Gambe senza riposo

Le donne con Sindrome delle gambe senza riposo (RLS) durante la gravidanza, presentano un rischio quattro volte maggiore di soffrire della forma cronica di RLS più avanti nel tempo o nel corso di successive gravidanze. A soffrire di RLS è circa il 5% della popolazione italiana e le donne affette sono il doppio degli uomini. […]

Le donne con Sindrome delle gambe senza riposo (RLS) durante la gravidanza, presentano un rischio quattro volte maggiore di soffrire della forma cronica di RLS più avanti nel tempo o nel corso di successive gravidanze. A soffrire di RLS è circa il 5% della popolazione italiana e le donne affette sono il doppio degli uomini. A dirlo è una ricerca coordinata da Mauro Manconi, ricercatore e neurologo presso il Centro di Medicina del Sonno dell’Ospedale San Raffaele Turro Milano, pubblicata sulla rivista Neurology. La Sindrome delle gambe senza riposo è un disturbo motorio del sonno che causa una sensazione spiacevole d’irrequietezza alle gambe. La condizione generalmente peggiora durante la notte e a riposo mentre è alleviata dal movimento.I sintomi tendono a peggiorare con l’età. I ricercatori hanno seguito per circa 7 anni 74 donne che avevano sofferto di RLS in gravidanza e 133 che non ne avevano sofferto.Lo studio ha evidenziato che le donne che avevano presentato RLS in gravidanza avevano, rispetto a coloro che non ne avevano mai sofferto, una probabilità di sviluppare nuovamente il disturbo in forma cronica quattro volte maggiore. Inoltre, il 60% delle donne con pregressa RLS in gravidanza ripresentavano i sintomi in successive gravidanze, mentre ciò accadeva solo nel 3% delle donne che non aveva sofferto di RLS in gravidanza. I sintomi della malattia in genere compaiono in età adulta e avanzata, ma possono insorgere anche in gioventù e più raramente nell’infanzia. Per la diagnosi e la cura della malattia è bene rivolgersi al proprio medico di famiglia oppure, specie nei casi più complessi, a un centro di medicina del sonno certificato. I comuni sedativi o sonniferi sono spesso inefficaci e possono indurre dipendenza. Oggi, tuttavia, disponiamo di farmaci che agiscono sul recettore della dopamina, efficaci e ben tollerati.

Carlo Di Stanislao

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