Furbi armistizi e divizioni esiziali

L’ultima trovata di Pierferdinando Casini è un governo ispirato al “dio armistizio” e rivolto alla platea dell’assemblea nazionale dell’Udc, riunita a Milano., afferma che,  in questo momento politico, “deve nascere qualcosa di nuovo”, ma e’ sbagliato parlare di terzo polo, perche’ il termine e’ frutto della logica del bipolarismo che il partito vuole combattere. A […]

L’ultima trovata di Pierferdinando Casini è un governo ispirato al “dio armistizio” e rivolto alla platea dell’assemblea nazionale dell’Udc, riunita a Milano., afferma che,  in questo momento politico, “deve nascere qualcosa di nuovo”, ma e’ sbagliato parlare di terzo polo, perche’ il termine e’ frutto della logica del bipolarismo che il partito vuole combattere. A suo giudizio, e’ necessario invece, un “nuovo polo, una nuova idea della nazione” un movimento che “ricucia l’Italia”. Sabato Emma Marcegaglia aveva invitato l’Udc a riflettere se entrare nel governo e meno di 24 ore dopo, il leader centrista raccoglie l’invito e torna ad aprire all’ingresso in un Berlusconi-bis, inventandosi questo armistizio che non va giù né a Di Pietro, né a Maroni e che fa esplodere Bersani che chiede a Casini di dire chiaramente, a questo punto, da che parte sta. Dopo aver per giorni insistito sulla necessità di un governo di responsabilità nazionale senza Berlusconi, Casini lancia oggi, chiudendo l’assemblea nazionale del suo partito,  segnali di disgelo con una proposta che il coordinatore di Fli Adolfo Urso giudica “seria” e che a molti invece, pare nel segno della gabbane cambiate. Tornano in mente le parole di Cossiga che, tagliente come spesso, aveva definito Casini “alleato con chiunque vinca”. Insomma, imperterrito continua il balletto dei politici mente l’Italia si dibatte fra mille problemi e mentre Bersani continua a chiedere (ormai da solo) “una svolta nuova” e  gongola il presidente dei deputati Pdl Fabrizio Cicchitto, che dice: “Su quello che ha detto Casini esistono elementi di consenso e di dissenso. Prendiamo atto che si tratta di un atteggiamento costruttivo e dialettico assai lontano da quello distruttivo del Pd. Un confronto che può valere anche per il futuro”. Mette invece i paletti Sandro Bondi, evidentemente stanco di dover ingoiare tutto ed essere usato dal suo capo come carne da macello e dice: “ Casini  ha ragione quando invita il Pd a distaccarsi dalla sinistra estrema di Di Pietro e di Vendola e di imboccare con coraggio una via riformista. Purtroppo il Pd non ascolterà l’appello di Casini perché avrebbe dovuto compiere da tempo una dolorosa riflessione culturale prima ancora che politica per essere in grado di essere oggi una responsabile forza di opposizione e diventare domani una credibile forza di governo”. Casini – osserva Bondi – compie pero’ un errore politico quando non riconosce i meriti dell’attuale governo e indica soluzioni di emergenza, senza prima ascoltare il verdetto popolare e democratico”. Ed è con lui, naturalmente, il portavoce Capezzoni. Il presidente del Pd alla Camera Dario Franceschini, commenta: “ Il discorso di Casini è giusto, con la crisi e mesi difficili davanti, serve un clima di responsabilità nazionale. È evidente che né la Lega né Berlusconi che hanno causato questi problemi possono essere coinvolti in un percorso di questo tipo. Casini lo sa bene”. A conferma delle parole di Franceschini arriva la dichiarazione di Gianfranco Rotondi, ministro per l’attuazione del programma: “L’offerta di Casini è arrivata fuori tempo utile. Temo che senza fiducia – e la partita è tutta aperta – resti solo il ricorso alle urne”. Insomma continua il gioco delle parti e i cambi di squadra e di maglia in corsa, mentre l’Italia non trova sbocchi alle varie crisi, da 20.000 cittadini denunciate ieri a L’Aquila, incuranti del temo inclemente e della non adesione di Provincia e Regione.  E non meno ambiguo appare in questa fase Fli che con Urso dichiara: “Serve un governo di responsabilità nazionale che ricomponga tutte le forze che si richiamano al popolarismo europeo, Udc compresa. Se non si vuole fare la fine di Prodi occorre pensare da subito ad un nuovo governo e ad un nuovo programma più adeguato alle sfide che il Paese deve affrontare”.  Intanto a sinistra cresce il caos e la frammentazione. Rifondazione Comunista si riunisce oggi  con gli ex cossuttiani che fondarono il Pdci. Di nuovo insieme sotto un nuovo tetto, quello della Federazione della Sinistra e con loro, le associazioni Socialismo 2000 di Cesare Salvi e Lavoro e Solidarietà di Gianpaolo Patta. Ma, sebbene il nuovo organismo federativo si dica orientato a tornare in parlamento, lo farà non affianco al Pd, ma guardando con certo interesse solo a Nichi Vendola. Ma, sembra, che Vendola, scrive La Repubblica, non sia intenzionato a imbarcare i nuovi compagni che, andando soli, duri  puri, non solo non raggiungeranno il 2%, ma divideranno di più i voti della sinistra.  Intanto,  tutto questa baillamme, conferma nei cittadini l’idea che se non è zuppa è pan bagnato; che, una volta al governo e quale che sia il loro orientamento, i politici fanno “più o meno” le stesse cose. È un’impressione comprensibile ma che va combattuta, e per due motivi. Il primo è che nel “più o meno” possono celarsi differenze significative, del tutto sufficienti a giustificare una scelta elettorale per l’una o per l’altra parte. Il secondo motivo è ancor più importante: quell’impressione va contrastata perché porta discredito non solo su partiti e governi, ma sugli stessi principi. Destra e sinistra sarebbero parole vuote, paraventi ideologici senza spessore, pretesti per celare un puro gioco di potere da parte di politici meschini e auto-interessati. Non è così: anche se i politici sono spesso meschini e auto-interessati, in quelle parole si riassume l’intera storia della politica contemporanea europea e vanno prese sul serio, soprattutto da cittadini come noi e come noi provati sino allo stremo. E se qualcuno avesse dei dubbi, consiglio di leggersi Capitalismo scatenato di Andrew Glyn, Brioschi editore, per rammentarsi che, a differenza di quelli di destra ed anche quando vincolati da eredità storiche di natura sociale, istituzionale, economica e culturale di difficile modificazione, da un lato e condizionati dal regime economico-politico internazionale prevalente, dall’altro; anche quando hanno margini di manovra ristretti, i governi di sinistra, a causa dei  propri orientamenti ideologici, “qualcosa di sinistra” omunqueriescono a far passare. Ciò che davvero manca e da tempo nella sinistra è unità. Come scriveva su Il Manifesto Mario Tronti e già nel 2001, dire `sinistra plurale’ non è sufficiente. La sinistra molteplice c’è già. È la sinistra unita che manca. L’unità, poi dovrebbe articolarsi in forme inedite: su questo, soprattutto, c’è da lavorare. Credo che bisognerebbe far tornare il tempo dell’immaginazione al potere: questa volta ad un potere capace di progettare un rinnovamento realizzato in modo unitario e trascinante.
Carlo Di Stanislao

L’ultima trovata di Pierferdinando Casini è un governo ispirato al “dio armistizio” e rivolto alla platea dell’assemblea nazionale dell’Udc, riunita a Milano., afferma che,  in questo momento politico, “deve nascere qualcosa di nuovo”, ma e’ sbagliato parlare di terzo polo, perche’ il termine e’ frutto della logica del bipolarismo che il partito vuole combattere. A suo giudizio, e’ necessario invece, un “nuovo polo, una nuova idea della nazione” un movimento che “ricucia l’Italia”. Sabato Emma Marcegaglia aveva invitato l’Udc a riflettere se entrare nel governo e meno di 24 ore dopo, il leader centrista raccoglie l’invito e torna ad aprire all’ingresso in un Berlusconi-bis, inventandosi questo armistizio che non va giù né a Di Pietro, né a Maroni e che fa esplodere Bersani che chiede a Casini di dire chiaramente, a questo punto, da che parte sta. Dopo aver per giorni insistito sulla necessità di un governo di responsabilità nazionale senza Berlusconi, Casini lancia oggi, chiudendo l’assemblea nazionale del suo partito,  segnali di disgelo con una proposta che il coordinatore di Fli Adolfo Urso giudica “seria” e che a molti invece, pare nel segno della gabbane cambiate. Tornano in mente le parole di Cossiga che, tagliente come spesso, aveva definito Casini “alleato con chiunque vinca”. Insomma, imperterrito continua il balletto dei politici mente l’Italia si dibatte fra mille problemi e mentre Bersani continua a chiedere (ormai da solo) “una svolta nuova” e  gongola il presidente dei deputati Pdl Fabrizio Cicchitto, che dice: “Su quello che ha detto Casini esistono elementi di consenso e di dissenso. Prendiamo atto che si tratta di un atteggiamento costruttivo e dialettico assai lontano da quello distruttivo del Pd. Un confronto che può valere anche per il futuro”. Mette invece i paletti Sandro Bondi, evidentemente stanco di dover ingoiare tutto ed essere usato dal suo capo come carne da macello e dice: “ Casini  ha ragione quando invita il Pd a distaccarsi dalla sinistra estrema di Di Pietro e di Vendola e di imboccare con coraggio una via riformista. Purtroppo il Pd non ascolterà l’appello di Casini perché avrebbe dovuto compiere da tempo una dolorosa riflessione culturale prima ancora che politica per essere in grado di essere oggi una responsabile forza di opposizione e diventare domani una credibile forza di governo”. Casini – osserva Bondi – compie pero’ un errore politico quando non riconosce i meriti dell’attuale governo e indica soluzioni di emergenza, senza prima ascoltare il verdetto popolare e democratico”. Ed è con lui, naturalmente, il portavoce Capezzoni. Il presidente del Pd alla Camera Dario Franceschini, commenta: “ Il discorso di Casini è giusto, con la crisi e mesi difficili davanti, serve un clima di responsabilità nazionale. È evidente che né la Lega né Berlusconi che hanno causato questi problemi possono essere coinvolti in un percorso di questo tipo. Casini lo sa bene”. A conferma delle parole di Franceschini arriva la dichiarazione di Gianfranco Rotondi, ministro per l’attuazione del programma: “L’offerta di Casini è arrivata fuori tempo utile. Temo che senza fiducia – e la partita è tutta aperta – resti solo il ricorso alle urne”. Insomma continua il gioco delle parti e i cambi di squadra e di maglia in corsa, mentre l’Italia non trova sbocchi alle varie crisi, da 20.000 cittadini denunciate ieri a L’Aquila, incuranti del temo inclemente e della non adesione di Provincia e Regione.  E non meno ambiguo appare in questa fase Fli che con Urso dichiara: “Serve un governo di responsabilità nazionale che ricomponga tutte le forze che si richiamano al popolarismo europeo, Udc compresa. Se non si vuole fare la fine di Prodi occorre pensare da subito ad un nuovo governo e ad un nuovo programma più adeguato alle sfide che il Paese deve affrontare”.  Intanto a sinistra cresce il caos e la frammentazione. Rifondazione Comunista si riunisce oggi  con gli ex cossuttiani che fondarono il Pdci. Di nuovo insieme sotto un nuovo tetto, quello della Federazione della Sinistra e con loro, le associazioni Socialismo 2000 di Cesare Salvi e Lavoro e Solidarietà di Gianpaolo Patta. Ma, sebbene il nuovo organismo federativo si dica orientato a tornare in parlamento, lo farà non affianco al Pd, ma guardando con certo interesse solo a Nichi Vendola. Ma, sembra, che Vendola, scrive La Repubblica, non sia intenzionato a imbarcare i nuovi compagni che, andando soli, duri  puri, non solo non raggiungeranno il 2%, ma divideranno di più i voti della sinistra.  Intanto,  tutto questa baillamme, conferma nei cittadini l’idea che se non è zuppa è pan bagnato; che, una volta al governo e quale che sia il loro orientamento, i politici fanno “più o meno” le stesse cose. È un’impressione comprensibile ma che va combattuta, e per due motivi. Il primo è che nel “più o meno” possono celarsi differenze significative, del tutto sufficienti a giustificare una scelta elettorale per l’una o per l’altra parte. Il secondo motivo è ancor più importante: quell’impressione va contrastata perché porta discredito non solo su partiti e governi, ma sugli stessi principi. Destra e sinistra sarebbero parole vuote, paraventi ideologici senza spessore, pretesti per celare un puro gioco di potere da parte di politici meschini e auto-interessati. Non è così: anche se i politici sono spesso meschini e auto-interessati, in quelle parole si riassume l’intera storia della politica contemporanea europea e vanno prese sul serio, soprattutto da cittadini come noi e come noi provati sino allo stremo. E se qualcuno avesse dei dubbi, consiglio di leggersi Capitalismo scatenato di Andrew Glyn, Brioschi editore, per rammentarsi che, a differenza di quelli di destra ed anche quando vincolati da eredità storiche di natura sociale, istituzionale, economica e culturale di difficile modificazione, da un lato e condizionati dal regime economico-politico internazionale prevalente, dall’altro; anche quando hanno margini di manovra ristretti, i governi di sinistra, a causa dei  propri orientamenti ideologici, “qualcosa di sinistra” omunqueriescono a far passare. Ciò che davvero manca e da tempo nella sinistra è unità. Come scriveva su Il Manifesto Mario Tronti e già nel 2001, dire `sinistra plurale’ non è sufficiente. La sinistra molteplice c’è già. È la sinistra unita che manca. L’unità, poi dovrebbe articolarsi in forme inedite: su questo, soprattutto, c’è da lavorare. Credo che bisognerebbe far tornare il tempo dell’immaginazione al potere: questa volta ad un potere capace di progettare un rinnovamento realizzato in modo unitario e trascinante.
Carlo Di Stanislao

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