Basta con gli scempi ai danni degli sfollati

Il giorno del 6 aprile 2009, lo staff di Arcigay Consoli L’Aquila fece una precisa scelta, quella di non fare alcuna dichiarazione relativamente alle situazioni contingenti che si erano venute a creare ma di operare con i propri volontari senza nessuna etichetta, fra la gente che più aveva bisogno e fino ad oggi è stato […]

Il giorno del 6 aprile 2009, lo staff di Arcigay Consoli L’Aquila fece una precisa scelta, quella di non fare alcuna dichiarazione relativamente alle situazioni contingenti che si erano venute a creare ma di operare con i propri volontari senza nessuna etichetta, fra la gente che più aveva bisogno e fino ad oggi è stato così. I volontari di Arcigay L’Aquila sono stati presenti nelle manifestazioni delle cosiddette ‘carriole’, alla manifestazione di Roma dove i terremotati vennero presi a manganellate dalla Polizia e presenti a tutte quelle iniziative cittadine tese a protestare contro gli abusi di questo governo. La scelta di non operare sotto il segno di Arcigay ma da cittadini comuni fu dettata anche dall’esigenza di rispettare il dolore di una intera città che era andata distrutta, ma dopo aver constatato continue prove di forza, continui attacchi alla popolazione aquilana che ancora vive il drammatico attimo di quella paurosa notte, non possiamo più stare zitti. Stiamo assistendo in questi ultimi mesi in particolare ad un clima di vero e proprio terrorismo nei confronti degli sfollati che da due anni si trovano alloggiati sulla costa abruzzese e non solo, abbiamo assistito a uomini che si sono dovuti incatenare davanti ai palazzi della Regione Abruzzo pur di vedere compiuti ed assicurati i propri diritti. Ma lo stato di terrore nei cittadini viene dettato probabilmente dall’operato di un ente creato appositamente per dare ‘sostegno’ alla popolazione terremotata: l’SGE! Questo ente dovrebbe assicurare la protezione e l’assistenza in particolar modo alle persone più disagiate fra cui anziani e disoccupati, ma pare che così non sia in quanto specialmente dal 14 dicembre scorso molti aquilani che si trovano sulla costa abruzzese sono stati interpellati per l’appunto da tale ente, i quali funzionari in più di un’occasione hanno ‘proposto’, ma a detta di coloro che hanno ricevuto le comunicazioni pare che le proposte siano sfociate quasi in minacce, di scegliere l’opzione di recarsi negli alberghi della provincia aquilana se avessero voluto continuare ad ottenere tale assistenza gratuita e totale. In caso contrario gli sfollati interpellati dall’SGE avrebbero potuto scegliere soltanto l’autonoma sistemazione, con tutti i relativi ritardi vergognosi che tale forma di assistenza comporta. Il ricatto quindi consiste nel fatto che chi è alloggiato in residence o alberghi costieri non può assolutamente scegliere di rimanere laddove vive da ormai quasi due anni e dove si sta ricostruendo una vita, vita che gli era stata strappata dal terremoto. Quella gente che sta con grandi sacrifici cercando di integrarsi anche lavorativamente non ha alcuna scelta, in tanti ancora non usufruiscono di un’attività lavorativa tale che possa garantire loro il pagamento di affitto e bollette poiché magari sono assunti part-time in quei pochi casi in cui sussiste un’assunzione e tornando a L’Aquila con molta probabilità non avrebbero alcuna possibilità di lavorare vista la carenza di posti che vige nel capoluogo abruzzese. Ma l’SGE insiste, continua ad interpellare gli aquilani per farli rientrare in una città che non sentono più loro dalla quale per esigenze dovute dall’emergenza furono cacciati via. Questa è una delle vergogne più schifose e sottaciute che si stanno compiendo nei riguardi dei terremotati e spesso queste forzature vengono fatte proprio nei confronti dei cittadini più deboli, quali gli anziani, i single di mezza età e di tutte quelle persone che hanno un reddito basso o pari a zero e che quindi specie in quest’ultimo caso, non sono affatto in grado di poter usufruire dell’autonoma sistemazione perché ciò comporterebbe loro di anticipare sostanziose somme di denaro che non hanno a disposizione. L’Arcigay Consoli di L’Aquila, in accordo con l’Arcigay Nazionale, ha deciso di smettere con il silenzio e di iniziare a parlare. Lo stesso presidente di Arcigay Nazionale, Paolo Patanè, constatato questo scempio ha dichiarato: “É prioritario il rispetto delle persone che in questi mesi viene a mancare. L’Arcigay è tutta a favore dei terremotati di L’Aquila ai quali in questi giorni viene intimato di lasciare gli alloggi che a loro sono stati dati nei luoghi della costa abruzzese e come contropartita vien data solo la possibilità di poter accedere all’autonoma sistemazione o ad un alloggio nell’aquilano anche a coloro che stanno ricostruendosi un’esistenza altrove. É’ un chiaro abuso di potere e un’inaccettabile violazione dei diritti umani e civili nei confronti di persone deboli e Arcigay non può accettare che venga ancora perpetuata una tale situazione. Ci batteremo come abbiamo sempre fatto affinché tali diritti vengano finalmente riconosciuti”. Carla Liberatore, presidente dell’Arcigay Consoli di L’Aquila ha così commentato: “Ci sono tutta una serie di problemi di fondo in questa situazione, di certo lo Stato sta pagando con ingenti quantità di denaro le sistemazioni alberghiere per gli sfollati ma ciò che lascia piuttosto sconcertati è il perché chi sta sulla costa e si sta rifacendo una vita in quei luoghi con tutte le difficoltà del caso, deve per forza scegliere di tornare in un albergo aquilano; che non ci siano i soliti favoritismi tipici dei soliti mal governi? Il costo di un cittadino sfollato è pari sia sulla costa e sia a L’Aquila, allora, qual’è la differenza, visto che l’SGE ha tanto invocato il fatto che lo Stato deve risparmiare? Tutta la questione appare proprio come faziosa e abilmente manipolata da chi di dovere e a nulla vale il fatto che i terremotati,fra cui molti anziani e i meno abbienti, siano di fatto delle persone e non dei numeri sul tabellone degli altrui interessi. La proposta alternativa agli alberghi aquilani fatta dall’SGE, sembra proprio che sia una specie di danno sulla beffa, alla quale proposta ovviamente i meno abbienti, i lavoratori precari e part-time e i disoccupati non possono approdare, in quanto nessuno di loro ha denaro sufficiente per poter anticipare le migliaia di euro necessarie per prendere una casa e sperare poi nell’unzione dell’autonoma sistemazione. Se lo Stato volesse davvero risparmiare qualche milione di euro, potrebbe ad esempio iniziare a fare due conti in tasca agli sfollati e fare delle differenziazioni per l’assistenza in base al reddito di ognuno e comunque ‘redditometri’ a parte, le persone sfollate hanno tutto il diritto di rimanere a vivere dove vogliono e tutto il diritto di non perdere alcun beneficio assistenziale perché chi è rimasto fuori dall’Aquila non è un terremotato di serie B, ma molto spesso chi ha operato questa scelta l’ha anche pagata cara con il distacco da tutto ciò a cui era legato da sempre. Concludo col dire che alternativamente ai residence ed agli alberghi, lo Stato potrebbe offrire anche degli alloggi in appartamenti laddove i terremotati desiderano continuare a vivere, in questo caso il risparmio sarebbe di diverse decine di milioni di euro all’anno, continuando a dare la possibilità ai più bisognosi in particolare di usufruire di un’assistenza totale e gratuita”. L’Arcigay Consoli L’Aquila, unitamente all’Arcigay Nazionale, si augurano che da questo momento in poi nessun cittadino aquilano debba più essere posto a scelte improbabili e umanamente inaccettabili.

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