Vent’anni fa, Rifondazione comunista

Vent’anni fa, domenica 3 febbraio 1991, una novantina di delegati abbandonarono la sala del XX congresso del Pci, che si teneva a Rimini, per non partecipare allo scioglimento del Pci e alla nascita Pds. Immediatamente convocarono una conferenza stampa in cui Sergio Garavini, Armando Cossutta, Lucio Libertini, Ersilia Salvato e Rino Serri annunciarono la decisione […]

Vent’anni fa, domenica 3 febbraio 1991, una novantina di delegati abbandonarono la sala del XX congresso del Pci, che si teneva a Rimini, per non partecipare allo scioglimento del Pci e alla nascita Pds.
Immediatamente convocarono una conferenza stampa in cui Sergio Garavini, Armando Cossutta, Lucio Libertini, Ersilia Salvato e Rino Serri annunciarono la decisione di dar vita ad una formazione comunista.
I cinque, insieme a Guido Cappelloni e Bianca Bracci Torsi, si recarono quindi dal notaio per registrare il simbolo del Pci, segnalando anche sul piano legale la volontà di proseguire l’impegno politico in quanto comunisti e comuniste.
Una settimana dopo, al teatro Brancaccio di Roma, migliaia di compagni e compagne parteciparono alla prima assemblea di massa di quello che divenne il Movimento per la Rifondazione Comunista. Al Brancaccio venne esposta una enorme bandiera rossa, realizzata cucendo insieme centinaia e centinaia di bandiere e costruendo così, da basso, la più grande bandiera rossa mai realizzata.
Credo che oggi a quegli uomini e a quelle donne che hanno dato vita a Rifondazione comunista debba andare il nostro ringraziamento. Innanzitutto per il coraggio di andare controcorrente in una fase in cui, dopo la caduta del muro di Berlino, il capitalismo sembrava aver vinto la partita definitiva. Erano gli anni in cui Fukujama proclamava la “fine della storia” e in cui il capitalismo veniva presentato, prima ancora che invincibile, come un dato naturale. Se l’anticapitalismo non è stato soffocato in Italia è stato anche grazie a quella scelta.
Penso che il nostro ringraziamento vada espresso anche per il nome scelto: Rifondazione comunista. Tanti erano i nomi possibili e forti erano le spinte a caratterizzare una nuova formazione comunista semplicemente come la prosecuzione dell’esperienza precedente. Nella scelta del nome vi fu invece una precisa scelta politica che riteniamo valida ancor oggi. Comunista, perché siamo comunisti e comuniste che si battono per una società di liberi e di eguali che si può realizzare solo superando il capitalismo. Rifondazione, perché consapevoli che nella sua storia il movimento comunista ha compiuto molti errori ed in particolare che le esperienze del socialismo reale sono fallite, dando vita a regimi che contraddicevano radicalmente gli ideali comunisti.
Non quindi semplicemente la ricostruzione di un partito comunista, ma Rifondazione comunista nella consapevolezza che i due termini si qualificano a vicenda, e che solo una rifondazione teorica e pratica del comunismo avrebbe potuto porsi efficacemente l’obiettivo di superare “sul serio” il capitalismo. In questo senso rifondazione comunista non ha dato vita solo ad un partito ma ha esplicitato una indicazione generale, chiara, sulla necessità della rifondazione del comunismo.
Accanto ai primi soci fondatori molti e molte altre si aggiunsero nei mesi successivi e Rifondazione divenne un crogiuolo in cui diversi spezzoni ed esperienze politiche della sinistra di classe e comunista confluirono. La costruzione del Movimento prima e del Partito poi, fu una grande esperienze di dialogo e riconoscimento che riguardò in primo luogo decine e decine di migliaia di militanti che provenendo da storie diverse impararono a dialogare, a confrontarsi, a cercare collettivamente nuove strade.
Questo elemento della partecipazione dal basso è un elemento caratterizzante non solo la nascita, ma tutta l’esperienza di Rifondazione. Nel bene e nel male rifondazione non è stato solo un fenomeno politico ma è stata una esperienza di popolo, uno spazio pubblico, si direbbe oggi. Lo voglio ricordare perché la storia di Rifondazione rappresenta l’esemplificazione di uno degli slogan che il movimento si dette sin dall’inizio: liberamente comunisti. Credo che in nessun partito italiano gli iscritti, la cosiddetta base, abbia contato quanto ha contato in Rifondazione. In tutti i momenti di scelta e di scontro – e non sono stati pochi – alla fine ha sempre prevalso l’orientamento dei compagni e delle compagne iscritte anche sulle prese di posizione dei massimi dirigenti. Se vogliamo ricercare una conferma che il termine rifondazione è stato preso sul serio, lo possiamo trovare proprio in questo, nel non identificare il partito con i suoi gruppi dirigenti e nel mettere al centro della vita del partito la partecipazione.
Oggi, a distanza di vent’anni, vedendo come sono finiti il Pds e poi i Ds e poi il Pd, si può apprezzare fino in fondo la giustezza della scelta dei fondatori di Rifondazione. La cui ragione di esistenza non sta però solo nel fallimento delle esperienze politiche nate dallo scioglimento del Pci o nel nostro essere soggettivamente comunisti e comuniste. La ragione di fondo della nostra esistenza la troviamo al di fuori di noi e precisamente nella crisi capitalistica che è li a ricordarci come questo non sia il migliore dei mondi possibili. Il fondamento ultimo della nostra esistenza sta proprio li, nell’incapacità strutturale del capitalismo di dare una risposta ai bisogni dell’umanità e alla coniugazione del vivere civile con la limitatezza delle risorse del pianeta su cui viviamo. La drammatica alternativa tra socialismo e barbarie che si ripresenta oggi, ci dice di come l’esigenza del superamento del capitalismo sia più urgente che mai. Per questo noi, uomini e donne liberamente comunisti, vogliamo proseguire lungo il cammino intrapreso.
Paolo Ferrero

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *