Le belle Annie e Jane ci hanno salutato

Sono morte a distanza di poche ore l’una dall’altra: la prima, Annie Giradot, a 79 anni; l’altra, Jane Russel, di dieci anni più anziana. La prima, francese di nascita ma italiana nel cuore, divenuta celebre con “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti; mentre la sensualissima diva hollywoodiana, amante per molti anni dell’eccentrico  Haward […]

Sono morte a distanza di poche ore l’una dall’altra: la prima, Annie Giradot, a 79 anni; l’altra, Jane Russel, di dieci anni più anziana. La prima, francese di nascita ma italiana nel cuore, divenuta celebre con “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti; mentre la sensualissima diva hollywoodiana, amante per molti anni dell’eccentrico  Haward Hughes, è stata uno dei più famosi ed inossidabili sex symbol del cinema, soprattutto negli anni quaranta e cinquanta. Nativa della cittadina di Bemidji in Minnesota, maggiore di cinque figli ed unica femmina, Ernestine Jane Geraldine Russell (questo il suo nome completo),  aveva genitori entrambi originari del North Dakota. Il padre era un colonnello dell’esercito, la madre era stata una attrice di compagnie itineranti. Quando Jane era ancora bambina la famiglia si trasferì in Canada, patria di origine del padre, per poi spostarsi nella California del sud, nella San Fernando Valley. Si fermarono a Burbank nel 1930,  dove suo padre trovò lavoro come responsabile in un saponificio. Jane imparò a suonare il pianoforte dalla madre e si interessò al teatro studiando alla Van Nuys High School. Alla morte del padre trovò lavoro come receptionist, posando come modella per diversi studi fotografici. Fu la madre a spingerla a studiare recitazione nel laboratorio teatrale di Max Reinhardt,  che l’affidò all’ attrice russa Maria Ouspenskaya. Il film “Banni” (in Italia “Il mio corpo ti scalderà”, uscito nel ’43), dove mostre le sue lunghe gambe e il suo seno prosperoso, le aprì le porte di Hollywood e le donò celebrità (meritata) e scandali (del tutto inventati). Con “Gli uomini preferiscono le bionde”,  girato nel 1953 da Howard Hawks e con Marlyn Monroe, Jane  Russell raggiunse l’apice della sua carriera, tanto che il suo cachet era 10 volte tanto quello della bionda Marlyn, con cui aveva un rapporto di amicizia anche fuori dal set. Nonostante una lunga filmografia e il suo talento, la sua carriera cinematografica cominciò a perdere colpi negli anni ’60, mentre nel decennio seguente la si vedrà solo sul piccolo schermo, per degli spot pubblicitari. Nel frattempo, però, l’attrice si dedicava al music hall, a Las Vegas e New York. Jane Russell si è sposta tre volte ed è rimasta vedova due; nell’ambiente hollywoodiano, considerato progressista, era nota per la sua difesa dei valori repubblicani e della sua fede. “Sono nata per il matrimonio. La vita di famiglia è un sostegno in qualsiasi circostanza. Questa e la mia fede in Gesù”, disse nel 2007 in un’intervista al giornale britannico Daily Mail. Nonostante i suoi personaggi sul grande schermo richiamassero sensualità e suscitassero grande scalpore fra i moralisti, al punto da venire ribattezzata Il Seno, nella vita privata l’attrice non venne mai coinvolta in scandali di alcun tipo, conducendo una vita molto tranquilla e riservata. All’apice della sua carriera ella fondò la Hollywood Christian Group, un’associazione dedicata alla meditazione religiosa cristiana a cui parteciparono grandi nomi di Hollywood. Nel 1955 aveva inoltre fondato il World Adoption International Fund (Waif), una associazione per il sostegno all’affidamento di bambini orfani stranieri da parte di famiglie americane. Jane Russell fu anche politicamente attiva come sostenitrice repubblicana per la candidatura presidenziale di Eisenhower, insieme ad altri attori del calibro di Lou Costello,  Dick Powell, June Allyson ed altri simpatizzanti repubblicani. In un’altra intervista rilasciata solo due anni fa si descrisse, non senza autoironia, come “una cristiana conservatrice di destra, di mentalità ristretta e con cattivi pensieri”. Quanto ad Annie Giradot, allieva del conservatorio di Rue Blanche (Scuola nazionale superiore delle arti e delle tecniche del teatro) ed ex cabarettista di talento, comincia a recitare nel cinema nel 1956, quando debutta nel film Treize à table, per il quale vince il Prix Suzanne Bianchetti, mentre nel 1977 ottenne il César Award, il più importante premio francese,  come miglior attrice, per la sua interpretazione nel film Docteur Françoise Gailland, premio vinto ancora nel 2002, con il film La pianista di Michael Haneke. Come già detto la fama internazionale giunge nel 1960,  con “Rocco e i suoi fratelli”, dove interpreta una prostituta sexy, passionale, imprevedibile e affascinante. La sua personalità vince sul debole Rocco, interpretato da Alain Delon, mentre la sua bellezza mette in atto la disputa tra Rocco e suo fratello maggiore Simone, interpretato, con un mix di semplicità e depravazione, da Renato Salvatori, destinato nella realtà a diventare suo marito. Il 21 settembre 2008 il periodico francese Paris Match ha rivelato che Annie Girardot era affetta dal Morbo di Alzheimer. La figlia Giulia Salvatori ha girato un documentario in cui vengono svelati i retroscena dell’ultimo set, con la necessità dei suggerimenti all’attrice poiché a non riusciva più a ricordare le battute. Io la ricordo, soprattutto, ne “La donna scimmia” del 1964, feroce e grottesca satira di Marco Ferreri sul matrimonio, vincolo molto spesso basato sull’opportunismo sociale e privo di ogni amore o passione. E, ancora, nel magnifico e sfortunato, per gli incassi, “I compagni di Monicelli” (1963), sulle rivendicazioni operaie del tardo Ottocento in una fabbrica di Torino, dove fa ancora una volta la prostituta, Niobe, di cui s’innamora l’ardente operaio Raoul (guarda caso, ancora Salvatori). Di film la Girardot ne ha girati a non finire e una cinquantina sono arrivati da noi. Meno ancora sono i grandi successi. Tra questi c’è sicuramente “Vivere per vivere” di Lelouch, dove la trentaseienne Annie deve sopportare in contrappasso delle coetanee (cinematografiche) di allora: le corna. A mettergliele è il reporter di guerra Yves Montand con una bionda da schianto, Candice Bergen. Ma, forse, bisognerebbe anche ricordarla per ruoli magistrali in film passati in sordina o cacciati in fretta nel dimenticatoio come: “Metti una sera a cena” di Patroni Griffi, “Il sospetto” di Francesco Maselli, “Lo zingaro del corso” di José Giovanni e infine e “Lo schiaffo”,  una divertente commedia con Lino Ventura, in cui era la madre, ancora bellissima e piena di fascino,  di una verdissima Isabelle Adjani.

Carlo Di Stanislao

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