Fra due fuochi

Non tanto Renzi o Zingaretti, né tantomeno Cacciari e Ciamparino, quanto Ricciardi e Saviano rappresentano i “fuochi” di novità che possono cambiare il volto della politica in Italia. Il primo, Andrea Riccardi, si dichiara non politico ma, proprio per questo, capace di riflessioni su ciò che è e non è la politica. Fondatore della Comunità […]

Non tanto Renzi o Zingaretti, né tantomeno Cacciari e Ciamparino, quanto Ricciardi e Saviano rappresentano i “fuochi” di novità che possono cambiare il volto della politica in Italia. Il primo, Andrea Riccardi, si dichiara non politico ma, proprio per questo, capace di riflessioni su ciò che è e non è la politica. Fondatore della Comunità di Sant’Egidio e professore di storia, pluripremiato in Italia e all’estero, è l’emblema, oggi, per la varietà e diversità degli scenari su cui si muove, d’una diffusa aspirazione a non lasciare agli Stati il monopolio della politica; nella convinzione che per la salvezza del mondo, unito e pur diviso nell’era della globalizzazione, è necessario, accanto all’azione delle istituzioni governative, un forte impegno civile, d’ispirazione religiosa o laica. E’ sfuggita a molti la lunga intervista di qualche giorno fa sul Corriere della Sera in cui ha delineato quello che dovrebbe essere l’impegno del cristiano in politica, tracciando una alternativa convincente e nuova, non solo al fallito bipolarismo, ma anche rispetto al cosiddetto Terzo Polo che, per ora, resta un mero cartello elettorale. In fondo, ciò che lui ha dichiarato (e realizzato, puntualmente, dal 1968 ad oggi), è la sintesi pratica di una celebre frase-viatico di Benedetto XVI: “prescindere dalla dimensione spirituale, ma riconoscere che proprio questa, radicalmente, è garante della nostra libertà e dell’autonomia delle realtà terrene, grazie ai dettami della Sapienza creatrice che la coscienza umana sa accogliere ed attuare.” Secondo Ricciardi, accettando che la società plurale nella quale i cattolici sono oggi chiamati a vivere implica la necessità di un confronto a 360° con tutti i soggetti in campo, teso ad individuare i beni comuni sia spirituali che materiali e le politiche adeguate a promuoverli, i cattolici non devono tuttavia rassegnarsi all’irrilevanza come tali. Al contrario, proprio perché la rappresentanza cattolica non è più garantita da un unico partito, ai fedeli laici è richiesto di saper concorrere al bene comune rendendo così pubblicamente ragione della fecondità sociale della propria fede. E questo ha delle conseguenze decisive per i contenuti ed il metodo dell’impegno politico. In pratica, operando in partiti diversi, i laici cattolici dovranno praticare il decisivo principio di distinguere nell’unito. Non dovranno perdere, nell’elaborazione e nell’attuazione dei programmi, il senso della comune appartenenza ecclesiale e mostrare che in necessariis (ci vuole), unitas. Questo esalterà la libertà nella sfera dell’opinabile. In ogni caso non farà venir meno in omnibus caritas. Questa sua idea è ben espressa nel libro che ha scritto ani fa su Andrea Valiani, edito da Franco Angeli, in cui segue l’iter che ha portato quell’intellettuale, prima a aderire idealmente al socialismo, poi al Pcdi e infine a mettere in discussione la linea politica dell’Internazionale comunista e, con essa, l’intero impianto del marxismo-leninismo a vantaggio di una concezione democratico-radicale della rivoluzione antifascista, fino all’ingresso in Giustizia e Libertà, nel 1940. Quella del giovane Valiani è una battaglia non priva di violente sterzate, contraddizioni e incertezze, tanto coraggiosa e intransigente quanto intimamente lacerante, che forgia le capacità del futuro dirigente della Resistenza e le consapevolezze dell’intellettuale maturo. Una storia esemplare e da seguire, secondo Ricciardi, che nell’estate 1971 di fece la sua ultima esperienza con il gruppo di Comunione e Liberazione e poi si dedicò interamente alla comunità che aveva fondato. Nel 1973 Ricciardi, stabilì il proprio centro in Piazza Sant’Egidio a Roma, in un ex convento di monache carmelitane, facendone negli anni un centro di preghiera, solidarietà con i poveri, incontri per il dialogo e la pace. In questi anni egli si è mosso, con la sua comunità, non solo a favore dei diritti dei più deboli e dei meno garantiti, ma anche per sostenere che,poiché l’occidente come civiltà si sta disfacendo e la causa principale di questa dissoluzione è il venir meno del consenso morale, senza un ‘etica condivisa nessuna struttura giuridica ( sulla quale si fondano gli stati e le comunità) può reggere. Compito del cristiano, pertanto, di fronte alla crisi radicale dell’Occidente è quello di provocare in sé e negli altri un sussulto morale; rendersi cioè protagonisto di un progetto culturale che coinvolga tutte le componenti sociali alla costruzione di una nuova piattaforma di valori condivisa. Non si tratta di ingerenza del cristiani e della Chiesa nelle società laiche e secolarizzate ma di un servizio dei cristiani alla ricerca comune della verità e della sua declinazione in valori condivisi. Per Ricciardi, tutti gli uomini, credenti e non credenti, sono chiamati a riconoscere le esigenze della natura umana espresse nella legge naturale e ad ispirarsi ad essa nella formulazione delle leggi positive, quelle cioè emanate dalle autorità civili e politiche per regolare la convivenza umana. Quando la legge naturale e la responsabilità che essa implica sono negate, si apre drammaticamente la via al relativismo etico sul piano individuale e al totalitarismo dello Stato sul piano politico. La difesa dei diritti universali dell’uomo e l’affermazione del valore assoluto della dignità della persona postulano un fondamento. Pertanto i cristiani, possono esercitare il servizio alla verità nel mondo come soluzione radicale ad ogni pericolo di scontro di civiltà e di diffusione e sostegno ai terrorismi che incoraggiano questo scontro. L’illusione di trovare nel relativismo morale la chiave per una pacifica convivenza, è in realtà l’origine della divisione e della negazione della dignità degli esseri umani. In effetti, l’apertura alla verità e al bene, l’apertura a Dio, radicata nella natura umana, conferisce piena dignità a ciascun uomo ed è garante del pieno rispetto reciproco tra le persone. Pertanto, la libertà religiosa va intesa non solo come immunità dalla coercizione, ma prima ancora come capacità di ordinare le proprie scelte secondo la verità. Esiste un legame inscindibile tra libertà e rispetto; infatti, “nell’esercitare i propri diritti i singoli esseri umani e i gruppi sociali, in virtù della legge morale, sono tenuti ad avere riguardo tanto ai diritti altrui, quanto ai propri doveri verso gli altri e verso il bene comune”. Ciò che Ricciardi prospetta, allargando a macchia d’olio il numero di sostenitori nel mondo cattolico, è che occorre agire in maniera responsabile sulla base della conoscenza oggettiva e integrale dei fatti. Il che vuol dire, destrutturare ideologie politiche che finiscono per soppiantare la verità e la dignità umana e intendono promuovere pseudo-valori con il pretesto della pace, dello sviluppo e dei diritti umani; vuol dire favorire un impegno costante per fondare la legge positiva sui principi della legge naturale. Ricciardi irrompe in modo deflagrante nella cultura contemporanea che prende sempre più piede l’idea che l’ateismo sia una forma superiore di conoscenza e di moralità, una conseguenza logica delle scoperte scientifiche, del progresso tecnico, delle valutazioni storiche sul passato dell’umanità. In verità, oggi come ieri, rimangono assolutamente intatte le stesse domande di senso, sul mondo, sull’uomo, sul perché della vita e dell’universo. Contrapponendosi all’ideologia ateistica oggi rappresentata da scrittori e opinionisti come Piergiorgio Odifreddi, Corrado Augias, Umberto Veronesi, Richard Dawkins, Sam Harris, Christopher Hitchens, Ricciardi è il capofila di una nuova corrente di pensiero, se non politico, socialmente impegnato, che definisce come perdente e sbagliata l’utopia dell’amoralità biologica, che può facilmente portare verso degenerazioni come il nazionalismo ed il razzismo. Per Ricciardi, quindi, Dio non è morto ed anzi, è vivo e vegeto dal che, gli appartenenti a una delle quattro maggiori confessioni sono passati dal 67 per cento della popolazione mondiale del 1900 al 73 per cento del 2005 e si ritiene possano diventare l’80 per cento nel 2050. E questo, sostiene Ricciardi, è solo uno degli aspetti di quel ritorno del sacro che è stato definito come post-secolarismo, e che risponde alla crescente confusione e solitudine dell’individuo nella vita contemporanea: non è un caso che negli Stati Uniti Obama abbia vinto le elezioni riaffermando in senso progressista la propria fede. In Italia, invece, il dibattito rimane sul terreno dello scontro fra truppe acriticamente fedeli alla Chiesa e indiscriminati combattenti per la laicità, una guerra inutile e dannosa per tutti. I laici che rifiutano di prendere atto del ritorno identitario delle religioni finiscono con il perdere consensi nella società, anche quando portano avanti giuste battaglie. Mentre la Chiesa, arroccata in una difesa disperata e a volte prepotente, ignora una richiesta di spiritualità che rischia di venir soddisfatta altrove. L’unica salvezza è cambiare rotta in nome dell’apertura reciproca. E forgiare una nuova cultura laica, un liberalismo al plurale che sappia lottare contro ogni integralismo ma anche accettare il ruolo delle religioni come rafforzamento e complemento dello Stato liberale. E affrontare la vera sfida che attende i laici: riempire di senso il vuoto lasciato dalle ideologie, che minaccia di inghiottire le nostre società. Discorsi che fanno tremare i polsi ai vari partiti che, dal governo e dall’opposizione, si dichiarano fermi attorno ai valori cristiani, ma non applicano di fatto, nella prassi, tali valori. E se Ricciardi incanta il mondo cattolico più avvertito, quello di sinistra applaude a Roberto Saviano che, due giorni fa, al Palasharp di Milano, ha fatto sognare tutto il popolo contrario a questo governo, un “Paese diverso”, generando un brivido di freddo lungo da schiena dei dirigenti del Pd, che già lo vedono come possibile leader della coalizione di sinistra. L’autore di Gomorra, visibilmente commosso per l’affettuosa accoglienza, ha preso la parola e dicendo: “iniziare è complicato ma ci provo. Posso provare a raccontare il mio punto di vista, raccontare quello che si può vivere”. E mentre parlava la gente lo ascoltava ed applaudiva convinta, seguendolo con una speranza nuova in petto, nella descrizione di un’Italia diversa e con diverse prospettive e valori. Ed anche se il “Giornale” ha parlato di un rito neocatecumenale ordito dal solito De Benedetti, dopo il fallimento dell’esperimento Veltroni, per commissariare la sinistra, con Saviano si capisce che questa non è ancora decrepita ed anzi può presentare guizzi e sussulti improvvisi, capaci di ridestare coscienze sopite ed animi amaraggiati. Giampiero Mughini su Tiscali, scrive che Saviano, culturalmente parlando, “è ancora acerbo” ed inoltre “le sue non sono mai idee particolarmente originali.” Ma qui non si tratta di originalità o fluenza di eloquio, bensì di idee sane da recuperare e sostenere con forza e convinzione. Molto argutamente su Mymovies, a fine gennaio scorso, si è scritto che Saviano e Zalone sono le due facce di una stessa medaglia, che da voce e speranza ad un popolo altrimenti deluso. Il vero rischio per lui, adottato dalla piattaforma politica, è che non si trasformi in un prodotto, perché sarebbe deludente e tristissimo che un bravo scrittore ed un uomo d’impegno, si trasformi in strumento in mano alla politica. E di delusioni ne abbiamo già sopportate anche troppe. Speriamo si sbagli chi afferma che Il caso Saviano è un esempio di costruzione letteraria, che assolve una certa funzione, in fondo consolatoria e rassicurante, in un mondo in cui il conflitto politico è stato sostituito dalle contrapposizioni morali o moralistiche.

Carlo Di Stanislao

Letture consigliate

  • Agnoli F.: Perché non possiamo essere atei. Il fallimento dell’ideologia che ha rifiutato Dio, Ed. Piemme, Milano, 2009.
  • Bosetti G.: Il fallimento dei laici furiosi. Come stanno perdendo le scommessa contro Dio, Ed. Rizzoli, Milano, 2009.

  • Dalla Torre G.: Dio e Cesare. Paradigmi cristiani nella modernità, Ed. Citta Nuova, Roma, 2008.
  • Del Lago A.: Eroi di carta. Il caso Gomorra e altre epopee, Ed. Manifestolibri, Roma, 2010.

  • Ignazi P.: Il potere dei partiti. La politica in Italia dagli anni Sessanta a oggi, ed. Laterza, Roma-Bari, 2003.
  • Salvati M.: Occasioni mancate. Economia e politica in Italia dagli anni ’60 a oggi, ed. Laterza, Bari-Roma, 2002.
  • Saviano R.: La bellezza e l’inferno. Scritti 2004-2009, ed. Mondadori, Milano, 2009.
  • Scagliati G.: Il male assoluto. Da Fiuggi al PdL, Ed. Bonanno, Napoli, 2010
  • Wiegel G.: La cattedrale e il cubo. Europa, America e politica senza Dio, Ed. Rubattino, Roma, 2008.

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