Psichiatra, Schepp ha ucciso per ‘proteggere’

La “folle convinzione” di dover “proteggere” le figlie da un’esistenza traumatica per l’assenza della figura paterna. Potrebbe essere questa la molla che ha spinto Matthias Schepp ad uccidere le gemelline Alessia e Livia: il timore di un probabile trasferimento della ex moglie Irina e delle bambine in un’altra città è risultato essere forse il “detonatore […]

La “folle convinzione” di dover “proteggere” le figlie da un’esistenza traumatica per l’assenza della figura paterna. Potrebbe essere questa la molla che ha spinto Matthias Schepp ad uccidere le gemelline Alessia e Livia: il timore di un probabile trasferimento della ex moglie Irina e delle bambine in un’altra città è risultato essere forse il “detonatore della follia” in una personalità già, evidentemente, con segni di squilibrio latenti. E’ la lettura che della tragica vicenda dà lo psichiatra Massimo Di Giannantonio. “Con tutta probabilità – afferma l’esperto, professore di Psichiatria all’Università ‘G. D’Annunziò di Chieti – ci troviamo dinanzi ad una personalità bipolare, che ha vissuto il trauma della separazione dalla moglie come un evento destrutturante del proprio equilibrio, già potenzialmente vulnerabile. Quindi – prosegue lo psichiatra – un equilibrio precario è stato messo a dura prova da un evento traumatico che, a sua volta, ha probabilmente fatto tornare a galla situazioni irrisolte legate al passato e alla giovinezza di quest’uomo”. Il suicidio, ultimo atto nella vicenda dell’ingegnere svizzero, aggiunge Di Giannantonio, “é infatti una delle manifestazioni più drammatiche della patologia bipolare”. Ma perché uccidere anche le figlie? Secondo lo psichiatra, é probabile che Schepp temesse un prossimo trasferimento della ex moglie e delle bambine in un’altra città, cosa che lo avrebbe allontanato in modo drastico dalle gemelline. E proprio la paura di perdere le figlie avrebbe fatto scattare la follia in una personalità già a rischio: “L’uccisione delle bimbe – spiega Di Giannantonio – investe un duplice aspetto: la relazione di Schepp con la moglie e la relazione con se stesso. Nei riguardi della moglie emerge una volontà di vendetta e aggressione, cui segue una delirante forma di ‘compensazione’ per le figlie perdute attraverso il denaro speditole nelle lettere”. Ma la molla principale che ha spinto l’uomo ad uccidere sembra essere l’altra, quella che si lega al suo ruolo paterno: “Uccide le figlie perché in questo modo ritiene di ‘proteggerle'”. Da cosa? “Da un’esistenza privata della presenza del padre – spiega l’esperto – dal momento che aveva deciso di suicidarsi, ed anche da un’esistenza futura nella quale le bambine sarebbero potute andare incontro ad una forma di abbandono simile a quello che lui stesso aveva subito per volontà della moglie”. Un estremo tentativo insomma, una volta presa la decisione di togliersi la vita, sottolinea lo psichiatra, “di proteggere preventivamente le figlie da sofferenze che Schepp riteneva inevitabili, per la futura assenza della figura paterna ma anche per la possibilità del ripetersi per le bimbe dello stesso destino di abbandono da lui vissuto”. Indicativa a questo proposito, secondo Di Giannantonio, sarebbe infatti la frase scritta da Schepp alla moglie: “Le bambine riposano in pace, non hanno sofferto”. Ovviamente, precisa Di Giannantonio, “nell’uccidere le figlie e poi nel suicidarsi, Schepp ha agito in una fase psicotica di non contatto con la realtà, ma ci sono state delle molle che hanno attivato tale follia, sullo sfondo – conclude – di un equilibrio già per alcuni aspetti instabile”.

Manuela Correra

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