Grande, supremo Roberto tricolore

Entra su un cavallo bianco, con un gran tricolore in mano ed attacca in sordina, con un climax progressivo, divertente e commosso, che ci ricorda da quale passato veniamo e ci induce ad essere degni dei nostri padri. Una lunga (molto più della mezz’ora prevista) esibizione quella di Benigni ieri sera, nella puntata di Sanremo […]

Entra su un cavallo bianco, con un gran tricolore in mano ed attacca in sordina, con un climax progressivo, divertente e commosso, che ci ricorda da quale passato veniamo e ci induce ad essere degni dei nostri padri. Una lunga (molto più della mezz’ora prevista) esibizione quella di Benigni ieri sera, nella puntata di Sanremo dedicata ai 150 anni dell’Unità d’Italia, in cui non sono mancate battute sull’attualità politica e sul Festival, ma, soprattutto, ha colpito l’appassionata parafrasi dell’inno di Mameli e la ricostruzione commossa e commovente del nostro Risorgimento. Certo, le battute sui politici hanno scandito il suo intervento (soprattutto nella prima parte del suo monologo) ma proprio questa sua capacità di accostare continuamente i grandi artefici del nostro Risorgimento  alle vicende attuali, è parsa ai più un autentico monito a scuoterci dal nostro presente. Il suo monologo è stato uno dei momenti più belli della storia recente della televisione italiana: una straordinaria lezione di storia, una dichiarazione d’amore verso l’Italia, una critica a chi vuole dividere una nazione così bella. Accompagnato da polemiche (poche) fatte piu’ per dovere di partito che per credo intellettuale legate al compenso, l’attore toscano, in oltre quarantacinque minuti, ci ha detto da dove veniamo ed indicato, di conseguenza, chi dovremmo essere. Una lezione di storia e di etica, degna di una letio magistralis, che da sola avrebbe giustificato un Festival che, già ora, è forse il più riuscito degli ultimi anni. Alla fine la platea ha applaudito in piedi, dopo che il grande Roberto aveva, commosso, cantato, con un filo di voce, l’inno di Mameli, trascinando nell’ondata emotiva il Teatro Ariston (compreso i ministri La Russa e Meloni, il direttore generale Mauro Masi e il presidente Paolo Garimberti) e l’Italia Intera. Fra le altre cose (tutte sottilmente inserite in un discorso davvero ispirato), Benigni ha ricordato che il sacrificio di tanti che hanno consentito al Paese di esistere unito, merita almeno un giorno di commemorazione. Il 10 scorso è giunto, a sorpresa, l’annuncio di Mariastella Gelmini, ministro dell’Istruzione, in base al quale le scuole potrebbero restare aperte per festeggiare in classe l’avvenimento con iniziative ad hoc. Roberto Calderoli, ministro della Semplificazione legislativa ed esponente di punta della Lega ha, nei giorni scorsi, optato per la soluzione suggerita dalla presidente di Confindustria: ”In un periodo di crisi come quello attuale appare paradossale caricarsi dei costi di una giornata festiva”. Ieri c’e’ stata una conferenza stampa a Sanremo con Ignazio La Russa, ministro della Difesa, Giorgia Meloni, ministro della Gioventu’, e i rappresentanti dei vertici della Rai per presentare la serata del Festival dedicata all’unita’ d’Italia e le iniziative del servizio pubblico in cantiere sulla ricorrenza. In un successivo collegamento con il Tg3 delle 19, La Russa ha espresso la propria opinione sulla decisione in discussione nel Cdm di oggi: ”Posso dire con certezza che il governo decidera’ e gli italiani che sanno come sia importante celebrare i motivi della nostra unita’ potranno essere contenti”. Ieri sera Benigni ha rammentato a tutti (soprattutto a chi quell’Unità vorrebbe marginalizzarla), che il sangue versato per fare della nostra un’unica nazione merita di essere ricordato e che l’Unità va sempre di pari passo con le autonomie e i federalismi, come in America, ma non per questo va sottaciuta o minimizzata. Eì stato torrenziale, irrefrenabile, trascinante Roberto, un funambolo dell’arte retorica e dell’incantesimo storico, che ha ricordato a Bossi che “a essere schiava di Roma non è l’Italia, ma la vittoria”. La bandiera tricolore, la lingua dell’Alighieri e di Petrarca, il sangue dei nostri giovani eroi non sono elementi di un mediocre populismo, ma rimandi alti e strumenti forti per un orgoglio nazionale troppo spesso vacillante. E ci ha regalato, anche, perle di saggezza, quando a ricordato agli infelici di inseguire comunque la felicità e a tutti che : l’unica maniera per realizzare i propri sogni è svegliarsi“. Ieri sera Benigni ci ha mostrato il volto migliore dell’Italia e degli italiani: giullari con animo di poeti, smemorati spesso, ma sempre in grado di sorprendere, soprattutto nei momenti peggiori.

Carlo Di Stanislao

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