Ddl fra le spine, mille proroghe con mancanze, andate e ritorni ed italiani in croce.

E’ iniziata sull’aria di  Waka Waka e con lo slogan “Viva l’università libera e pubblica”, il corteo degli universitari che, a Roma, ha bloccato la tangenziale, dalla via Prenestina, con i manifestanti che percorso il viadotto in direzione del centro. Intanto il Quirinale ha fatto sapere che Napolitano, a cui gli studenti avevano scritto ieri, […]

E’ iniziata sull’aria di  Waka Waka e con lo slogan “Viva l’università libera e pubblica”, il corteo degli universitari che, a Roma, ha bloccato la tangenziale, dalla via Prenestina, con i manifestanti che percorso il viadotto in direzione del centro. Intanto il Quirinale ha fatto sapere che Napolitano, a cui gli studenti avevano scritto ieri, è disposto ad incontrare una delegazione dei giovani che protestano contro la riforma Gelmini, facendo esplodere la folla dei manifestanti in un boato di gioia. Anche in altre città, Palermo, Torino, Milano, migliaia di studenti hanno manifestato in modo composto e sin’ora non si segnalano né incidenti né tafferugli. Quanto al fronte parlamentare l’iter del Ddl Gelmini si fa sempre più lungo: al Senato, infatti, dopo il mancato accordo sui tempi in conferenza dei capigruppo, Pd e Idv hanno ricominciato in modo sistematico a fare ostruzionismo. La conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama, durata oltre un’ora, non ha infatti trovato un accordo tra le forze politiche sui tempi di approvazione del ddl Gelmini di riforma dell’università e Anna Finocchiaro (Pd) ha spiegato che a fronte della mancata modifica delle norme in contraddizione tra loro, “non daremo nessuna garanzia sui tempi. Il presidente Schifani applicherà il regolamento e noi ci gioveremo di tutto ciò che ci consente il regolamento”. Felice Belisario (Idv) attacca: “Il Senato deve correggere quelle norme altrimenti il Parlamento viene ridotto ad ancella del governo ed è pericoloso. È l’anticamera di qualcos’altro”. E Gianpiero D’Alia (Udc) aggiunge: “Questa riforma così non va. Ci sono problemi anche di copertura finanziaria. Il nostro giudizio è negativo. Poi – ha sottolineato – se verrà accolto qualche nostra proposta, sul voto finale potremmo astenerci”. E una brutta aria tira anche nel Consiglio dei Ministri, che ha approvato il decreto legge “Milleproroghe” innestando una grave polemica sul presunto “caro-biglietti” del cinema. Con la proroga per il triennio 2011-2013 degli sgravi fiscali a favore del cinema, infatti, la bozza prevede “per l’accesso a pagamento nelle sale cinematografiche o in altri luoghi per assistere a spettacoli cinematografici, un contributo speciale a carico dello spettatore pari a un euro, da versare all’entrata del bilancio dello Stato”.  “Una decisione folle che danneggia i cittadini italiani e gli appassionati di cinema, e che avrà ripercussioni negative per gli stessi esercenti cinematografici”, attacca il Codacon. “Si tratta di una vera e propria stangata per le tasche dei cittadini – afferma il presidente Carlo Rienzi – Già oggi i cinema italiani sono tra i più cari del mondo, e il costo medio di un biglietto è pari a 7,50/8,00 euro, mentre per le visioni di film in 3D può arrivare a 12 euro. Se approvato il provvedimento del Governo, un biglietto arriverà a costare 9 euro, 13 euro per i film in 3D. Si tratta di prezzi improponibili”. Ed ancor peggio sembra essere andata per noi aquilani, perché, come denunciato dal deputato del Partito democratico Gianni Lolli, la proroga per la restituzione delle tasse sospese per il terremoto, non sarebbe stato neanche inserita nelle Milleproroghe, nonostante le rassicurazioni del Premier, che ci aveva promesso che saremmo stati trattati come le altre popolazioni colpite da calamità naturali, ovvero  Marche e Umbria, Molise e alluvionati di Alessandria, con una restituzione, quindi, a dieci anni dall’evento e con un abbattimento al 40%. Ancora oggi, nell’aula della Camera, si è anche consumata la rottura tra il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo e la sua maggioranza, in ragione della proposta di legge, poi approvata dai deputati con 283 sì, 190 no e 2 astenuti, che contiene interventi per agevolare la libera imprenditorialità e per il sostegno del reddito. Il ministro all’Ambiente aveva chiesto a nome del governo di rinviare in commissione la legge per un approfondimento su una norma sullo smaltimento dei rifiuti per le piccole imprese. Prestigiacomo aveva spiegato ai deputati che stava lavorando a una soluzione da inserire nel Milleproroghe e per questo chiedeva il rinvio del testo in commissione, per aver il tempo di presentarla al decreto Milleproroghe. Il rinvio però è stato bocciato per soli tre voti di scarto con la maggioranza che ha votato contro il governo e la minoranza che lo difendeva. Addirittura dai banchi del Pdl sono partite grida di “dimissioni, dimissioni”. A questo punto la Prestigiacomo ha accusato il capogruppo Pdl, Fabrizio Cicchitto, di non averla ascoltata e di aver esposto il governo a un voto che poteva metterlo in difficoltà. E, subito dopo, ha dichiarato: “Lascio il Pdl, vado nel gruppo misto”. Ma, come nel caso della Carfagna, anche in questo caso basterà una telefonata di Berlusconi e la cosa certamente sarà ricomposta. Inoltre, come si dice, per una che va, uno ne torna e sembra proprio disposto a tornare all’ovile la pecorella smarrita Fini, che fa gli auguri ed un regalo al premier e alla cena per gli auguri di Natale di Futuro e Libertà, dice “Basta contrapposizioni con Berlusconi, è l’ora di proposte concrete”, dando (a Libero e al Giornale), l’impressione di voler gettare le armi. Fini, a quanto pare febbricitante, ha così spiegato alla cena la condotta che Fli dovrà tenere: “La pubblica opinione ha capito la nostra insofferenza per Berlusconi ma non capirebbe un’opposizione pregiudiziale. Per questo la nostra d’ora in poi dovrà essere un’opposizione responsabile”. Un modo sibillino di parlare a falchi e colombe e, di tenersi la terza carica dello Stato e lo spazio per un possibile rientro. Ed una rentrèe inattesa è quella di Berlusconi, lontano dagli schermi (ma non dai telefoni) da parecchi mesi, che per farla sceglie il palco amico di Canale 5 e l’addomesticata (dopo Mentana) “Matrix” e da lì che bolla come “incredibili” le dichiarazioni di Fini sulla legislatura che ora può continuare e dice di “prendere atto” dell’offerta di Casini, di cui però non si fida al 100%. Il presidente del Consiglio nella trasmissione-show (che stavolta non è stata affidata a Vespa) riserva parole dure al “nemico” Fini, mentre blandisce senza eccedere l’Udc, consapevole dell’ostacolo Lega. Della cui opposizione al “ritorno” di Casini dà una giustificazione: “La Lega si ricorda del no dell’Udc al federalismo e credo che questo influisca sul loro giudizio negativo. Poi ricorda furbescamente che, “Personalmente gli voglio bene. Con lui non ho mai avuto discussioni di cattivo gusto o volgari”. E, ancora, maligno, rammenta che quando nacque il Pdl “Casini voleva apparentarsi con noi”, ma “a opporsi” fu proprio quel Fini con cui oggi flirta. Riferendosi poi all’appello alla stabilità lanciato ieri dal capo dello Stato Giorgio Napolitano, il premier spiega che l’ipotesi delle elezioni anticipate non è stata messa del tutto da parte. Insomma in questo nuova capitolo della guerra (in progress e spostamento) fra Berlusconi e Fini il gioco delle parti è incrociato e a ruoli alternati. Oggi Fini, ripresosi miracolosamente e senza un’ora di letto, nella base militare italiana di Belo-Polje, pranzando con il nostro contingente di stanza in Kosovo, ha detto che ”La politica italiana e’ effervescente e non ci annoiamo”, ma avremmo preferito una battuta più rassicurante circa il suo ruolo nel gioco finto di ruoli e di posizioni scambievoli, che avviluppano l’Italia di questi ultimi tempi. E’ di ieri il rapporto ISTAT che conferma che il nostro è un paese in crisi, senza lavoro e con poche speranze di ripresa a breve. Nel terzo trimestre dell’anno gli occupati sono diminuiti invece che stabilizzarsi (-0,2% su base trimestrale e -0,8% rispetto al 2009) e in pochi mesi, dunque, sono andati in fumo altri 176mila posti di lavoro. Senza lavoro sono soprattutto giovani e donne, mentre nel mezzogiorno il crollo è addirittura verticale (7.000 posti in meno in Abruzzo). Ma il ministro Sacconi, al solito, commenta dicendo che i nostri tassi sono più bassi che altrove in Europa e dimentica di dire che ciò si deve al riproporsi di fenomeni di scoraggiamento, ovvero di rinuncia alla ricerca di un impiego per la manifesta impossibilità di trovarlo senza adeguata “protezione”, come ben sa chi si è trovato almeno una volta nella vita a fronteggiare questa situazione. Se non bastasse questo scenario il recente Bollettino di Bankitalia sulla ricchezza delle famiglie rende chiaro quale sia un altro dei problemi che affliggono la struttura sociale di questo paese. Bankitalia segnala infatti come in Italia la ricchezza non sia distribuita omogeneamente ma caratterizzata da un elevato grado di concentrazione dove la gran parte delle famiglie detengono livelli modesti o nulli di ricchezza, mentre poche famiglie dispongono di una ricchezza elevata. Sempre dal bollettino di Bankitalia risulta che tra il 2007 e il 2008 la ricchezza delle famiglie è calata del 3,5% tornando ai valori di inizio decennio. Di fronte a questi dati sono ancora più amare le tesi dell’Amministratore Delegato della Fiat quando ipotizza scenari salariali sempre più contratti per poter “affrontare la concorrenza dei paesi in via di sviluppo”. Se non si comincerà a pensare a una politica di ridistribuzione del reddito, a una seria lotta all’evasione fiscale e a una reale politica occupazionale, invece che alle schermaglie politiche e alle andate e ritorni, l’Italia entrerà, certamente, nel baratro del suo periodo più nero.

Carlo Di Stanislao

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