattina da Gianni Letta a Palazzo Chigi è apparsa a molti berlusconiani la conferma della sua prossima designazione a responsabile della macchina organizzativa.  Intanto, le fibrillazioni si moltiplicano, raccontano i bene informati, e si stanno a trasformando in uno “sfogatoio” continuo. Anche la cena di mercoledì sera di un gruppo di deputate con il capogruppo Cicchitto, ha visto come bersagli i coordinatori  La Russa e Verdini.  Per non parlare dei mugugni sempre più frequenti e duri dei vari ministri, tutti al palo per la politica dei “soldi zero” di Tremonti. Insomma per Berlusconi convalescente a Villa Certosa dopo l’operazione al tendine, non c’è davvero pace e mentre cerca di calmare i “delusi” ministri dicendo che  in questo momento ci sono troppi fronti aperti e l’ultima cosa che serve è uno scontro interno al governo; d’altra si chiede a quale gioco stia giocando il ministro dell’economia, uomo caro ala Lega e non sempre ubbidiente a lui. Venerdì Tremonti ha fatto comparire a sorpresa nell’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri la Finanziaria 2011-2013, facendo saltare dalla sedia gli uffici legislativi di tutti i dicasteri. Lo stesso Adalberto Signori, oggi sul Il Giornale, deve dire che Pdl tira una brutta aria, poiché  alle tensioni interne con i finiani, da ieri,  si aggiungono, acuite,  quelle mai sopite tra i ministri e il titolare dell’Economia, cCon mezzo governo che lo accusa di voler fare ulteriori tagli solo per reperire fondi per il federalismo e di usare toni solo per candidarsi a futuro leader del governo con supporto della Lega. Del resto la Lega è tornata a spingere sul voto per passare all’incasso. Il premier poi dovrà fare i conti con i finiani. Lo scontro istituzionale in corso rischia, infatti, di inasprire i rapporti con Fli, soprattutto se il presidente della Camera darà seguito ai propositi di rallentare l’attività’ parlamentare a Montecitorio in ‘risposta’ all’alt imposto da Schifani sull’iter della legge elettorale. Un blocco del Parlamento, magari fino alla decisione della Consulta sul legittimo impedimento, renderebbe vana la determinazione del presidente del Consiglio che ha intenzione di convocare due Cdm a settimana per accelerare sui cinque punti illustrati in Parlamento. Questa mattina nel Consiglio dei ministri non si sono registrati contrasti. Il premier avrebbe invitato Altero Matteoli a non dare spazio a rimostranze da parte degli esponenti dell’esecutivo proprio per evitare polemiche. Il premier del resto ieri ha chiamato chi aveva intenzione di protestare invitando tutti alla calma. In trincea contro Tremonti e le sue dichiarazioni, oltre al ministro della Cultura Sandro Bondi che non ha partecipato al Cdm, ci sono Galan (“Non ci sono i soldi, e’ una tragedia”, ha spiegato) e altri suoi colleghi che al termine della riunione si sono avventati sulle tabelle per conoscere i tagli. A difendere il ministro di via XX settembre e’ come sempre Umberto Bossi: i due oggi pomeriggio volutamente si sono fatti vedere insieme alla ‘buvette. “Massima fiducia in lui, e’ un cancelliere di ferro”, ha tagliato corto il ‘Senatur’, “lo sapete che chi tiene la borsa tiene il potere”. Ed e’ proprio questo concetto alla base delle preoccupazioni del premier e dei suoi altri ministri. Il Cavaliere – riferisce chi gli ha parlato – non esclude che ci sia qualcuno nel governo che si sta muovendo per gli assetti futuri e soprattutto per i provvedimenti cari al Carroccio. Ed ha ance detto ai suoi fedelissimi, che non e’ vero che i sondaggi lo danno in calo. Non ho subito contraccolpi dalle vicende giudiziarie che hanno riguardato alcuni esponenti del Pdl e, ancora, che  “la gente non capirebbe se fossi io a chiedere il voto anticipato”. Da qui la sua determinazione ad andare avanti. Anche perche’ – ha argomentato durante i suoi colloqui telefonici – i numeri per un governo tecnico alla Camera e al Senato ci sono e chi deve decidere non accetterebbe mai un passaggio diretto alle urne.E mentre continuano schermaglie e rivendicazioni, l’Italia che è in sofferenza scende in piazza per mostrare il suo malcontento e richiamare sui problemi reali ed urgenti del Paese. Oggi, in una piazza San Giovanni gremita,  la Fiom ha vinto la sua sfida: tanta rabbia e satira ma nessun incidente. E i metalmeccanici della Cgil hanno anche rilanciato chiedendo con forza che ora si vada allo sciopero generale. “Abbiamo il dovere di continuare questa battaglia – ha scandito da parte sua il numero uno della Fiom Maurizio Landini nel suo comizio finale alla manifestazione – e per continuare è necessario che si arrivi a proclamare lo sciopero generale”. In piazza anche vari leader politici dell’opposizione, con la sinistra, non meno balcanizzata della destra, che li critica.  Alla testa del corteo, Cesare Damiano, capogruppo del Pd in commissione lavoro alla Camera ed ex ministro del Lavoro. “E’ giusto – ha detto – partecipare a tutte le manifestazioni dei sindacati confederali, laddove ci sono contenuti che possono essere punti di contatto, come la rappresentatività e la rappresentanza sindacale”. Ha poi aggiunto che ” bisogna lavorare per una legislazione di sostegno che raccolga le indicazioni unitarie del sindacato”. Tra i lavoratori anche i senatori del Pd Ignazio Marino, e Vincenzo Vita che ha dichiarato: “Sono in errore coloro che non credono in questa manifestazione; spero che il risultato oggi sia quello di riaprire il confronto sui temi del lavoro”. Per  Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista, questo non bastano e ha affermato: “Siamo scesi in piazza per cacciare Berlusconi e contro le politiche di Confindustria. L’opposizione vera è questa qui, mi spiace che il Pd non si sia visto. Ora marciamo verso lo sciopero generale”. Della stessa opinione, Oliviero Diliberto, leader del Pdci. Con i manifestanti, che pare abbiano raggiunto il milione, c’era anche Vendola, che ha detto: “Siamo in piazza perché oggi non c’è soltanto una questione sindacale, ma politica e culturale. Riguarda un modello di società in cui viviamo. Penso che bisogna ribellarsi, la modernità deve contemplare i diritti del lavoro”. Secondo il governatore della Puglia “la precarietà è come una pallina da pingpong, che va dalla scuola al mondo del lavoro. Vogliono precarizzare la nostra vita per comandarci meglio”. Quanto a Di Pietro, anch’esso in piazza, ha dichiarato: “Non bisogna essere dei comunisti per pensare che non è giusto che l’amministratore delegato prende 420 volte lo stipendio di un lavoratore. C’è un’ingiustizia sociale terribile e lo diceva già Gesù Cristo”. Invece il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli,  ha precisato che la manifestazione della Fiom “è una occasione importante per difendere i diritti dei lavoratori sempre più aggrediti dalle politiche berlusconiane. I diritti dei lavoratori non hanno una scadenza e sono inalienabili: questa è una conquista di civiltà e universale che non è e non può essere in discussione”. Un’altra importante protesta, sempre a Roma è andata in scena ieri ed ha riguardato gli immigrati. Dopo quattro ore di incontro con i rappresentanti del Ministero degli Interni, le associazioni dei lavoratori immigrati hanno deciso di organizzare un corteo dall’Esquilino a Piazza Vittorio, resosi possibile  grazie all’intervento dei due onorevoli  Radicali Marco Perduca e Rita Bernardini, unici politici presenti alla manifestazione. I dimostranti hanno, pacificamente ripetuto, senza l’appoggio dei sindacali confederati ma solo quello dei Cobas, che la sanatoria per sole colf e badanti, voluta dal governo Berlusconi (che prevedeva il versamento di 500 euro all’Inps da parte del datore di lavoro per ogni dipendente), si è dimostrata nei fatti un fallimento per i lavoratori e le famiglie, che dal primo al trenta settembre 2009 hanno presentato 295.112 domande di regolarizzazione. A ciò si aggiunge il paradosso della certificazione relativa all’idoneità abitativa che, imponendo parametri estremamente vincolanti, ostacola di fatto la possibilità di essere ultimata. Inoltre, poiché chi lavora deve avere la possibilità di tutelarsi e di essere tutelato e se i sindacati non ci sono gli immigrati non hanno altra arma di difesa che scendere in piazza e chiedere a voce alta un permesso di soggiorno per attesa occupazionale, come richiesto anche dalla confederazione Usb soprattutto nel caso d’indisponibilità del datore di lavoro, licenziamento, dimissioni o mancato possesso del certificato idoneità abitativa. In piazza, sia con gli immigrati che i metalmeccanici, anche moltissimi studenti, che con la riforma Gelmini, vedono il loro futuro formativo e professionale fortemente a rischio. Giovedì il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ha confermato la mancanza di fondi per la riforma dell’Università e rinviato a fine anno una revisione sui fondi. Così in migliaia sono scesi in piazza e hanno occupato tre facoltà (a Roma, Torino e Trieste) e tre rettorati (due a Palermo e uno a Pisa), al grido di “Dimissioni, dimissioni” contro il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini. Manifestazioni e rivolte che si uniscono a quelle dei ricercatori, che già da un mese almeno bloccano le attività nelle università di tutta Italia e per i quali proprio la Gelmini aveva previsto un emendamento del ddl per garantire 9 mila assunzioni. E alle persone che passano per entrare in ospedale viene distribuita una “Lettera aperta alla cittadinanza”, nella quale vengono spiegati i motivi della protesta: dai tagli del 20% ai finanziamenti all’università, fino alla riduzione dei servizi per gli studenti, oltre all’aumento costante delle tassa universitarie. Né sono mancate manifestazioni più “colorite”, ma non certo violente.  Da Nord a Sud si vedono curricula di ricercatori dati alle fiamme e nelle piazze numerosi flash mob contro una riforma a “costo zero” che invero azzera la più parte degli Atenei. E sempre contro la riforma Gelmini, oggi all’appello dei Cobas hanno risposto migliaia di lavoratori in tutta Italia, con cortei nelle principali città e astensioni dal lavoro. Un’adesione del 30% annuncia a fine giornata il leader dei comitati di base, Piero Bernocchi e parla di 100mila persone in piazza, con punte particolarmente alte a Torino (circa 20 mila), Roma (15 mila), Napoli (15 mila), Palermo e Cagliari (entrambe 7 mila), Pisa (6 mila). A Roma, dietro uno striscione con la scritta “Riforme, tagli, precarietà: ci rubano il futuro, ci tolgono la dignità” diverse migliaia di studenti delle scuole superiori sono partiti in corteo da Porta San Paolo diretti al ministero dell’Istruzione. Tra i cori scanditi dagli studenti i più frequenti sono stati due: “vogliamo un solo disoccupato, ministro Gelmini licenziato” e “con questa riforma a scuola non si torna”.  Con questa Italia ai giovani è sottratto tutto, anche il diritto  studiare e sognare. Ed è cos’ che giovani neolaureati a pieni voti si suicidano gettandosi dal tetto dell’Università di Palermo poiché non riusciva a vedere sbocchi lavorativi nel suo futuro o, come accaduto ieri ad Ostuni,  gettandosi dal finestrino di un treno, dopo essere stato licenziato. Nel nostro sistema manca il senso dello Stato, lo spirito di servizio, la cultura della meritocrazia, la ricerca del bene comune. L’interesse generale è un principio che si studia sui libri ma nella realtà quotidiana è scomparso da tempo immemorabile. A proposito dei due giovani suicidi di Palermo e Ostuni, ha parlato di “omicidi politici”, poichè è la politica ad avere distrutto questo Paese dal punto di vista materiale e dal punto di vista morale. Sono tantissimi i giovani che hanno perso la speranza: loro sono ancora vivi ma vengono quotidianamente mortificati perchè si scontrano con vari potentati che controllano ogni aspetto della vita sociale. I politici sono preoccupati solo di aumentare il consenso per comandare ed arricchirsi maggiormente: conta solo l’interesse privato, la cricca, la casta, la corrente di partito. E conferme sono, solo per fare alcuni recenti esempi, Scajola, Balducci, Brancher, Caliendo, Cosentino, Dell’Utri, e poi l’inchiesta in corso sulla P3 o altre, più vicine, come quelle in atto oggi a L’Aquila o in Abruzzo.

Carlo Di Stanislao

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *