Athos del mare

Quando l’ ha vista allontanarsi, si è tuffato per raggiungerla. E’ stato un attimo. Uno dei marinai, Pietro De Marco, 50 anni, siciliano, nonostante la stanchezza, il freddo ed il pericolo, tra le urla sgomente dei suoi compagni, si e’ buttato in acqua malgrado la tempesta, per raggiungerlo e salvarlo, ma non è riuscito nell’impresa. […]

Quando l’ ha vista allontanarsi, si è tuffato per raggiungerla. E’ stato un attimo. Uno dei marinai, Pietro De Marco, 50 anni, siciliano, nonostante la stanchezza, il freddo ed il pericolo, tra le urla sgomente dei suoi compagni, si e’ buttato in acqua malgrado la tempesta, per raggiungerlo e salvarlo, ma non è riuscito nell’impresa. La nave era tutto il suo universo, con la cuccia nel locale caldaie e tutto il ponte per correre e respirare. Così, l’altra sera, s’è gettato in mare,   per raggiungere le paratie rosse di quel mondo in movimento, muovendo forte le zampe in direzione della nave. Era accanto ai marinai, sul ponte, mentre il rimorchiatore trainava la sua nave verso la salvezza. E quanto la vista allontanarsi si è gettato, senza nessuna incertezza, ma è stato inghiottito dal vortice delle eliche, chiuso nel silenzio del mare che era stato, nei sette anni della sua vita, il suo unico orizzonte. E’ morto così Athos, meticcio con fattezze da pastore corso, cane d’altura, come si dice, mascotte della Jolly Amaranto. E’ morto come vuole il suo nome, quello del moschettiere con il cuore più grande o del Capitano Amaranto (lo stesso nome della nave), medaglia d’oro della seconda guerra mondiale. Athos, che non aveva mai lasciato la sua nave, si è gettato in acqua per raggiungere la sua cuccia, il suo mondo: la portacontainer della compagnia Ignazio Messina di Genova, rimasta in balia delle onde per tre giorni al largo di Alessandria d’Egitto a causa di un’avaria al motore e delle terribili condizioni del mare e che si è insabbiata subito dopo,  nella notte,  all’ingresso del porto egiziano, dove era arrivata incolume ma non era stata lasciata entrare. Tutti salvi, invece, i 21 uomini di equipaggio, per la maggioranza italiani, fra cui un elettricista di Pescara. Salvi ma col cuore gonfio, per la perdita di Athos e della nave. “Nascere – dice l’odioso avventuriero Stein in “Lord Jim” – è come cadere in mare e bisogna farsi sostenere dal mare senza fondo”. Lo sanno bene gli scampati lupi di mare e sanno anche che, nonostante la mancanza del loro cane, dovranno ripartire, sfidare il mare ed andare avanti. Se la realtà è nascosta e va scoperta, di essi sanno, per antica abitudine alla sofferenza e al lutto, che in qualche momento, i destini dei vivi e dei morti sembrano ricongiungersi e, in quei momenti, non si sa più chi sia il sopravvissuto e chi il defunto, chi parli e per bocca di chi. Così adesso se ne stanno muti ad immaginare Athos, cane coraggioso e mosso dalla nostalgia, che si sta preparando una nuova cuccia, in fondo a quel mare che è stato per lui l’unico mondo.

Carlo Di Stanislao

3 risposte a “Athos del mare”

  1. cane ha detto:

    Addio Athos cane marinaio. E complimenti all’autore, un articolo davvero toccante, come toccante è stata la storia di Athos, un cane coraggioso che ha voluto difendere fino in fondo tutto il suo mondo. Addio Athos e grazie per averci insegnato qualcosa con il tuo sacrificio!

  2. Nicola ha detto:

    Athos, un esempio di fedelta’ e dovere.

  3. TerryMoto ha detto:

    Quanto abbiamo da imparare dagli animali, noi uomini, di … razza “superiore”

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