Tutto in ordine (e niente a posto)

Si dice “non preoccupato” il premier,  durante la conferenza stampa acconto a Tremonti sul rilancio dell’economia ed il fido Bossi, che pure reclama “una scossa” da parte del governo,  dichiara di essergli ancora saldamente affianco. “Libero” afferma  che cercano di crocefiggerlo senza prove, mentre secondo vari altri giornali (Il Corriere, Repubblica, La Stampa), nei verbali […]

Si dice “non preoccupato” il premier,  durante la conferenza stampa acconto a Tremonti sul rilancio dell’economia ed il fido Bossi, che pure reclama “una scossa” da parte del governo,  dichiara di essergli ancora saldamente affianco. “Libero” afferma  che cercano di crocefiggerlo senza prove, mentre secondo vari altri giornali (Il Corriere, Repubblica, La Stampa), nei verbali dell’interrogatorio a Ruby, vi sarebbe l’affermazione che lui sapeva che lei era minorenne e priva di documenti. In generale, la ragazza, pur sostenendo di non aver mai avuto rapporti con il premier, avrebbe raccontato di quanto accadeva nei dopo cena a villa San Martino a base di “bunga-bunga” e di performance hard. E poi ancora vi sarebbero, in mano ai giudici,  una serie di testimonianze inedite, tra le quali quelle dei genitori di Ruby sentiti dalla pg a Letojanni, il piccolo centro in provincia di Messina da dove “Rubacuori” è fuggita in cerca di una nuova vita “scintillante”. A tutto ciò si aggiungono l’interrogatorio di Nicole Minetti e alcune intercettazioni mai rese note, nelle quali Emilio Fede e Lele Mora farebbero riferimento all’organizzazione delle feste oppure commenterebbero le serate ad Arcore. Berlusconi non è preoccupato (così dice nella conferenza stampa di stamani), neanche sulla tenuta del governo e, con il soccorso del ministro dell’economia, parla di conti a posto e di prossimo, imminente rilancio. Dice Tremonti che: “adesso si apre una fase di diversa attività e  possiamo guardare al lato dello sviluppo economico. Lo possiamo fare in Europa quando presenteremo il piano ad aprile che dovrà essere un piano con i numeri. Adesso possiamo guardare alla crescita”. E Berlusconi rafforza spiegando che  le cause dell’arretratezza del sistema Italia, sono le infrastrutture carenti, le lungaggini burocratiche della pubblica amministrazione, fino al costo dell’energia e i “tempi assolutamente inaccettabili” della giustizia civile.  Afferma anche: “Quando leggo sui giornali articoli di validi opinionisti che sostengono che il nostro Pil nel 2010 è cresciuto solo dell’1,1% e fanno il paragone con il Pil della Francia cresciuto dell’1,5%, vorrei ricordare che abbiamo ereditato il debito pubblico più elevato d’Europa, il terzo del mondo che ci costa 5 punti di Pil all’anno”. Si sforza di restare calmo per tutto il tempo, evita “per amor di Patria” di parlare di giustizia,  ma perde la pazienza quando un giornalista gli chiede se la candidatura di Draghi alla Bce possa essere penalizzata dalla sua vicenda giudiziaria,  replicando in latino: ”Lei non e’ compos sui”  (cioè padrone di sé) ed aggiunge stizzito “poi vada a farselo tradurre”. Nel corso della giornata vanno registrate anche le prese di posizione di due ministri, Sacconi e Brunetta, che ribadiscono l’intenzione dell’esecutivo di proseguire la sua azione, a fronte di quello che il titolare del Welfare bolla come  “l’anomalia giudiziaria italiana al suo livello più alto”, tanto da mettere “in gioco a questo punto il futuro istituzionale, economico e sociale dell’Italia”;  mentre il ministro per la PA cita von Clausewitz e lancia un appello sia all’interno (“nessuno, in buona fede, può credere che vi sia qualche cosa di normale in quel che sta accadendo”) che e all’esterno dei confini nazionali, rivolto a “quanti, da fuori, contano su un nostro collasso per poter portarci via qualche altro gioiello”. E se dal Pd Anna Finocchiaro chiede a Berlusconi “che si dimetta, che non faccia il coniglio dentro la tana e affronti il suo giudice naturale se non ha nulla da nascondere”, è Sandro Bondi a replicare parlando di “parole semplicemente volgari e disgustose” e intimando alla “signora Finocchiaro” di “chiedere immediatamente scusa”. Il caso Ruby mi avvilisce e mi annoia ed anche di amareggia, perchè pensare di eliminare un Berlusconi con un fatto di sesso è davvero deprimente. Ciò che avrei voluto come argomenti per la caduta di Berlusconi (che fra l’altro considero ancora tuta da vedere) è lo stato di cose che la sua politica ha portato in questo e nei precedenti governi: una Nazione con  un patto sociale ridotto ai minimi termini,  tolleranza che diventa connivenza, con una  leadership che assume in sé tutto il discorso pubblico, mentre il cittadino è ridotto a spettatore delegante, liberato dall’impaccio di regole e leggi. Un’Italia in cui gli ideali sono abitualmente messi alla berlina e la delegittimazione diventa una cifra della politica attraverso un giornalismo compiacente di partito: una delegittimazione insieme politica, morale, estetica, camuffata da goliardia quando serve, da avvertimento – nel vero senso della parola – quando è il caso. Fino al punto, come diceva già una volta Moravia, di “vantare come qualità i difetti e le manchevolezze della nazione”. Come ha detto più volte Zagrebelsky, un’Italia del tutto estranea a quella Nazione che cercava un nesso fra cultura e politica, che si rivolgeva spirito pubblico, invitando alla prevalenza dell’interesse comune sul particolar; una Nazione imbarbarita e becera in cui è scattato il vero pericolo: adattarsi al peggio,  per disinformazione, per convenienza o per pavidità. Un Italia senza presente né futuro, senza una vera opposizione, capace di creare una alternativa e di combattere con idee l’avversario politico ed ideologico. Un’Italia che è anticipata sinistramente da Gobbetti, quando scriveva, 70 anni fa, degli “intona-rumori, della grancassa, di un codazzo di adulatori pacchiani e di servi zelanti che facciano da coro”, che diano “garanzia di continuità nella mistificazione”, “armati gregari” che sostituiscono “la fede assente”, perché “corte e pretoriani furono sempre consolatori e custodi dei regimi improvvisati con arte e difesi contro i pretendenti”. Un’Italia che ricorda il film del ’74 di Lina Wertmuller richiamato nel titolo, in cui solo chi è più astuto comanda, mentre gli altri finiscono tutti male.

Carlo Di Stanislao

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